Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 6 aprile 2000. - Birgitte Jørgensen contro Foreningen af Speciallæger e Sygesikringens Forhandlingsudvalg. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Østre Landsret - Danimarca. - Direttive 76/207/CEE e 86/613/CEE - Parità di trattamento tra gli uomini e le donne - Attività lavorativa autonoma - Declassamento di ambulatori medici. - Causa C-226/98.
(conclusioni dell'avvocato generale)
raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-02447
Fonte: Sito web Eur-Lex
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1 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Accesso all'impiego e condizioni di lavoro nell'esercizio di attività lavorative autonome - Parità di trattamento - Discriminazione indiretta - Criteri di valutazione - Valutazione separata di ciascuno degli elementi che caratterizzano le modalità di esercizio di un'attività professionale - Necessità dell'esistenza di dati significativi
(Direttive del Consiglio 76/207/CEE e 86/613/CEE)
2 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Discriminazione connessa a provvedimenti di protezione sociale adottati dagli Stati membri - Provvedimenti volti a garantire una sana gestione delle spese pubbliche - Giustificazione - Presupposti
3 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Prezzo di cessione di un ambulatorio medico - Equiparazione alla pensione di vecchiaia di un lavoratore subordinato - Esclusione
Massima
1 La direttiva 76/207 relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro e la direttiva 86/613 relativa all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità vanno interpretate nel senso che per accertare l'esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso occorre effettuare una valutazione separata di ognuno degli elementi che caratterizzano le modalità di esercizio di un'attività professionale risultanti da una normativa determinata, purché i detti elementi costituiscano di per sé provvedimenti specifici fondati su criteri particolari di applicazione e atti a pregiudicare un numero significativo di persone appartenenti ad una determinata categoria.
Per quanto riguarda quest'ultima condizione, una situazione può, infatti, prefigurare una discriminazione indiretta solo qualora i dati ad essa inerenti siano attendibili, riguardino cioè una popolazione sufficiente, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e, in generale, appaiano significativi. (v. punti 33, 36, dispositivo 1)
2 Anche se, nell'ambito dei provvedimenti di protezione sociale adottati dagli Stati membri, considerazioni di bilancio non possono di per sé giustificare una discriminazione tra lavoratori fondata sul sesso, tuttavia provvedimenti volti a garantire una sana gestione delle spese pubbliche per assistenza medica specialistica e a garantire l'accesso della popolazione alla detta assistenza possono essere giustificati qualora rispondano ad una finalità legittima di politica sociale, siano atti al perseguimento di tale finalità e necessari a tale scopo. (v. punto 42, dispositivo 2)
3 Il prezzo dell'avviamento dell'ambulatorio che un medico può ricavare cedendo la clientela quando cessa l'attività per raggiungimento del limite di età non può essere equiparato, ai fini della valutazione di un'eventuale discriminazione tra lavoratori fondata sul sesso, alla pensione di vecchiaia di un lavoratore subordinato. Infatti la cessione dell'avviamento, il quale costituisce un elemento immateriale appartenente all'ambulatorio del medico, non è necessariamente collegata all'età del cedente e può avvenire in qualunque momento, mentre la pensione viene ottenuta solo al raggiungimento di un certo limite di età e con la maturazione di una certa anzianità di servizio e di un determinato importo di contributi versati. Inoltre il prezzo della cessione viene versato dall'acquirente dell'ambulatorio e non dalle persone che di norma provvedono alla retribuzione del medico, siano essi i pazienti, lo Stato o la previdenza sociale. (v. punti 45-46, dispositivo 3)
Parti
Nel procedimento C-226/98,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dallo Østre Landsret (Danimarca) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Birgitte Jørgensen
e
Foreningen af Speciallæger,
Sygesikringens Forhandlingsudvalg,
domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40), e della direttiva del Consiglio 11 dicembre 1986, 86/613/CEE, relativa all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità (GU L 359, pag. 56),
LA CORTE
(Sesta Sezione),
composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, C. Gulmann, J.-P. Puissochet (relatore), G. Hirsch e signora F. Macken, giudici,
avvocato generale: A. Saggio
cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto
viste le osservazioni scritte presentate:
- per la signora Jørgensen, dall'avv. C. Holberg, del foro di Copenaghen;
- per la Foreningen af Speciallæger e la Sygesikringens Forhandlingsudvalg, dall'avv. M. Norrbom, del foro di Copenaghen;
- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor H.C. Støvlbæk, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. P. Heidmann, del foro di Copenaghen,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali della signora Jørgensen, della Foreningen af Speciallæger e della Sygesikringens Forhandlingsudvalg nonché della Commissione all'udienza del 21 ottobre 1999,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 13 gennaio 2000,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Motivazione della sentenza
1 Con ordinanza 4 giugno 1998, giunta alla Corte il 24 giugno successivo, l'Østre Landsret (Corte d'appello regionale della Danimarca orientale) ha sollevato, in forza dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), quattro questioni pregiudiziali relative all'interpretazione della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40), nonché della direttiva del Consiglio 11 dicembre 1986, 86/613/CEE, relativa all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità (GU L 359, pag. 56).
2 Le questioni sono sorte nell'ambito di una controversia tra la signora Jørgensen, specialista in reumatologia, e la Foreningen af Speciallæger (Ordine dei medici specialisti; in prosieguo: la «FAS») nonché la Sygesikringens Forhandlingsudvalg (Commissione negoziatrice in materia di assistenza malattia; in prosieguo: la «SFU») in ordine all'applicazione di una convenzione comportante uno schema di trasformazione di ambulatori medici.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3 Scopo della direttiva 76/207, ai sensi dell'art. 1, è l'attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, ivi compreso la promozione, e l'accesso alla formazione professionale, nonché le condizioni di lavoro e, a talune condizioni, la sicurezza sociale.
4 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207:
«Ai sensi delle seguenti disposizioni il principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia».
5 L'art. 3, n. 1, della direttiva 76/207 dispone quanto segue:
«L'applicazione del principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le condizioni di accesso, compresi i criteri di selezione, agli impieghi o posti di lavoro qualunque sia il settore o il ramo di attività, e a tutti i livelli della gerarchia professionale».
6 In forza dell'art. 5, n. 1, della direttiva 76/207:
«L'applicazione del principio della parità trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che siano garantire agli uomini e alle donne le medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul sesso».
7 Ai sensi dell'art. 1 della direttiva 86/613, quest'ultima è intesa ad assicurare l'attuazione, negli Stati membri, del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne che svolgono un'attività autonoma o che contribuiscono all'esercizio di siffatta attività, in particolare per gli aspetti che non sono contemplati dalla direttiva 76/207. Ai sensi dell'art. 2 essa riguarda i lavoratori autonomi, cioè «chiunque eserciti, nelle condizioni previste dalla legislazione nazionale, un'attività lucrativa per proprio conto, compresi i conduttori di aziende agricole e i liberi professionisti», nonché i coniugi non lavoratori subordinati né soci che partecipino abitualmente e nelle condizioni previste dalla legislazione nazionale alla loro attività.
8 L'art. 4 della direttiva 86/613 dispone quanto segue:
«Per i lavoratori autonomi, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché siano soppresse tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento, definito nella direttiva 76/207/CEE, in particolare per quanto riguarda la creazione, la costituzione o l'ampliamento di un'impresa oppure l'avvio o l'ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma, comprese le facilitazioni finanziarie».
Normativa nazionale
9 La legge danese 19 aprile 1989, n. 244, relativa alla parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda il lavoro e il congedo di maternità, emendata (in prosieguo: la «legge»), ha recepito nel diritto nazionale le direttive 76/207 e 86/613.
10 Ai sensi dell'art. 5, n. 1, della legge:
«L'obbligo di parità di trattamento si applica altresì a chiunque emani disposizioni e prenda provvedimenti in ordine all'accesso all'esercizio di professioni liberali. Ciò si applica anche alla costituzione, all'insediamento o all'estensione di un'impresa ovvero all'avvio o all'estensione di qualunque forma di attività lavorativa autonoma, ivi compreso il finanziamento della medesima».
11 Il sistema sanitario in vigore in Danimarca prevede che gli onorari dei medici che hanno concluso convenzioni speciali con l'ente pubblico che gestisce il regime di assistenza malattia vengano versati direttamente da tale ente. In contropartita vengono imposte talune restrizioni ai pazienti nella scelta del medico. Essi restano liberi di scegliere il medico ma si accollano in tal caso una parte notevole delle spese, con la conseguenza che il ricorso a tale possibilità è ridotto. In pratica quasi tutti gli onorari dei medici vengono versati direttamente dall'assicurazione malattia.
12 I medici specialisti che esercitano in ambulatorio sono suddivisi in due categorie. In primo luogo i medici il cui ambulatorio viene definito «a tempo pieno» quando tutta l'attività professionale viene svolta in ambulatorio (in prosieguo: i «medici specialisti a tempo pieno»). In secondo luogo i medici che eserciscono un ambulatorio definito «a tempo parziale» quando esercitano un'altra attività medica oltre a quella ambulatoriale (in prosieguo: i «medici specialisti a tempo parziale»).
13 Il 1_ giugno 1990 è stata conclusa una convenzione tra la FAS, per conto dei medici specialisti, e la SFU, per conto dell'assistenza malattia (in prosieguo: la «convenzione»). Fra gli scopi di quest'ultima va annoverata la limitazione delle spese pubbliche per prestazioni specialistiche unitamente a una migliore programmazione economica e geografica del numero dei medici specialisti. In tale prospettiva, nella convenzione è stato predisposto uno «schema di rottura», che comporta la riduzione obbligatoria degli onorari degli ambulatori con il fatturato più alto, e uno «schema di trasformazione», inteso a limitare l'esercizio dell'attività dei medici specialisti a tempo parziale.
14 Su quest'ultimo punto, infatti, a diversi medici che in teoria esercitavano in via principale in ospedale e a tempo parziale in ambulatorio è stato contestato di trascurare l'attività ospedaliera e di perseguire soprattutto un miglior fatturato del loro ambulatorio. E' stato pertanto deciso di istituire un limite massimo uniforme di introiti per gli ambulatori a tempo parziale che è stato fissato a DKK 400 000 o 500 000 all'anno a seconda delle specialità (DKK 400 000 per quanto concerne la reumatologia).
15 Lo schema di trasformazione precisa inoltre i criteri che, con riferimento al fatturato del 1989, consentono di classificare gli ambulatori tra gli ambulatori a tempo parziale ovvero tra quelli a tempo pieno al fine di stabilirne il nuovo status.
16 Pertanto, ai sensi del punto 6 di tale schema, gli ambulatori precedentemente considerati a tempo pieno e che hanno avuto nel 1989 un fatturato compreso, a seconda della specialità, tra DKK 400 000 e 500 000 o tra DKK 500 000 e 600 000 restano ambulatori a tempo pieno e non sono quindi soggetti al massimale annuo di DKK 400 000 o 500 000 di onorari versati dall'ente previdenziale. Tuttavia, in caso di vendita, vengono convertiti in ambulatori a tempo parziale. In forza dello stesso punto dello schema di trasformazione, qualora l'inquadramento di siffatti ambulatori nella fascia citata sia dovuto a circostanze particolari, come la malattia, viene preso in considerazione il fatturato degli ultimi tre anni.
Il giudizio a quo
17 La signora Jørgensen, iscritta alla FAS, è soggetta alla convenzione per quanto riguarda la riscossione degli onorari versati dall'assistenza malattia.
18 Poiché la signora Jørgensen non esercita nessuna attività medica oltre a quella esercitata nel suo ambulatorio, e poiché quest'ultimo aveva prodotto nel 1989 un fatturato di DKK 424 016, essa rientra nell'ambito di applicazione del punto 6 dello schema di trasformazione. Dopo l'entrata in vigore della convenzione, il suo ambulatorio è rimasto un ambulatorio a tempo pieno ed ha quindi conservato la possibilità di incrementare il fatturato. Malgrado ciò, al momento della vendita dell'ambulatorio, quest'ultimo sarà convertito in ambulatorio a tempo parziale, con la conseguenza che l'importo annuo degli onorari versati all'acquirente dall'assistenza malattia sarà limitato a DKK 400 000.
19 La signora Jørgensen ha contestato l'applicazione di siffatto regime osservando di aver sempre esercitato l'attività ambulatoriale a tempo pieno e che l'ammontare del fatturato, che ha comunque l'intenzione di incrementare oltre le DKK 500 000 in futuro, non era maggiore solo perché aveva dovuto dedicare una parte del suo tempo alle incombenze familiari quando i figli erano in tenera età. La signora Jørgensen ha inoltre sollevato la questione dell'indennizzo della perdita subita in caso di vendita di un ambulatorio che al momento della cessione produce un fatturato superiore al limite di DKK 400 000 fissato dalla convenzione.
20 Poiché i suoi reclami sono rimasti senza esito favorevole e il ricorso proposto dinanzi allo Speciallægesamarbejdsudvalget i Frederiksborg Amt (comitato di collegamento con i medici specialisti della Provincia di Frederiksborg) è stato respinto, il 13 agosto 1991 la signora Jørgensen si è rivolta all'Østre Landsret onde ottenere la condanna della FAS e della SFU a riconoscere che lo schema di trasformazione previsto nella convenzione è totalmente o parzialmente invalido e che l'attività ambulatoriale della signora Jørgensen va equiparata, in previsione della cessione a terzi, ad un'attività a tempo pieno. La ricorrente ha sostenuto in particolare che l'applicazione del punto 6 dello schema di trasformazione comporta una discriminazione indiretta incompatibile con l'art. 5 della legge. Infatti, a suo parere, tale provvedimento pregiudica un numero proporzionalmente più elevato di medici specialisti donne che non di medici specialisti uomini, atteso che le donne provvedono più sovente all'educazione dei figli rispetto ai loro colleghi di sesso maschile e producono pertanto un fatturato inferiore.
21 Al fine di dimostrare e, rispettivamente, contestare l'esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, ognuna delle parti ha fatto realizzare da un esperto una relazione statistica e l'ha prodotta dinanzi all'Østre Landsret. Dalla relazione prodotta dalla ricorrente emerge una discriminazione indiretta causata dallo schema di trasformazione, mentre quella prodotta dalla FAS e dalla SFU la nega. Tale divergenza è unicamente dovuta, secondo gli esperti, alla divergenza di opinioni di questi ultimi relativamente ai dati di partenza su cui sono fondate le rispettive conclusioni.
22 Ritenendo che la soluzione della controversia richiedesse l'interpretazione degli artt. 3, n. 1, della direttiva 76/207 e 4 della direttiva 86/613, l'Østre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Si chiede alla Corte di giustizia di chiarire se, in una causa relativa alla parità di trattamento, l'accertamento dell'esistenza di una discriminazione indiretta debba essere effettuato con riferimento alla direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207, ed alla direttiva 11 dicembre 1986, 86/613.
Qualora si parta dalla constatazione che, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte di giustizia, nelle cause relative alla parità di retribuzione occorre intraprendere una comparazione punto per punto, si chiede di chiarire se la comparazione dei redditi cui si deve procedere in una causa relativa alla parità di trattamento vada effettuata come valutazione globale di tutti gli elementi, insieme considerati, oppure come comparazione punto per punto, esattamente come avviene nelle cause relative alla parità di retribuzione.
Per risolvere la questione, si può constatare che lo schema di trasformazione convenzionale di cui si tratta nella presente causa, se considerato nel suo insieme, non presenta aspetti di discriminazione fondata sul sesso né in relazione ai suoi effetti né in relazione ai suoi obiettivi.
Si può poi anche constatare che lo schema di trasformazione convenzionale contiene disposizioni che, prese isolatamente, hanno un effetto discriminatorio in base al sesso, giacché si osserva che l'effetto di alcune di tali disposizioni riguarda soprattutto i medici specialisti di sesso femminile, mentre l'effetto di talune altre riguarda soprattutto i medici specialisti di sesso maschile.
2) In caso di soluzione positiva della prima questione, si chiede di chiarire se considerazioni relative, rispettivamente, alla stabilità dei bilanci, ai risparmi e alla pianificazione possano rappresentare scopi obiettivi e neutrali tali da giustificare che un numero proporzionalmente maggiore di donne che di uomini sia colpito dalle singole disposizioni sopra menzionate.
3) Se il corrispettivo dell'avviamento che l'attrice potrebbe ricevere per la cessione dell'ambulatorio al momento del suo ritiro dalla professione per ragioni d'età (l'attrice è nata nel 1939) possa essere equiparato alle somme accantonate a fini pensionistici per un salariato.
4) In caso di soluzione positiva della terza questione, si chiede di chiarire quale rilevanza abbia per la soluzione della prima questione il fatto che una parte del pregiudizio subito a causa della disposizione in questione sia costituito da un minore corrispettivo per l'avviamento in caso di cessione dell'ambulatorio, e quindi da una minore disponibilità finanziaria per il pensionamento, ove si consideri che, nella sentenza C-297/93 (Grau-Hupka, punto 27), la Corte di giustizia ha dichiarato che gli Stati membri non sono tenuti ad accordare vantaggi in materia di assicurazione contro la vecchiaia alle persone che hanno allevato i propri figli ovvero a prevedere diritti a prestazioni a seguito di periodi di interruzione dell'attività per allevare i figli».
La prima questione
23 Con la prima questione il giudice a quo domanda se, per accertare l'esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso in una causa di parità di trattamento come quella su cui verte il giudizio a quo, le direttive 76/207 e 86/613 impongano di effettuare una valutazione separata di ciascuno degli elementi che caratterizzano le modalità di esercizio di un'attività professionale risultanti da una normativa controversa ovvero una valutazione globale di tutti gli elementi.
24 La signora Jørgensen e la Commissione affermano che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il principio della parità di trattamento va osservato per ogni condizione o disposizione che si applichi agli uomini e alle donne. A loro parere non è possibile una valutazione globale di diverse disposizioni qualora, come nel caso di specie, vengano utilizzati criteri eterogenei.
25 La FAS e la SFU ritengono invece che non sia possibile trasporre il principio del confronto punto per punto, applicabile nelle cause di parità di retribuzione, alle cause di parità di trattamento, dato che queste ultime sono di natura totalmente diversa. A loro parere la convenzione e lo schema di trasformazione di cui è causa costituiscono una soluzione globale ad un problema di gestione delle spese pubbliche fondata su criteri oggettivi, e pertanto nulla osta ad una valutazione globale dei loro effetti.
26 Occorre osservare anzitutto che i provvedimenti controversi nel giudizio a quo riguardano un'attività professionale esercitata in condizioni che rientrano nell'ambito d'applicazione della direttiva 86/613, il cui art. 4 fa espresso rinvio al principio della parità di trattamento, così come definito nella direttiva 76/207. Il giudice a quo ha quindi correttamente interrogato la Corte sull'interpretazione del combinato disposto delle due direttive.
27 Come la Corte ha osservato ai punti 34 e 35 della sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889), qualora i giudici nazionali fossero obbligati a procedere ad una valutazione e ad una comparazione di tutti i vantaggi di varia natura concessi a seconda dei casi ai lavoratori di sesso maschine o femminile, il controllo giurisdizionale sarebbe di difficile attuazione e l'effetto utile del principio della parità delle retribuzioni verrebbe ad essere in pari misura ridotto. Una vera trasparenza, che consenta un controllo efficace, è quindi garantita solo applicando tale principio a ciascun elemento della retribuzione corrisposta rispettivamente ai lavoratori di sesso maschile o femminile e non solo sulla scorta di una valutazione globale dei vantaggi loro concessi.
28 Ciò vale, in linea di principio, per tutti gli aspetti del principio della parità di trattamento e non solo per quelli che riguardano la parità delle retribuzioni.
29 Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, sia per quanto riguarda le retribuzioni o le prestazioni previdenziali sia per quanto riguarda l'accesso al lavoro e le condizioni di lavoro, una disposizione o una normativa nazionale comporta una discriminazione indiretta ai danni dei lavoratori di sesso femminile qualora, pur essendo formulata in modo imparziale, svantaggi di fatto una percentuale notevolmente più elevata di donne rispetto agli uomini, salvo che tale disparità di trattamento sia giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (v., in particolare, sentenze 13 luglio 1989, causa 171/88, Rinner-Kühn, Racc. pag. 2743, punto 12, e 30 novembre 1993, causa C-189/91, Kirsammer-Hack, Racc. pag. I-6185, punto 22).
30 Pertanto, qualora sia accertato che un provvedimento pregiudica una percentuale molto più elevata di donne che di uomini, o viceversa, si presume che costituisca una discriminazione indiretta fondata sul sesso e spetta al datore di lavoro e all'autore del provvedimento dimostrare il contrario.
31 Una valutazione globale iniziale del complesso degli elementi che può comportare il regime o la normativa di cui possa far parte un provvedimento del genere non consentirebbe un controllo efficace dell'applicazione del principio della parità di trattamento e potrebbe condurre alla disapplicazione delle norme sull'onere della prova in materia di discriminazione indiretta fondata sul sesso.
32 Va tuttavia precisato che, per l'applicazione delle dette norme, i vari elementi che disciplinano un'attività professionale possono essere presi in considerazione singolarmente solo se ne sono dissociabili e costituiscono di per sé provvedimenti specifici fondati su particolari criteri di applicazione e atti a pregiudicare un numero significativo di persone appartenenti ad una determinata categoria.
33 Infatti, come ha Corte ha dichiarato ai punti 16 e 17 della sentenza 27 ottobre 1993, causa C-127/92, Enderby (Racc. pag. I-5535), una situazione può prefigurare una discriminazione indiretta solo qualora i dati ad essa inerenti siano attendibili, riguardino cioè una popolazione sufficiente, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e, in generale, appaiano significativi.
34 Nella fattispecie su cui verte il processo a quo, benché la disposizione controversa dello schema di trasformazione sia fondata su criteri di applicazione apparentemente diversi da quelli utilizzati nelle altre disposizioni e pregiudichi una categoria specifica di medici specialisti, in quanto si applica solo agli ambulatori a tempo pieno che hanno prodotto nel 1989 un fatturato di un determinato livello, emerge dai dati non contestati prodotti in udienza dinanzi alla Corte che la sua applicazione ha riguardato solo 22 medici specialisti, di cui 14 di sesso femminile, su un totale 1 680, di cui 302 donne. E' dubbio che dati del genere possano essere considerati significativi.
35 Spetta comunque al giudice a quo accertare se, tenuto conto degli elementi interpretativi forniti dalla Corte, le modalità specifiche e i presupposti d'applicazione del provvedimento controverso nel giudizio a quo consentano o no di presumere l'esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso.
36 Si deve pertanto risolvere la prima questione dichiarando che le direttive 76/207 e 86/613 vanno interpretate nel senso che per accertare l'esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso in una causa di parità di trattamento come quella pendente nel processo a quo occorre effettuare una valutazione separata di ciascuno degli elementi che caratterizzano le modalità di esercizio di un'attività professionale risultanti dalla normativa controversa, purché i detti elementi costituiscano di per sé provvedimenti specifici fondati su particolari criteri di applicazione e atti a pregiudicare un numero significativo di persone appartenenti ad una determinata categoria.
La seconda questione
37 Con la seconda questione il giudice a quo domanda se considerazioni relative alla stabilità dei bilanci, ai risparmi o alla programmazione dell'attività degli ambulatori medici possano rappresentare scopi oggettivi atti a giustificare un provvedimento che svantaggia un numero maggiore di donne che di uomini.
38 La signora Jørgensen sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, considerazioni di bilancio non possono giustificare una discriminazione fondata sul sesso. La FAS e la SFU, pur osservando che spetta al giudice nazionale valutare se un provvedimento che comporta una discriminazione indiretta sia giustificato da motivi oggettivi, sostengono che una gestione delle spese diventa necessaria quando le prestazioni mediche vengono pagate dalla collettività. Quanto alla Commissione, essa ritiene che provvedimenti generali di politica sociale come quelli di cui si discute nel processo a quo possano giustificare una disparità di trattamento, ma che ciò non vale per le sole considerazioni di bilancio qualora costituiscano un fine a sé stante.
39 A questo proposito si deve ricordare che, sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e influenzare la natura ovvero l'estensione dei provvedimenti di tutela sociale che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia di per sé un obiettivo perseguito da tale politica e non possono, pertanto, giustificare una discriminazione a sfavore di uno dei sessi (sentenza 24 febbraio 1994, causa C-343/92, Roks e a., Racc. pag. I-571, punto 35). D'altronde, ammettere che considerazioni di bilancio possano giustificare una differenza di trattamento tra uomini e donne, la quale, in loro mancanza, costituirebbe una discriminazione indiretta fondata sul sesso, comporterebbe che l'applicazione e la portata di una norma tanto fondamentale del diritto comunitario come quella della parità tra uomini e donne possano variare, nel tempo e nello spazio, a seconda dello stato delle finanze pubbliche degli Stati membri (sentenza Roks e a., loc. cit., punto 36).
40 Tuttavia, come ha osservato la Commissione, le esigenze inerenti alla corretta gestione delle spese pubbliche per assistenza medica specialistica e la necessità di garantire l'accesso della popolazione alla detta assistenza sono legittime e possono giustificare provvedimenti di politica sociale.
41 Infatti, allo stato attuale del diritto comunitario, la politica sociale compete agli Stati membri, i quali dispongono di un potere discrezionale ragionevole per quanto riguarda la natura dei provvedimenti di protezione sociale e le modalità concrete della loro realizzazione (v. sentenze 7 maggio 1991, causa C-229/89, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-2205, punto 22, e 19 novembre 1992, causa C-226/91, Molenbroek, Racc. pag. I-5943, punto 15). Provvedimenti del genere, qualora rispondano ad una finalità legittima di politica sociale, siano atti al perseguimento di tale finalità e necessari a tale scopo nonché giustificati da motivi estranei ad una discriminazione fondata sul sesso, non possono essere considerati una violazione del principio della parità di trattamento (v. citate sentenze nelle cause Commissione/Belgio, punti 19 e 26, e Molenbroek, punti 13 e 19).
42 Si deve pertanto risolvere la seconda questione nel senso che considerazioni di bilancio non possono di per sé giustificare una discriminazione fondata sul sesso. Tuttavia i provvedimenti volti a garantire una sana gestione delle spese pubbliche per assistenza medica specialistica e a garantire l'accesso della popolazione alla detta assistenza possono essere giustificati qualora rispondano ad una finalità legittima di politica sociale, siano atti al perseguimento di tale finalità e necessari a tale scopo.
La terza questione
43 Con la terza questione il giudice a quo domanda se il prezzo che un medico può ottenere dalla vendita dell'ambulatorio quando cessa l'attività per raggiungimento del limite di età possa essere equiparato alla pensione di vecchiaia di un lavoratore subordinato.
44 La signora Jørgensen e la Commissione ritengono che il prezzo di cessione di un ambulatorio medico non possa essere equiparato ad una pensione di vecchiaia. La FAS e la SFU ritengono invece che il ricavato di tale vendita si avvicini più alla prestazione pensionistica che non alla retribuzione di un'attività lavorativa, in quanto viene ottenuto al momento della cessazione dell'attività professionale.
45 A questo proposito è sufficiente rilevare che l'avviamento costituisce un elemento immateriale appartenente all'ambulatorio del medico, con la conseguenza che il prezzo della cessione del medesimo non può in nessun caso essere equiparato alle prestazioni versate in forza di una pensione di vecchiaia. Infatti la cessione non è necessariamente collegata all'età del cedente e può avvenire in qualunque momento, mentre la pensione viene ottenuta solo al raggiungimento di un certo limite di età e con la maturazione di una certa anzianità di servizio e di un determinato importo di contributi versati. Inoltre il prezzo della cessione viene versato dall'acquirente dell'ambulatorio e non dalle persone che di norma provvedono alla retribuzione del medico, siano essi i pazienti, lo Stato o la previdenza sociale.
46 Si deve pertanto risolvere la terza questione nel senso che il prezzo dell'avviamento dell'ambulatorio che un medico può ricavare cedendo la clientela quando cessa l'attività per raggiungimento del limite di età non può essere equiparato alla pensione di vecchiaia di un lavoratore subordinato.
La quarta questione
47 Tenuto conto della soluzione della terza questione, non occorre risolvere la quarta questione.
Decisione relativa alle spese
Sulle spese
48 Le spese sostenute dalla Commissione, che ha presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Dispositivo
Per questi motivi,
LA CORTE
(Sesta Sezione),
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Østre Landsret con ordinanza 4 giugno 1998, dichiara:
1) La direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, e la direttiva del Consiglio 11 dicembre 1986, 86/613/CEE, relativa all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità, vanno interpretate nel senso che per accertare l'esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso in una causa di parità di trattamento come quella pendente nel processo a quo occorre effettuare una valutazione separata di ciascuno degli elementi che caratterizzano le modalità di esercizio di un'attività professionale risultanti dalla normativa controversa, purché i detti elementi costituiscano di per sé provvedimenti specifici fondati su particolari criteri di applicazione e atti a pregiudicare un numero significativo di persone appartenenti ad una determinata categoria.
2) Considerazioni di bilancio non possono di per sé giustificare una discriminazione fondata sul sesso. Tuttavia provvedimenti volti a garantire una sana gestione delle spese pubbliche per assistenza medica specialistica e a garantire l'accesso della popolazione alla detta assistenza possono essere giustificati qualora rispondano ad una finalità legittima di politica sociale, siano atti al perseguimento di tale finalità e necessari a tale scopo.
3) Il prezzo dell'avviamento dell'ambulatorio che un medico può ricavare cedendo la clientela quando cessa l'attività per raggiungimento del limite di età non può essere equiparato alla pensione di vecchiaia di un lavoratore subordinato.