Cassazione Penale, Sez. 4, 20 dicembre 2007, n. 47136 - Operaio investito da un mezzo e delega di funzione: mancato trasferimento dei poteri decisionali e di spesa
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTISTI Mariano - Presidente -
Dott. MARINI Lionello - Consigliere -
Dott. BARTOLOMEI Luigi - Consigliere -
Dott. MARZANO Francesco - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.D., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 7.12.2006 della Corte di Appello di Trieste;
visti gli atti, la sentenza denunziata e il procedimento;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Luigi Bartolomei;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Vito Monetti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FattoDiritto
1. M.D., quale direttore generale e direttore tecnico della SPAV PREFABBRICATI s.p.a., è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Udine quale imputato del reato di cui all'art. 589 c.p. per avere in (OMISSIS) concorso a cagionare per colpa generica e specifica la morte dell'operaio B. E. il quale, mentre percorreva il corridoio centrale del capannone, veniva investito alle spalle dal mezzo "Speedy" che procedeva in retromarcia per uscire dal capannone. Al M. veniva contestato, nella sua qualità di delegato in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, la violazione del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, per aver mantenuto in esercizio il suddetto mezzo per la distribuzione del calcestruzzo "Speedy" senza appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento (art. 175); in condizioni di scarsa visibilità dal posto di manovra (art. 182); con impianto frenante deficitario, (art. 173); per non aver definito spazi distinti adibiti alla circolazione dei pedoni e del suddetto mezzo e tenuto sgombro da materiale le zone di transito dei pedoni (art. 8). Veniva, inoltre contestato, D.Lgs. n. 626 del 1994, ex art. 35, di non aver disposto regole per la circolazione del mezzo e non aver adottato misure organizzative atte ad evitare la contemporanea presenza dei lavoratori nella zona operativa.
Il Tribunale ha dichiarato l'imputo colpevole del reato a lui ascritto e, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena ritenuta di giustizia con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
2. La Corte di Appello di Trieste ha rigettato l'impugnazione proposta nell'interesse del M., confermando la responsabilità dell'imputato. Ha disatteso la tesi difensiva riproposta dall'appellante dell'esclusione della responsabilità penale per avere il M. a sua volta delegato con atto scritto del 3.1.2000 le incombenze relative alla sicurezza del lavoro al dirigente B.Flavio quale persona tecnicamente e professionalmente idonea a svolgere tali mansioni; ciò "in quanto da tale delega non emergeva la competenza di poteri autonomi di natura decisionale al delegato, rimanendo in capo al M. una pienezza di poteri decisionali e di spesa, tali da impegnare validamente la società per i relativi costi. Quanto alla pena, la condanna a mesi 5 di reclusione inflitta dal primo giudice era da ritenersi conforme a giustizia secondo i criteri di cui all'art. 133 c.p. e la indubbia gravita del fatto, desunta dalla violazione di norme antinfortunistiche, non rendeva l'imputato meritevole della richiesta sostituzione della pena.
2. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione i difensori dell'imputato per tre motivi, strettamente collegati. Con il primo motivo deducono violazione di legge, contraddittorietà, mancanza, difetto ed illogicità della motivazione, travisamento del fatto. La sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del principio di effettività, non avendo accertato la ripartizione delle funzioni, a prescindere dall'esistenza di una delega formale e dei relativi requisiti, nell'ambito di una società di grosse dimensioni come la SPAV Prefabbricati, dovendo trovare applicazione la fondamentale regola logica secondo la quale nemo (ad) impossibilia tenetur.
Con il secondo motivo deducono violazione di legge e del principio di responsabilità personale ex art. 27 Cost. per essersi tenuto conto del dato meramente formale della delega, e non del soggetto al quale nella sostanza era riconducibile la responsabilità penale sulla base del richiamato principio di effettività e del contenuto della delega, non potendosi far gravare sul datore di lavoro una responsabilità penale "di posizione".
Con il terzo motivo deducono travisamento determinato dalla mancata valutazione della prova a favore del ricorrente per non avere la Corte di merito tenuto in alcuna considerazione le prove testimoniali inerenti alla delega dei poteri dell'autonomia di spesa e decisionali, delegati all'esecutore materiale del delitto; nè adeguatamente pesato il fatto che le attribuzioni di poteri al B. non avevano trovato prova contraria in dibattimento, come neppure era stata fornita la prova che i poteri di agire per impedire l'evento fossero certamente rinvenibili in capo al ricorrente.
3. Esaminando congiuntamente i motivi di ricorso per la loro connessione, se ne rileva l'infondatezza avendo la Corte di Appello di Trieste adeguatamente motivato la responsabilità del M. per il rilievo non esimente della delega conferita al dirigente B., nel rispetto dei principi elaborati in materia dal giudice preposto alla nomofilachia.
Si è rilevato in proposito che, in materia di violazione di norme antinfortunistiche, la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa, in caso di delega delle relative funzioni ad altro soggetto, purchè tale delega risulti da un atto espresso, inequivoco e certo, che investa persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, e che abbia accettato lo specifico incarico (Cassazione penale, sez. 4^, 01 aprile 2004, n. 27857).
La Corte di Trieste, condividendo le argomentazioni del primo giudice e con valutazione di fatto non censurabile in questa sede perchè logica e coerente, ha evidenziato che la delega in materia di sicurezza del lavoro del 3.1.2000 non conferiva al B. poteri autonomi di natura decisionale, in particolare quelli di spesa, rimasti in capo al M. quale soggetto che poteva impegnare validamente la società dei relativi costi, essendo demandati al dirigente delegato solo poteri operativi, propositivi e di segnalazione.
Quanto al cd. principio di effettività richiamato dal ricorrente in relazione alle dimensioni rilevanti dell'azienda, la Corte territoriale ha sinteticamente richiamato le risultanze testimoniali nel senso che non sarebbe emerso potere autonomo di spesa in capo al B., pur delegato alla sicurezza. Tale argomentazione evidentemente si pone a conferma dell'assunto dei limiti della delega e della conseguente responsabilità rimasta in capo al delegante nell'ambito della posizione verticistica svolta e si pone in linea con l'ulteriore principio affermato da questa Corte Suprema secondo cui in tema di delega di funzioni va verificato in concreto che il delegato abbia effettivi poteri decisionali e di spesa per la sicurezza indipendentemente dal contenuto della delibera con cui è stato nominato (Cassazione penale, sez. 4^, 09 giugno 2004, n. 36769).
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2007