Cassazione Penale, Sez. 4, 05 maggio 2014, n. 18515 - Infortunio mortale e responsabilità di un coordinatore per l'esecuzione: non sussiste
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - rel. Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.A. N. IL (OMISSIS);
UNIVERSITA' DEGLI STUDI SALERNO;
avverso la sentenza n. 263/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del 30/11/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MAZZOTTA Gabriele che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per difetto di contestazione.
Udito il difensore Avv.to Salerno Mario del foro di Cava dei Tirreni che conclude per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Fatto
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Salerno, in riforma della sentenza di primo grado, impugnata dalle parti civili,dai rappresentanti della pubblica accusa (i ricorsi dei quali venivano dichiarati inammissibili per tardività), dichiarava L. A. e l'Università degli Studi di Salerno, responsabili ai fini civili del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno del lavoratore B.M., dipendente della "Montaggi e Servizi s.r.l.", mentre confermava il giudizio assolutorio nei confronti di D.G.G., nella qualità di amministratore unico della società "Alta Noleggio s.a.s.", proprietaria della piattaforma aerea causa dell'infortunio.
Il giorno (OMISSIS) l'operario B.M., mentre era impegnato al montaggio di pannelli prefabbricati, costituenti la facciata dell'erigendo prefabbricato all'interno di un Campus, cd. Invariante 8C, da realizzare presso l'Università degli Studi di Salerno, sede di Fisciano, raggiunta l'altezza di metri 21,60, a bordo della navetta con cui terminava il braccio telescopico della piattaforma (manovrata da D.G.C., condannato in separato giudizio), a causa del ribaltamento della predetta navetta, franava al suolo, riportando lesioni gravissime a seguito delle quali decedeva.
Al L., nella qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, designato dall'Amministrazione committente, veniva contestato di avere colposamente dato causa alla morte del lavoratore omettendo di verificare l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e la corretta applicazione delle relative procedure e di segnalare al responsabile dei lavori l'inosservanza delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, capi a) e b). Sotto tale ultimo profilo, l'omissione colposa si era concretizzata nell'avere omesso di segnalare: l'inosservanza da parte di D.G.G., sopra indicato, dell'obbligo di fornire adeguata informazione al lavoratore D.G.C., manovratore della piattaforma aerea, in ordine ai rischi per la sicurezza connessi all'attività lavorativa nonchè di procurargli il corretto addestramento per la manovra della detta piattaforma; l'inosservanza da parte di D.G.G. e A.F. (amministratore unico della società "Montaggi e Servizi s.r.l") dell'obbligo di adottare tutte le misure necessarie affinchè la piattaforma aerea fosse installata in conformità alle istruzioni del fabbricante ed utilizzata correttamente.
Il giudice di primo grado individuava nel D.G.C. l'unico responsabile dell'evento letale, in quanto unico addetto all'utilizzo del ragno, che aveva manovrato in maniera pericolosa e non conforme alle prescrizioni di sicurezza.
Venivano, invece, esclusi profili di responsabilità per D.G. G. (amministratore unico della società "Alta Noleggio s.a.s." proprietaria della piattaforma aerea causa dell'infortunio) sul rilievo che lo stesso aveva debitamente formato il proprio dipendente, e di A.F., amministratore unico della "Montaggi e Servizi s.r.l."., ditta alle cui dipendenze lavorava il B., ritenendosi che l'evento era da ricondurre ad una situazione imprevedibile, quale la condotta dell'operaio addetto al funzionamento di una macchina di un'altra ditta, che richiedeva competenze specifiche.
Quanto alla posizione del L., il giudicante affermava, alla luce dell'istruttoria espletata, che il compito dello stesso, nella qualità di coordinatore per l'esecuzione, si esauriva nella verifica in concreto della corretta esecuzione da parte delle imprese presenti nel cantiere delle disposizioni in tema di sicurezza nel corso dei lavori e che tali compiti erano stati dallo stesso adempiuti correttamente, come dimostrato dal fatto che proprio la mattina dell'infortunio, dopo aver verificato che l'operaio, poi deceduto, lavorava in un punto esposto del cantiere, privo dei dispositivi di sicurezza, aveva segnalato l'infrazione al direttore dei lavori, disponendo, a seguito della contestazione formale, l'interruzione dei lavori.
Il giudice di primo grado riteneva, pertanto, che il L. non avesse avuto conoscenza della introduzione della piattaforma in cantiere in quanto non vi erano elementi in atti che dimostrassero che la società appaltatrice (la SACS) aveva comunicato alla Università committente l'accordo con la ditta Del Gaudio, diversa da quella originariamente segnalata all'appaltante, per la quale si era verificata una imprevista indisponibilità della macchina. Nè vi erano elementi certi dai quali desumere che il L. avesse avuto la possibilità di rendersi conto delle manovre errate del conducente del mezzo ovvero che la macchina operasse su un terreno scosceso e sdrucciolevole.
La Corte di appello,invece, confermava la decisione di primo grado esclusivamente con riferimento alle contestate violazioni della normativa antinfortunistica, rilevando come l'istruttoria avesse dimostrato il rispetto di detta normativa da parte del L..
Il giudice di secondo grado individuava,invece, la colpa dell'imputato in un diverso profilo, ed, in particolare, nella continua ingerenza di fatto da parte del medesimo anche in competenze specifiche del datore di lavoro e del capo cantiere, come dimostrato dallo specifico episodio della mattina del (OMISSIS), sopra descritto, e dal verbale del 15.9.2004, con il quale lo stesso vietava con decorrenza immediata l'utilizzo di una specifica troncatrice perchè priva dei dispostivi di sicurezza. L'esercizio in concreto di tali funzioni aveva fatto assumere al L. una specifica posizione di garanzia che gli imponeva di verificare la sussistenza nell'area del cantiere di adeguate condizioni di sicurezza, anche in considerazione della particolare situazione dei luoghi nonchè di attivarsi affinchè D.G.C. tenesse una condotta più prudente. Non poteva, infatti, essere posto in dubbio che lo stesso si avvedesse della presenza in cantiere della gru e che, arrivati a quello stato di avanzamento dei lavori, si dovesse procedere al montaggio dei pannelli, che richiedeva necessariamente l'utilizzo di un ragno dotato di piattaforma aerea, capace di lavorare anche in pendenza, per la particolare conformazione del sito ove sorgeva il manufatto.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso L. articolando quattro motivi.
Con il primo motivo, lamenta la nullità della sentenza di secondo grado per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nonchè per violazione dell'art. 597 c.p.p., per essere la Corte di merito andata oltre il devolutum.
Si sostiene che l'imputazione riguardava la violazione degli obblighi gravanti sul L. nella qualità di coordinatore per l'esecuzione - la cui azione era stata impeccabile tanto che era stato confermato il giudizio di assoluzione per le contravvenzioni di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 5 e 21, - mentre il giudizio di responsabilità era stato fondato dalla Corte di merito con riferimento ai doveri che la legge pone a carico del datore di lavoro e del capo cantiere, sul rilievo che l'imputato avrebbe in concreto esercitato le funzioni spettanti a tali figure, ingerendosi in competenze specifiche facenti capo agli stessi. Il L., in particolare, non avrebbe prestato attenzione ai sistemi di sicurezza della macchina e non avrebbe esercitato la prescritta vigilanza sulla concreta realizzazione del lavoro di montaggio e sul posizionamento della macchina in un tratto scosceso e difficile.
Era, pertanto, configurabile il vizio denunciato, in quanto il giudicante, così argomentando, avrebbe modificato la stessa condotta omissiva imputata al L. e non esclusivamente la fonte dell'obbligo.
Il difensore sostiene che l'imputato non era mai stato posto in condizione di difendersi da tali contestazioni, essendo stata la difesa focalizzata sulle funzioni dallo stesso svolte nella qualità di coordinatore per l'esecuzione.
Si sostiene, altresì, che l'ingresso della piattaforma in cantiere non era mai stato comunicato al coordinatore, in violazione di tutti gli obblighi posti dalla legge e dal contratto di appalto.
La ricostruzione operata dalla Corte di merito si era sviluppata andando oltre i limiti del devolutum, segnato dai motivi di appello proposti dalle parti civili costituite.
Con il secondo motivo lamenta la carenza di motivazione, anche sotto il profilo di travisamento della prova,sulla riconducibilità dell'evento letale all'asserita continua ingerenza dell'imputato anche in competenze specifiche del datore di lavoro e del capo cantiere. Le "continue ingerenze" erano rimaste assertive ed i giudici di appello non avevano tenuto conto che tutte le iniziative intraprese erano da ascrivere all'esercizio in concreto "dell'alta funzione di vigilanza" demandata ai sensi del citato art. 5 al coordinatore per l'esecuzione dei lavori, nettamente distinta da quella operativa demandata al datore di lavoro ed alle figure che ricevono da esso poteri e doveri.
Con il terzo motivo si duole della carenza di motivazione e della violazione di legge laddove la sentenza fonda il giudizio di responsabilità del L., oltre che sul riconoscimento astratto di una posizione di garanzia del medesimo, dallo stesso mai ricoperta, anche su due affermazioni, prive di elementi probatori e giustificazioni razionali: l'aspettativa da parte del L., alla luce dello stato di avanzamento dei lavori, della presenza in cantiere della gru e la prevedibilità che la stessa potesse lavorare anche in condizioni disagevoli; la sussistenza in ogni operatore del cantiere e, quindi, anche nel coordinatore per l'esecuzione, di cognizioni sufficienti a garantire una funzionalità più accorta.
La prima asserzione non teneva conto che lo stato di avanzamento dei lavori, come emergeva con chiarezza dalla sentenza di primo grado, non prevedeva affatto l'utilizzo di quel particolare ragno fornito dalla ditta Alta Noleggio, avendo le imprese appaltatrici violato l'obbligo posto a loro carico dalla legge nonchè dal contratto di appalto e dal piano di sicurezza e di coordinamento di comunicare alla stazione appaltante ed al coordinatore per l'esecuzione, l'ingresso nel cantiere del macchinario di una ditta diversa dalla quella prevista dal piano operativo di sicurezza. Tale circostanza era stata anzi scientemente taciuta al fine di evitare le rigide procedure di preventiva verifica e controllo imposte dall'Ente committente. Era, anzi, documentalmente provato che l'ing. L. sapeva che le operazioni di montaggio dei pannelli sarebbero state effettuate con altri macchinari appartenenti a ditte i cui piani operativi di sicurezza erano stati regolarmente sottoposti a verifica del coordinatore ed era, pertanto, assolutamente al di fuori della sfera di prevedibilità del coordinatore per l'esecuzione che venisse adoperato per le lavorazioni quel macchinario effettivamente poi utilizzato.
Manifestamente illogica era anche l'affermazione contenuta in sentenza secondo la quale il L. era in grado di prevedere che la macchina abusivamente introdotta in cantiere avrebbe potuto lavorare anche in situazioni disagevoli e quindi particolarmente delicate per la salute dei lavoratori. La Corte di merito aveva trascurato che l'istruttoria dibattimentale aveva dimostrato che la causa dell'incidente non era stata la disagevole conformazione dei luoghi bensì l'erroneo posizionamento del ragno, in violazione delle direttive contenute nel manuale d'istruzione, da parte dell'operatore D.G. (erano stati il posizionamento della macchina su tavolette non idonee ed una errata posizione della stessa,con una limitata apertura ed un inadeguato posizionamento degli stabilizzatori, che aveva determinato la perdita di stabilità del ragno ed il conseguente ribaltamento per il B.) e che tale condotta abnorme ben poteva essere considerata come fattore interruttivo del nesso causale ex art. 41 c.p., comma 2.
La seconda asserzione era del tutto generica ed indimostrata, non essendo stato dimostrato in che modo il L., ed ogni altro operatore, avrebbe potuto contestare al D.G. il pericoloso posizionamento di una macchina non conosciuta.
Con il quarto motivo si duole della manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'accertamento compiuto della Corte di merito in motivazione sulla intervenuta prescrizione del reato su ricorso delle sole parti civili, con la conseguente violazione degli artt. 596 e 597 c.p.p., risolvendosi la decisione in un sostanziale aggiramento del divieto di reformatio in peius.
E' stata depositata una memoria nell'interesse delle parti civili costituite con la quale è stata chiesta la conferma della sentenza impugnata, contestando la fondatezza dei motivi di ricorso.
Diritto
Il ricorso è fondato.
Il percorso motivazionale seguito nella sentenza in esame è assolutamente carente essendosi limitato il giudicante ad affermare in via apodittica l'assunzione in concreto da parte del coordinatore per l'esecuzione delle posizioni di garanzia spettanti al datore di lavoro ed al capo cantiere e la prevedibilità in concreto dell'evento letale.
Qui in realtà l'evento che si è verificato, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado e come emerge dalla analitica descrizione del fatto contenuta nella sentenza impugnata, è stato determinato da una manovra errata e pericolosa, non conforme alle prescrizioni di sicurezza, del conducente della piattaforma aerea, che, per sua stessa ammissione aveva posizionato la macchina con modalità sconsigliate nel manuale di istruzione e su tavole inidonee, in quanto aventi uno spessore minore di quello previsto.
Risulta dalla stessa sentenza che il detto D.G. era stato individuato dal giudice di primo grado quale unico responsabile dell'evento infausto e che lo stesso aveva definito la sua posizione in abbreviato dinanzi al GUP, con condanna alla pena di anni 1, mesi quattro di reclusione.
I giudici di appello, nell'affermare l'assunzione in concreto da parte del L. delle posizioni di garanzia spettanti al datore di lavoro ed al capo cantiere, con la conseguente assunzione di responsabilità agli stessi spettante, hanno evidentemente fatto riferimento al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 299, secondo il quale titolari delle posizioni di garanzia individuate nell'art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e) debbono essere considerati anche i soggetti i quali, pur sprovvisti di regolare investitura, esercitino in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi menzionati.
Tale valutazione non è stato però supportata da congrua motivazione e, prima ancora, si pone in evidente violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, come correttamente sostenuto con il primo motivo di ricorso.
Sul punto va ricordato che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo, Sez. 3^, 10 ottobre 2013, n. 43943, Sabatini ed altro) si ha violazione del principio di correlazione tra sentenza ed accusa contestata solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito.
La verifica dell'osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato cui il principio stesso è ispirato.
Ne consegue che la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta - che realizza l'ipotesi astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione - venga mutata nei suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell'originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l'imputato non ha avuto modo di difendersi.
Non sussiste, pertanto, violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza soltanto quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, in quanto l'immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto, così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilità d'effettiva difesa.
Si ha, invece, violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa, trattandosi di una trasformazione sostanziale dei contenuti dell'addebito, tale da impedire di apprestare la difesa in ordine al fatto ritenuto in sentenza.
Ciò premesso, la Corte di merito, dopo aver confermato il giudizio di assoluzione formulato dal primo giudice, con riferimento alla violazione della normativa antinfortunistica riferita al coordinatore per la sicurezza, ha individuato il profilo di colpa del L. nella continua ingerenza dello stesso nel campo delle competenze specifiche del datore di lavoro e del capo cantiere.
Significative in tal senso sono state illogicamente indicate la contestazione elevata a carico del B. poco prima dell'infortunio ed il verbale del 15.9.2004 con cui il L. aveva vietato l'utilizzo di una specifica troncatrice perchè priva dei dispostivi di sicurezza.
Per corrispondere alle fondate doglianze del ricorrente preliminare appare l'esame degli obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
Questa figura professionale, per la prima volta organicamente disciplinata dal D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (attuazione della direttiva 92/57 Cee concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili), è definita dal D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 2, come "soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'art. 5".
In base all'originaria formulazione del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, art. 5, al coordinatore per l'esecuzione dei lavori (nominato dal committente o dal responsabile dei lavori: art. 3, comma 4) era attribuito l'obbligo di "assicurare, tramite opportune azioni di coordinamento, l'applicazione delle disposizioni contenute nei piani di cui agli artt. 12 e 13 e delle relative procedure di lavoro" (lett. a) e quello di "adeguare i piani di cui agli artt. 12 e 13 in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute" (lett. b).
I compiti di questa figura professionale sono stati ridefiniti dal D.Lgs. 19 novembre 1999, n. 528, applicabile ratione temporis al caso in esame, il cui art. 5 ha modificato la riferita disciplina contenuta nell'art. 5 originario, attribuendo al coordinatore per l'esecuzione dei lavori i compiti di "verificare" (e non più "assicurare") l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nei piani di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12 (lett. a) e quello di "adeguare il piano di sicurezza e coordinamento in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute".
Il coordinatore per la sicurezza è, pertanto, titolare di una posizione di garanzia nei limiti degli obblighi specificamente individuati dal citato D.Lgs. n. 528 del 1999, art. 5, (ora sostituito dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 92).
Tale posizione di garanzia gli impone, nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili contrassegnati da lavori appaltati, di assicurare il collegamento tra impresa appaltatrice e committente al fine della migliore organizzazione del lavoro sotto il profilo della tutela antinfortunistica: in particolare sono a suo carico i compiti di adeguare il piano di sicurezza in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, di vigilare sul rispetto dello stesso e di sospendere le singole lavorazioni in caso di pericolo grave ed imminente.
In altre parole, va detto che le funzioni del coordinatore non si limitano a compiti organizzativi e di raccordo o di collegamento tra le eventuali varie imprese che collaborano nella realizzazione dell'opera, ma, in conformità al dettato normativo sopra citato, si estendono anche al compito di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle imprese o della singola impresa delle prescrizioni del piano di sicurezza e ciò a maggior garanzia dell'incolumità dei lavoratori (v. in tal senso Sezione 4^, 14 giugno 2011, n. 32142, rv. 251177).
Va, pertanto, chiarito che la presenza in cantiere del coordinatore per la sicurezza non va intesa come stabile presenza in cantiere, ma secondo il significato che consegue dalla posizione di garanzia di cui lo stesso è titolare nei limiti degli obblighi specificamente individuati dal citato D.Lgs. n. 528 del 1999, art. 5, (ora citato D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92), che comprendono anche poteri a contenuto impedivo in situazioni di pericolo grave ed imminente.
Le circostanze di fatto indicate dal giudice di appello, come significative dell'assunzione in concreto da parte del L. della posizione di garanzia del datore di lavoro, ben rientrano invece nell'ambito dei poteri spettanti al coordinatore per l'esecuzione, che, come sopra indicato, ha anche il potere di vigilare sul rispetto del piano di sicurezza da parte dei lavoratori, senza limitarsi ad una verifica superficiale, che non tenga conto delle molteplici ed indefinite situazioni di pericolo grave derivanti nei cantieri dalla violazione sistematica della normativa antinfortunistica.
Ciò è imposto al coordinatore per l'esecuzione dei lavori dagli obblighi derivanti dalla posizione di garanzia rivestita dallo stesso rivestita, che gli impone di intervenire nelle situazioni di pericolo grave per l'incolumità dei lavoratori, come quelle sopra prospettate dal giudice di secondo grado.
La motivazione della sentenza impugnata, laddove attribuisce ingerenze, del L. nelle competenze specifiche di altri, travisando il significato delle iniziative dallo stesso poste in essere, si palesa, pertanto, non solo in contrasto con gli elementi probatori agli atti ma quale evidente violazione del principio di correlazione, non risultando che nel corso del giudizio, l'imputato abbia avuto la possibilità di difendersi sul punto.
Fondate sono anche le altre censure afferenti la prevedibilita dell'evento.
Lo stesso giudice di appello, ricostruendo i fatti, ha dato atto che la successione degli eventi dimostrava l'interruzione dei canali informativi, a seguito della quale vi era la dimostrazione in atti che nessuna delle ditte presenti nel cantiere aveva comunicato al L. l'ingresso nel cantiere di una nuova società (l'Alta Noleggio s.r.l.), risultata alla fine, l'unica ad avere la disponibilità della piattaforma aerea cingolata, entrata nel cantiere sicuramente dopo la data del 31 agosto 2005 sul rispetto del piano di sicurezza da parte dei lavoratori, gravante sul coordinatore per la sicurezza, non può e non deve limitarsi ad una verifica superficiale, che non tenga conto delle molteplici ed indefinite situazioni di pericolo grave derivanti nei cantieri dalla violazione sistematica della normativa antinfortunistica (a quella data risale la nota con la quale la ditta, originariamente prevista, comunicava alla società appaltante che da quello stesso giorno sarebbe stata presente nel cantiere la ditta "Alta Noleggio" con la sua macchina ed i suoi operatori).
Risulta, pertanto, dagli atti che il L. non era stato posto in condizione di conoscere la disponibilità di una ditta diversa da quella originariamente prevista nel piano di sicurezza.
E' pertanto, evidente in questo caso l'insussistenza rispetto all'evento dannoso del parametro della prevedibilità.
Come è noto, la esistenza di tale parametro va accertata con criteri ex ante e si fonda sul principio che non possa essere addebitato all'agente di non aver previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere.
Tale presupposto non può concettualmente ipotizzarsi rispetto ad una vicenda del tipo di che trattasi, vertendosi in un'ipotesi di evento letale connesso allo svolgimento di una manovra errata ed imprevedibile del conducente della piattaforma, introdotta nel cantiere non prima del 31 agosto e senza la debita informazione del coordinatore della sicurezza.
Correlativamente, difetta anche l'ulteriore, concorrente presupposto dell'evitabilità dell'evento, non essendo concepibile, rispetto ad un'attività posta in essere al di fuori delle mansioni, una qualsivoglia condotta appropriata (il cosiddetto comportamento alternativo lecito) che, se il L., nella qualità di coordinatore per la sicurezza avesse tenuto, avrebbe comunque evitato l'evento.
Anche l'ultimo motivo è fondato, giacchè il giudice di appello nell'accertare l'intervenuta prescrizione del reato, è certamente andato oltre i limiti previsti per l'impugnazione della parte civile, ammissibile, ai soli effetti civili. Ai sensi dell'art. 619 c.p.p., si impone la correzione della motivazione sul punto, trattandosi di errore di diritto che non ha avuto influenza sul dispositivo.
In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perchè il fatto addebitato all'imputato non sussiste.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il fatto addebitato non sussiste.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2014