Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 maggio 2014, n. 9657 - Rendita per malattia professionale




 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente -
Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere -
Dott. D'ANTONIO Enrica - rel. Consigliere -
Dott. TRIA Lucia - Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso 1844-2008 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANASTASIO II 311, presso lo studio dell'avvocato COLELLA PAOLO, rappresentato e difeso dall'avvocato COLELLA GIUSEPPE, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e FAVATA EMILIA, che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale notarile in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 194/2007 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 26/02/2007 R.G.N. 1284/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/2014 dal Consigliere Dott. ENRICA D'ANTONIO;
udito l'Avvocato FAVATA EMILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto


Con sentenza del 26 febbraio 2007 la Corte d'appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda di M.G. nei confronti dell'Inail volta ad accertare illegittimità della riduzione della rendita goduta dal 56% al 31% con decorrenza dal 7 marzo 1997 con conseguente ripristino della rendita precedentemente goduta.

La Corte ha rilevato che il ricorrente godeva di una rendita da malattia professionale per anemia da intossicazione da solventi e che, a seguito di richiesta di aggravamento, con sentenza del 6/3/1986 la rendita era stata portata al 40%. Ha, altresì, riferito che il M. con un ulteriore giudizio aveva ottenuto il riconoscimento di malattia professionale da ipoacusia da rumore con postumi del 18% dal 1 gennaio 1987 (sentenza del 28 novembre 1988) e che l'Inail aveva unificato le rendite con provvedimento del 13 settembre 1990 riconoscendo una rendita complessiva del 56%. La Corte territoriale ha, poi, escluso, circa la tardività della revisione, il superamento del termine di 15 anni considerato che le rendite erano state unificate nel 1990 e la revisione era stata disposta nel 1997.

Nel merito la Corte ha rilevato che all'esito della consulenza rinnovata in appello era risultato che la l'entità complessiva al momento della revisione dei postumi invalidanti doveva essere quantificata nel 31% come affermato dall'Inail accertando in particolare che la broncopatia si era al momento della revisione effettivamente ridotta all'11%.

Avverso la sentenza ricorre il M. formulando due motivi.

Resiste l'Inail.


Diritto


Il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 137 e 83 nonchè vizio di motivazione.

Lamenta che la Corte non ha effettuato il raffronto tra la situazione accertata con le due sentenze passate in giudicato e la situazione accertata al momento della revisione. Osserva infatti che la procedura di revisione doveva essere legata ad un miglioramento verificatosi dopo le sentenze passate in giudicato, pena la violazione del giudicato, e non già per rimediare ad un eventuale errore della precedente quantificazione.

Osserva che il c.t.u. si era limitato a quantificare le percentuali ritenute congrue senza operare alcun raffronto con lo stato della patologia al momento del riconoscimento della rendita.

Censura, inoltre, la sentenza nella parte in cui aveva escluso la tardività della revisione. Rileva infatti che con riferimento alla prima malattia professionale il termine di 15 anni doveva decorrere dal 1975. Le censure sono infondate.

Deve, in primo luogo, rilevarsi con riferimento all'eccezione di tardività della revisione che l'art 137 T.U. stabilisce che "La misura della rendita di inabilità da malattia professionale può essere riveduta su domanda del titolare della rendita o per disposizione dell'Istituto assicuratore, in caso di diminuzione o di aumento dell'attitudine al lavoro ed in genere in seguito a modificazioni delle condizioni fisiche del titolare della rendita purchè, quando si tratti di peggioramento, questo sia derivato dalla malattia professionale che ha dato luogo alla liquidazione della rendita. La rendita può anche essere soppressa nel caso di recupero dell'attitudine al lavoro nei limiti del minimo indennizzabile". La stessa norma prescrive i termini entro i quali è possibile chiedere o disporre la revisione.

Questa Corte ha affermato (cfr SSUU n. 6402/2005, 24702/2013) che "in tema di revisione della rendita unica da infortunio sul lavoro, è consentito procedere a nuova valutazione medico legale del risultato inabilitante complessivo, che può essere accertato anche in misura inferiore a quello provocato dall'infortunio i cui postumi sono consolidati, purchè la rendita complessiva da erogare non sia inferiore a quella precedentemente consolidata. I medesimi principi vanno applicati anche nell'ipotesi di revisione di rendita unica (v. Corte costituzionale n. 318 del 1989), essendo anche in tal caso consentito il riesame dei postumi di tutti gli infortuni e la valutazione della complessiva riduzione dell'attitudine al lavoro, purchè la rendita unica cosi ricostituita non sia inferiore a quella liquidata per i precedenti infortuni e già consolidata, mentre l'intangibilità della misura dei postumi stabilizzati del singolo evento lesivo (cosiddetto limite interno) osterebbe alla possibilità di rivalutare il complessivo risultato inabilitante, stabilitosi nel tempo, in base ad un giudizio di sintesi. Dalla data di costituzione della rendita unica, pertanto, comincia a decorrere un nuovo termine per la revisione, che, una volta maturato, rende immodificabile la misura della rendita da erogare". Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha riferito che la prima rendita per malattia professionale (anemia da intossicazioni da solventi) goduta dal ricorrente, a seguito di richiesta in via giudiziaria di aggravamento dovuta ad "ostruzione cronica delle piccole vie aree e note di epatopatia", era stata determinata con sentenza del 6/3/86 nella misura del 40%.

Dalla sentenza impugnata non emerge, tuttavia, l'epoca alla quale fare riferimento per ritenere stabilizzata e, dunque non più suscettibile di revisione, la percentuale riconosciuta per detta malattia professionale. La data a tal fine indicata dal ricorrente del 1975 non trova riscontro negli atti.

Non vi sono, pertanto, elementi per affermare la tardività della revisione effettuata dall'Istituto ai sensi dell'art. 137 T.U. con provvedimento del 7/3/1997 tenuto conto, inoltre, con riferimento all'altra malattia professionale, che dalla sentenza impugnata emerge che con ulteriore giudizio il ricorrente ottenne il riconoscimento di rendita per "ipoacusia da rumore" con postumi del 18% dal 1 gennaio 1987 e che l'Inail unificò le rendite con provvedimento del 13 settembre 1990 quantificando la rendita complessiva nel 56%.

Non è, pertanto, censurabile l'affermazione della Corte secondo cui la revisione posta in essere nel 1997 non era tardiva.

Quanto alle ulteriori censure formulate dal ricorrente circa la misura complessiva della rendita riconosciutagli a seguito di revisione deve rilevarsi che non vi è stato alcuna violazione di giudicato per essere state le precedenti percentuali riconosciute al M. accertate a seguito di due sentenze passate in giudicato.

Il giudicato, infatti, copre l'indennizzabilità dell'infermità, ovvero la qualificazione della medesima in termini di malattia professionale, ma non anche il grado di invalidità conseguente essendo questo suscettibile di variazioni nel tempo come disciplinato dall'art. 137 T.U. (cfr. Cass. n. 7670/2002).

Con riferimento infine alle doglianze formulate dal ricorrente circa la misura della rendita complessivamente riconosciutagli a seguito di revisione va rilevato che la sentenza impugnata appare adeguatamente motivata, priva di difetti logici o contraddizioni, oltre che immune da errori di diritto.

Il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione (Cass. n. 2351 del 07 02/2004; n. 7846 del 4/4/2006; n. 20455 del 21/9/2006; n. 27197 del 16/12/2011).

Deve, inoltre, rilevarsi che costituisce principio affermato più volte da questa Corte (Cfr ord. n. 1652/2012; ord. n. 22707/2009; sent. N 9988/2009) che "in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell'assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi. mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico forniate traducendosi, quindi, in un'inammissibile critica del convincimento del giudice".

Nella specie il ricorrente si è limitato ad invocare una diversa valutazione scientifica delle prove raccolte senza evidenziare lacune negli accertamenti svolti o eventuali attenuazioni illogiche o scientificamente errate. La Corte ha aderito alle conclusioni della ctu eseguita in appello (peraltro del tutto conformi alle conclusioni del CTU nominato in primo grado) in base alle quali era stato accertato un miglioramento della broncopatia ed una ipoacusia di grado lieve e che, dunque, la nuova percentuale riconosciuta dall'Inail era corretta.

Il motivo, anche sotto tale profilo è infondato.

Il ricorso va rigettato, nulla per spese del presente giudizio considerato che al giudizio in esame non è applicabile "ratione temporis" l'art. 152 disp. att. c.p.c. come sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42 convertito nella L. n. 326 del 2003, per essere stato depositato l'originario ricorso prima del 2/10/2003, data di entrata in vigore della stessa disposizione.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla per spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2014.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2014