Tribunale di Bergamo, Sez. Lav., 19 dicembre 2013, n. 972 - Licenziamento e risarcimento danni da mobbing
REPUBBLICA ITALIANA
IL TRIBUNALE DI BERGAMO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Bergamo in funzione di giudice monocratico del lavoro in persona della dott.ssa Angela Corvi ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa di lavoro n. 2689/2011 R.G. promossa
Da: …, con l’avv. …, giusta procura a margine del ricorso
ATTORE contro:
Q.Veicoli industriali spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, con gli avv.ti … e …, giusta procura a margine della memoria difensiva CONVENUTA
Oggetto: impugnativa licenziamento e risarcimento danni da mobbing
Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti
Causa chiusa a sentenza: il 19-12-2013
Fatto
Con ricorso depositato in data 27-10-2011, … esponeva che: 1) aveva prestato la propria attività lavorativa alle dipendenze della convenuta con mansioni di venditore macchine movimento terra, inquadrato al III liv. CCNL Terziario, a partire dal 15-4-2009; 2) nel febbraio del 2010 subiva un infortunio in itinere, che lo costringeva ad assentarsi per alcuni giorni dal lavoro; 3) non appena rientrato, subiva pressioni da parte del suo superiore, …, perché rassegnasse le dimissioni; 4) sempre nello stesso periodo, cominciava a ricevere una serie contestazioni disciplinari pretestuose ed infondate; 5) la società inoltre gli imponeva l’esecuzione di attività mortificanti e non gli retribuiva il lavoro straordinario svolto per la partecipazione ad una fiera di settore; 6) nel giugno del 2010 gli veniva cambiata la mansione da venditore esterno a interno; 7) da quel momento, era costretto a riconsegnare auto e telefono aziendali, venendo inoltre privato dell’uso della rete internet; 8) non gli venivano poi affidati più incarichi, ed ai colleghi era fatto divieto di parlare o interagire con lui; 8) questa situazione, nonché l’inflizione di ulteriori pretestuose sanzioni disciplinari e la richiesta di risarcimento di danni per mancate vendite, lo facevano cadere in uno stato di depressione, costringendolo ad assentarsi per malattia; 9) in data 1-2-2011 era licenziato per superamento del periodo di comporto. Ciò premesso, agiva per sentir condannare la Q.Veicoli industriali spa al risarcimento dei danni patrimoniali subiti per effetto della condotta mobbizzante tenuta nei suoi confronti;
del licenziamento (dal momento che la malattia era stata colpevolmente cagionata dalla datrice di lavoro), con condanna della convenuta a reintegrarlo nel posto di lavoro e risarcirgli il danno ex art. 18 St. lav. Il tutto, oltre alla rivalutazione e agli interessi e con vittoria di spese. La convenuta si costituiva tempestivamente, chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato; in particolare, rilevava che non era stata posta in essere ai danni dell’… alcuna attività qualificabile come mobbing e/o straining, e che era pacifico il superamento di comporto. Dopo l’escussione dei testi e l’esperimento di CTU sulla persona dell’…, la causa veniva discussa e decisa all’odierna udienza, con pubblica lettura della sentenza con motivazione contestuale.
Diritto
Dopo l’escussione di numerosi testi, al fine di ricostruire le vicende che hanno caratterizzato l’ultima fase del rapporto di lavoro fra le parti, è stato chiesto al CTU dott. …, psicologo del lavoro presidente dell’APEM (Associazione Periti ed Esperti di Mobbing), di determinare se le stesse integrassero o meno gli estremi del mobbing e/o dello straining. Il CTU incaricato ha in primo luogo ricostruito le nozioni di Mobbing e di straining.
Con mobbing si intende una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante pregresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova nell’impossibilità di reagire adeguatamente a tali attacchi, e a lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e dell’umore che possono portare anche a invalidità psicofisica permanente. Secondo il CTU, perché una vicenda possa essere qualificata come tale, devono essere verificati e ritenuti presenti sette parametri di riconoscimento, rappresentati da: a) ambiente lavorativo (il conflitto deve svolgersi sul luogo di lavoro); b) frequenza (le azioni ostili devono accadere almeno alcune volte al mese); c) durata (il conflitto deve essere in corso da almeno sei mesi); d) tipo di azioni (le azioni subite devono appartenere ad almeno due delle cinque categorie indicate nel test LIPT Ege); e) dislivello fra gli antagonisti (la vittima è in una posizione costante di inferiorità); f) andamento secondo fasi successive; g) intento persecutorio.
Lo straining si definisce invece come una situazione lavorativa conflittuale in cui la vittima ha subito azioni ostili limitate nel numero e/o distanziate nel tempo, che, seppure non rientranti nel concetto di mobbing, sono tali da procurare una modificazione in negativo costante e permanente alla sua condizione lavorativa. Si tratta di una sorta di stress forzato, in cui la vittima subisce un tasso di stress ben superiore a quello normalmente richiesto dalla sua mansione o comunque a quello cui sono soggetti i suoi colleghi in posizioni analoghe. Tale stress viene provocato appositamente e deliberatamente ai suoi danni, sicché anche in questo comportamento si ravvisano gli estremi dell’intenzionalità e della discriminazione. Per rilevare una situazione di straining deve potersi individuare almeno un’azione ostile, che abbia però una conseguenza duratura e costante a livello lavorativo. La vittima deve poi essere confinata in una posizione di constante inferiorità rispetto ai suoi aggressori. Anche per lo straining esistono sette parametri di riconoscimento, rappresentati da: a) ambiente lavorativo (il conflitto deve svolgersi sul luogo di lavoro); b) frequenza (le conseguenze dell’azione devono essere costanti); c) durata (il conflitto deve essere in corso da almeno 6 mesi); d) tipo di azioni (le azioni subite devono appartenere ad almeno una delle cinque categorie indicate nel test LIPT Ege); e) dislivello fra gli antagonisti (la vittima è in una posizione costante di inferiorità); f) andamento secondo fasi successive; g) intento persecutorio. Sulla base di queste premesse, il CTU ha proceduto a verificare la sussistenza dei parametri in questione nella vicenda in esame.
Dato pacificamente per presente il parametro dell’ambiente lavorativo, si è rilevato che non è emerso dall’istruttoria il compimento di azioni ostili, sistematiche e continuative, nei confronti del lavoratore. I testi hanno escluso che gli siano mai stati rivolti rimproveri, critiche o minacce, o che
10 spostamento da venditore esterno o interno abbia comportato demansionamento (posto che i compiti che egli svolgeva erano sempre quelli di venditore) o costrizione all’inattività (cfr. dich. testi …, …, …, …, … U.). Solo il teste … ha parlato di un certo clima di isolamento relazionale da parte dei colleghi e dei superiori nei confronti dell’…. Per questo motivo, il CTU ha ritenuto presente il parametro della “frequenza” solo in relazione allo Straining.
11 Parametro “durata” è ritenuto presente, posto che l’intera vicenda si è protratta per un anno.
Quanto alla tipologia di azioni, il CTU ha osservato come non fossero riscontrabili attacchi ai contatti umani, dal momento che le uniche rimostranze rivolte dal superiore … al ricorrente riguardavano esclusivamente i suoi scarsi risultati come venditore (che peraltro il lavoratore ha sempre ammesso, e di cui sempre è stato consapevole, cfr. dich. testi … U., … e …). D’altra parte, la vicenda relativa alla lettera di dimissioni che il … avrebbe voluto far firmare all’… è stata riferita solo dal teste …, mentre altri l’hanno esclusa (dich. testi …, …, … V. e … U.); in ogni caso la stessa non poteva nemmeno astrattamente configurare, secondo il CTU, una minaccia scritta. Le stesse considerazioni valgono in relazione al cambiamento delle mansioni lavorative (posto che, come si è detto, il ricorrente ha continuato a svolgere la medesima attività di venditore), mentre è ritenuto presente l’isolamento sistematico (cfr. dich. teste …). In conclusione, il parametrio può dirsi riscontrato rispetto al solo straining (per la presenza di una sola tipologia di azioni ostili). Il dislivello fra i protagonisti della vicenda non è stato riscontrato, non potendo bastare il semplice riferimento della subordinazione dell’… al responsabile dei venditori ….
L’andamento a fasi successive tipico del mobbing non è stato riscontrato, dal momento che nella vicenda oggetto del giudizio il CTU non ha ravvisato elementi connotanti progressione e dinamicità, e che lo spostamento da venditore esterno a interno non ha comportato l’assegnazione di mansioni diverse da quelle originali. Il parametro non è quindi ritenuto sussistente rispetto al mobbing, mentre lo è rispetto allo straining, in considerazione dell’isolamento relazionale di cui si è detto supra.
Infine, il CTU ha escluso un intento persecutorio o discriminatorio sia in relazione al mobbing che allo straining, dal momento che i rilievi del superiore gerarchico … si giustificavano con i (pacifici) scarsi risultati lavorativi del ricorrente, e che la restituzione di strumenti di lavoro (auto, cellulare aziendale, postazione internet) era ricollegata all’assegnazione del ruolo di venditore in ufficio (per cui tali strumenti non erano più necessari).
In conclusione, il CTU ha escluso che nella condotta tenuta dalla resistente nei confronti del lavoratore potessero ravvisarsi gli estremi del mobbing e/o dello straining, per mancanza dei relativi parametri, nei termini sopra indicati. Tali conclusioni, ampiamente e logicamente motivate sulla base di un’analisi minuziosa ed oggettiva dei risultati dell’istruttoria e della coerente applicazione agli stessi dei criteri scientifici posti alla base dell’indagine, devono ritenersi pienamente condivisibili e vengono quindi senz’altro fatte proprie dal giudice.
Ne consegue che domande dell’… debbono essere respinte, perché, non ravvisandosi una condotta illecita datoriale, non può configurarsi alcun danno risarcibile; d’altra parte, poiché la malattia che ha portato al superamento del comporto non è conseguenza della violazione dell’art. 2087 c.c., il licenziamento deve essere confermato. Sussistono giusti motivi, in relazione all’estrema complessità dell’istruttoria, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite. Le spese relative all’accertamento peritale (già detratto l’acconto versato dal ricorrente) sono poste in solido a carico di entrambe le parti rispetto al CTU (che avrà quindi titolo a pretendere il saldo da parte di ciascuna per l’intero); per quanto riguarda i rapporti interni, sono poste a carico dell’…, risultato soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice monocratico del lavoro, definitivamente pronunciando in contraddittorio delle parti, ogni altra domanda e/o istanza disattesa, così provvede: 1) rigetta le domande di cui al ricorso depositato da Arduzzoni Claudio in data 27-10-2011; 2) dichiara compensate fra le parti le spese di lete; 3) liquida in € 2.227,72 il saldo delle spese di CTU, da corrispondersi al dott. … da entrambe le parti in solido fra loro; 4) pone le stesse, in relazione ai rapporti interni, ad integrale carico del ricorrente … . Bergamo, 19-2-2013
Il G. d. L. Dott.ssa Angela Corvi