Cassazione Civile, Sez. Lav., 19 giugno 2014, n. 13954 - Ernia del disco e sforzi intensi. Rapporto causale tra evento e danno
Fatto
1. T. premesso che M.P. assumendo di essere suo dipendente aveva chiesto che venisse riconosciuta come dipendente da causa servizio la patologia che lo affliggeva, ovvero ernia del disco, e che il Tribunale di Sassari aveva accolto la domanda, appellava la sentenza ritenendola ingiusta.
Osservava che era fatto pacifico che il M.P. fosse affetto da ernia discale, ma non erano condivisibili le considerazioni del c.t.u.. che aveva affermato che la attività svolta dal 1979 al 1985 aveva sottoposto la colonna vertebrale del M.P. a intenso sforzo e frequenti sollecitazioni nel corso di operazioni routinarie. come la manovra a mano dei deviatori e sollevamento del macaco e le operazioni di carico e scarico e movimentazione colli, che potevano aver giocato un ruolo nel determinismo delle lesioni delle strutture di contenzione del disco intervertebrale, con fuoriuscita del contenuto sotto forma di ernia discale e, inoltre, che, pur considerando le difficoltà oggettive di valutazione derivanti dalle diverse affermazioni delle parti, aveva ritenuto di riconoscere la dipendenza da causa di servizio. Però tale ragionamento del c.t.u. era contraddittorio. La causa servizio poteva essere riconosciuta solo laddove il servizio fosse la condizione indispensabile senza hi quale l'evento non si sarebbe realizzato. Nel caso in oggetto non vi era prova di tale riconducibilità, né poteva derivare dalla c.t.u., né dalle deposizioni rese dai testi escussi. Poneva in evidenza la società appellante che il manovrare il macaco non sottopone l'operatore ad alcuno sforzo fisico, mentre la circostanza che in alcune ipotesi il M.P. avesse effettuato operazioni di carico e scarico, non conoscendosi quante volte ciò fosse accaduto, né il peso dei colli, poteva essere di rilievo alcuno. La stessa modesta percentuale di invalidità confermava la insussistenza di qualunque rapporto di causa ad effetto della attività lavorativa.
2. Si costituiva M.P. che sosteneva la piena condivisibilità della consulenza e del giudizio di probabilità adeguata espresso dal c.t.u..
La corte d'appello di Cagliari con sentenza n. 27 del 5 febbraio 2007 ha rigettato l'appello della società condannando l'appellante al pagamento delle spese del grado.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società con un unico motivo.
Non ha svolto difesa la parte intimata.
La difesa della società ha depositato note in replica alle conclusioni del P.G..
Diritto
1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui la società ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione degli artt. 2697 ss. c.c.e del d.p.r. n. 1124 del 1965 e del d.p.r. n. 834 del 1981; nonché vizio di motivazione.
Secondo la società ricorrente la corte d’appello non ha fatto buon governo dei principi in tema di nesso di causalità essendo pervenuta all'accogli mento della domanda attrice non già sulla base di una prova evidente del nesso di causalità, ma in forza di una mera dichiarazione di possibilità di tale relazione.
2. Il ricorso è infondato.
La società ricorrente esprime un mero dissenso rispetto alle conclusioni alle quali è motivatamente pervenuto il consulente d'ufficio nella sua relazione peritale; quest'ultimo, tenendo conto delle mansioni svolte dal lavoratore, ha concluso riconoscendo la causa di servizio della patologia accertata (ernia disile).
Questa Corte (ex plurimis Cass., sez. VI - lav.. 3 febbraio 2012. n. 1652), ha più volte affermato che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione.
Nella specie i giudici di merito concordemente a tribunale e corte d'appello - hanno ritenuto che la domanda fosse da accogliere, da un lato sulle base delle risultanze istruttorie, dalle quali era emerso che il M.P. per tre volte al giorno, dovesse manovrare una leva con un peso di circa dieci chili per effettuare la manovra di deviazione a mano dei treni, nonché della c.t.u. secondo la quale vi era un diretto nesso causale tra l'infermità denunciata e la attività di esecuzione a mano della manovra, oltre le operazioni di movimentazione dei colli, sempre effettuate a mano.
E' vero - come deduce la società ricorrente - che il c.t.u. ha fatto riferimento ad una possibile imputabilità dell’infermità all'attività lavorativa. Ma per il principio dell'equivalenza delle concause dell'evento morbigeno è sufficiente la connessione, nel determinismo causale, con il servizio espletato, affinché possa essere riconosciuta la causa servizio. Questa Corte (Cass., sez. lav.. 9 settembre 2005 n. 17959, rv. 583487) ha affermato - e qui ribadisce - che trova applicazione la regola contenuta nell'art. 41 cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, principio secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, salvo il temperamento previsto nello stesso art. 41 cod. pen.. in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni.
3. Il ricorso va quindi rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese processuali di questo giudizio di cassazione non avendo la parte intimata svolto difesa alcuna.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese di questo giudizio di cassazione.