Cassazione Penale, Sez. 3, 17 aprile 2014, n. 17010 - Committente di un impianto di videosorveglianza: disponibilità giuridica del luogo di lavoro e necessità di un contratto scritto




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo - Presidente -
Dott. GRILLO Renato - Consigliere -
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere -
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -
Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
- R.M.A.L., n. (OMISSIS);
avverso la sentenza del tribunale di MILANO in data 25/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. SCARCELLA Alessio;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza;
udite, per la ricorrente, le conclusioni dell'avv. F. Brumana, non comparso.





Fatto


1. R.M.A.L. ha proposto tempestivo ricorso avverso la sentenza del tribunale di MILANO del 25/03/2013, depositata in data 5/04/2013, con cui la medesima è stata condannata, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e ritenuta la continuazione tra i reati ascritti sub b) e c), alla pena di Euro 800,00 di ammenda per il reato di cui:

a) al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26, comma 1, lett. b), perchè, nella sua qualità di socio accomandatario della ditta BIKE ACTION s.a.s., committente dei lavori per la fornitura e la posa in opera di un impianto di videosorveglianza in forza di contratto sottoscritto in data 17/12/2009 con la ditta FF soluzioni s.n.c. di Carraro F., e, quindi, datore di lavoro, ometteva di fornire all'impresa appaltatrice dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sarebbe stata destinata ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività, di talchè S.A., impegnato nella posa del predetto impianto di sorveglianza nel sottotetto dell'immobile di pertinenza dell'azienda, sito in via (OMISSIS), camminando su una porzione di soletta non portante, precipitava nel vuoto (accertato in (OMISSIS));

b) all'art. 64, comma 1, lett. a), in relazione al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 68, comma 1, lett. b), perchè nella sua qualità di socio accomandatario della ditta BIKE ACTION s.a.s., committente dei lavori per la fornitura e la posa in opera di un impianto di videosorveglianza in forza di contratto sottoscritto in data 17/12/2009 con la ditta FF soluzioni s.n.c. di Carraro F., e, quindi, datore di lavoro, ometteva di provvedere affinchè i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di cui all'art. 63, commi 1, 2 e 3 del medesimo T.U. in materia di sicurezza e igiene del lavoro, di talchè S.A., impegnato nella posa del predetto impianto di sorveglianza nel sottotetto dell'immobile di pertinenza dell'azienda, sito in via per (OMISSIS), camminando su una porzione di soletta non portante, precipitava nel vuoto (accertato in (OMISSIS)).

2. Ricorre avverso la predetta sentenza l'imputata per mezzo del difensore fiduciario cassazionista, proponendo quattro motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen..

2.1. Deduce la ricorrente, con un primo motivo, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e), per contraddittorietà interna e manifesta illogicità della motivazione della condanna per il reato di cui all'art. 26, comma 1, lett. b), in relazione all'imprevedibilità dell'inizio dei lavori e, quindi, all'insussistenza della violazione dell'obbligo di preventiva informazione.

Si duole la ricorrente per aver il giudice, da un lato, pronunciato sentenza assolutoria per l'imputazione sub a) per insussistenza del fatto (ossia per non aver l'imputata verificato l'idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice in relazione alle attività affidate in appalto), dall'altro, invece, pervenendo a giudizio di condanna per non aver fornito all'infortunato specifiche informazioni sui rischi dei lavori che avrebbe svolto. Sussisterebbe, in particolare, una contraddizione tra il pieno riconoscimento dell'imprevedibilità dell'accesso dell'infortunato (tanto da evidenziare l'impossibilità materiale di richiedere un'autocertificazione) nonchè dell'assenza dell'imputata e l'asserita responsabilità della stessa per non avere fornito dettagliate informazioni prima dell'inizio dei lavori. In altri termini, al fine di far rilevare l'illogicità della motivazione, deduce il ricorrente che, se l'imputata non sapeva che l'infortunato avrebbe iniziato i lavori, tanto da non potergli chiedere l'autocertificazione, allora l'imprevedibilità non poteva consentire di fornire dettagliate informazioni all'impresa appaltatrice sui rischi specifici e sulle misure di prevenzione.

2.2. Deduce la ricorrente, con un secondo motivo, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e), per contraddittorietà e manifesta illogicità consistente nel fraintendimento delle prove con riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26.

Dopo aver riportato ampi stralci della motivazione dell'impugnata sentenza e un articolato passaggio dell'esame testimoniale del teste C. (ud. 2/10/2012), la ricorrente rileva come quest'ultimo teste avesse dichiarato che l'imputata aveva dato indicazioni precise al dipendente C. affinchè l'infortunato rimandasse l'esecuzione del lavoro al lunedì o martedì successivo (l'infortunio avvenne di sabato); il C., invece, contravvenendo alle indicazioni dell'imputata aveva ceduto alle insistenze, pare connotate anche da una certa aggressività dello stesso infortunato, autorizzandolo ad eseguire il lavoro; rileva, ancora, come nella stessa sentenza impugnata si dava atto che nessun contratto fosse stato ancora concluso, in quanto l'imputata aveva ricevuto dalla ditta appaltatrice esclusivamente un preventivo e che non era ancora sicuro che la stessa avesse deciso o meno di avvalersi dell'opera del S., il quale, invece, interessato a svolgere il lavoro, si era presentato lo stesso il sabato mattina presso il negozio della ricorrente riuscendo, grazie alle sue insistenze, a iniziare il lavoro, con l'esito infortunistico accertato; ne consegue, secondo la difesa, che non solo difetterebbe il presupposto del rapporto di lavoro (rectius, dell'appalto), ma anche, e soprattutto, vi sarebbe il travisamento della prova rappresentata dalla deposizione testimoniale del C., in particolare con riferimento alle disposizioni impartite dalla ricorrente ai dipendenti per allontanare il S. e per impedirgli di iniziare il lavoro, nonchè in ordine alla successiva mancata conoscenza del fatto che il dipendente C. non aveva ottemperato alle direttive impartite, autorizzando il S. ad iniziare i lavori.

2.3. Deduce la ricorrente, con un terzo motivo, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), per inosservanza ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26, in relazione al presupposto necessario all'esistenza di un rapporto contrattuale nonchè degli artt. 1321, 1326 e 1327 cod. civ. nonchè per violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e), per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla sussistenza del medesimo presupposto ed alla mancata considerazione di prove.

Sostiene la ricorrente che il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26 presuppone, per l'esistenza degli obblighi imposti, che i lavori siano "affidati" all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi, sicchè richiede l'esistenza di un contratto; nel caso in esame, la ditta di cui la ricorrente è amministratrice aveva ricevuto esclusivamente un preventivo dalla ditta del S., infortunatosi, per la fornitura dell'impianto di videosorveglianza, preventivo ancora allo stato di "bozza", non avendo l'imputata ancora deciso di avvalersi dell'opera del S. ma che, tuttavia, si legge in sentenza, una volta avviati i lavori, il rapporto di sarebbe di fatto instaurato; si duole la ricorrente per aver il giudice così violato quanto previsto dagli artt. 1326 e 1327 cod. civ., non avendo nè la ditta appaltatrice nè il S. ricevuto l'accettazione della proposta, essendo peraltro stata avviata l'esecuzione dei lavori dal proponente e non dall'accettante; in altri termini, secondo la difesa, l'avviso dell'esecuzione che, in alcuni casi, può sostituire l'accettazione, deve però provenire da chi dovrebbe accettare la proposta e non dal proponente; a tal fine, la sentenza avrebbe ignorato la deposizione testimoniale della teste C., legale rappresentante della ditta appaltatrice (ud. 14/03/2013), di cui si riporta in ricorso un passaggio dell'esame, da cui risulta, da un lato, che la titolare della ditta "asseritamente" appaltatrice dei lavori non era al corrente del rapporto con la ditta della ricorrente e, dall'altro, che quest'ultima era stata cancellata dal registro delle imprese prima del Natale 2009, quindi prima dell'esecuzione dei lavori; non risulta, peraltro, che sia mai stato stipulato un contratto con il S., quale persona fisica, nè, quindi, esistenza un contratto.

2.4. Deduce la ricorrente, infine, con il quarto motivo, la nullità della sentenza in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. b), per inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 62, in relazione al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 64, con riguardo al presupposto del luogo di lavoro e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con riguardo al mancato impedimento in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 64.

Si duole la ricorrente per aver riconosciuto il giudice la responsabilità dell'imputata nonostante risultasse che il piano superiore, da cui era caduto il S., non era adibito alla permanenza di persone e che la soletta di tale piano non era nella giuridica disponibilità dell'imputata; la sentenza, in particolare, considera irrilevante tale circostanza, affermando che la ricorrente non avrebbe mai dovuto permettere a nessuno di salire su una soletta che non era nella sua giuridica disponibilità e che non sapendo come era fatta, avrebbe dovuto impedirlo; tuttavia, poichè il reato di cui si discute riguarda l'inadeguatezza antinfortunistica del luogo di lavoro, richiede che quest'ultimo sia nella giuridica disponibilità del committente; inoltre, il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 64, non riguarda un'azione impeditiva, ma il fatto oggettivo dell'inadeguatezza del luogo di lavoro; la sentenza è dunque erronea, in quanto applica le norme di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 62 e 64, riferendole a luoghi che, pacificamente, sono estranei all'azienda e non disponibili giuridicamente dall'imputata.

Parimenti, la sentenza sarebbe affetta dall'evocato vizio motivazionale di illogicità, in quanto trascura: a) che, difettando la disponibilità giuridica di una porzione immobiliare, è impossibile modificarla per adeguarla alla normativa antinfortunistica; b) che la ricorrente aveva impartito precise disposizioni ai dipendenti di non far lavorare il S. e di farlo tornare nei giorni successivi; c) che l'imputata non era presente nè era stata avvisata del fatto che il S. era stato autorizzato dal dipendente C. ad eseguire il lavoro, sicchè non poteva essere al corrente dell'inottemperanza delle disposizioni da essa impartite.

Diritto

 


3. Il ricorso è fondato.

4. Al fine di meglio comprendere le ragioni che hanno indotto al Collegio a pervenire a giudizio di annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza, in ciò condividendo non solo le doglianze difensive, ma anche le puntuali argomentazioni espresse dal Procuratore Generale di udienza, è necessario un, seppure breve, inquadramento fattuale della vicenda. Risulta dall'impugnata sentenza che la ricorrente, legale rappresentante della società BIKE ACTION S.a.s., con veste di socia accomandataria, si occupava di fatto dell'attività della società. Quest'ultima aveva in locazione i locali di via per (OMISSIS), e si occupava di vendita al pubblico di biciclette ed articoli sportivi inerenti la manutenzione, la riparazione ed il noleggio di biciclette, nonchè il commercio al minuto di integratori alimentari ad uso sportivo. Avendo subito un furto nella notte tra il (OMISSIS), perpetrato da ignoti introdottisi nel negozio previa effrazione delle vetrate, la società aveva deciso di installare un sistema antifurto. L'imputata, nella sua qualità ed in virtù dei poteri, anche di fatto, esercitati, aveva partecipato alla decisione di installare l'antifurto. Nel periodo intercorrente tra il furto e il Natale 2009, il S., soggetto infortunatosi, era stato raccomandato all'imputata dai carabinieri; l'uomo si era presentato anche consegnando un biglietto da visita da cui risultava che lo stesso avesse il titolo id "maresciallo" e, nel contempo, sul biglietto da visita era stampigliata a caratteri più grossi rispetto al suo nome, la ragione sociale di tale "Group Vis Security". Il S. si era recato presso il negozio per un sopralluogo prima di Natale ed era molto insistente nel proporsi per installare l'antifurto. Il preventivo rilasciato dal S. per l'effettuazione dei lavori portava la data del 17/12/2009 ed era sottoscritto su carta intestata della ditta FF soluzioni s.n.c., diversa, quindi, rispetto alla società a cui il S. risultava appartenere o, comunque essere collegato in base alla presentazione con il biglietto da visita.

L'imputata non aveva fatto caso a tale discordanza anche perchè molti erano ancora gli aspetti da definire, come comprovato dall'istruttoria dibattimentale in cui all'ultima pagina del preventivo risultavano ancora "da definire" sia l'inizio che la fine dei lavori che le modalità di pagamento. Tale preventivo, dunque, era una vera e propria "bozza", sicchè lo stesso giudice di merito riteneva credibile che l'imputata non avesse ancora deciso se avvalersi o meno dell'opera del S., il quale non ancora era stato restituito a quest'ultimo con l'accettazione.

5. Premesso quanto sopra, può quindi procedersi alla valutazione della sussistenza o meno del vizio motivazionale denunciato dalla ricorrente sia con il primo che con il secondo motivo di ricorso, che, afferendo entrambi a doglianza di tipo motivazionale, possono essere congiuntamente trattati.

Il giorno dell'incidente il S., interessato a svolgere il lavoro, si era presentato di sorpresa un sabato mattina e, nonostante l'invito a non procedere, ed a presentarsi in altra data, si era imposto ed aveva iniziato il lavoro, salendo nel controsoffitto per installare i macchinari. Da lì era caduto, riportando lesioni, giudicate in un separato processo. Non v'è dubbio nella sentenza impugnata in ordine alla circostanza che il S. si fosse presentato a sorpresa quel sabato mattina, come è pacifico che non fosse stata prevista l'installazione del sistema antifurto quella mattina. Per tale ragione il giudice, correttamente escludeva la configurabilità della responsabilità penale dell'imputata per il reato di cui al capo a), ossia l'aver omesso la verifica dell'idoneità tecnico professionale del S., atteso che era pacificamente emerso che la donna non sapesse che quel giorno il S. si sarebbe presentato a svolgere il lavoro e, quindi, non avrebbe potuto materialmente effettuare le prescritte verifiche preventive dell'idoneità tecnico professionale del medesimo.

Se questo è l'approdo assolutorio cui il giudice è pervenuto in relazione all'imputazione sub a), non si spiega - così condividendo l'assunto difensivo, rimarcato anche dal P.G. di udienza - la ragione per la quale il giudice abbia invece ritenuto configurabile la responsabilità per i reati ipotizzati ai capi b) e c) della rubrica.

Ed invero, i passaggi argomentativi evidenziati dalla difesa si appalesano affetti dal vizio di illogicità manifesta, atteso che è pacifico che la ricorrente, avvisata dal dipendente presente in negozio quella mattina, avesse impartito a quest'ultimo l'ordine di non fare eseguire il lavoro quella mattina al S.; diversamente da quanto esposto in sentenza, però, risulta che il dipendente ( C.) avesse autorizzato il S. a svolgere il lavoro la mattina dell'infortunio, nonostante l'espresso divieto dell'imputata.

Non è, pertanto, riscontrata l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui "l'imputata sapeva che, comunque, il S. e l'aiutante stavano effettuando quel lavoro", essendo solo emersa la prova che la donna fosse sì stata avvisata dal C. del fatto che il S. si era presentato, ma non anche che fosse stato consentito al S. di accedere all'interno del negozio per svolgere il lavoro. Sul punto, infatti, la lettura del verbale contenente le dichiarazioni del C. (ud. 20/02/2012) non appare completa, atteso che (come si legge nella pagina 15 del medesimo verbale, allegato dalla difesa al ricorso), il teste C. a domanda del giudice ebbe a riferire che la ricorrente, avvisata della presenza del S. e del suo aiutante, avesse chiaramente detto al C. di non far svolgere il lavoro e di dire al S. di rimandarlo al lunedì o al martedì, laddove, invece - ma senza che risultasse che la ricorrente fosse stata avvisata - il S. aveva insistito comunque per farlo al punto tale che il C. quasi sentendosi "puntato" alla fine aveva ceduto a ne aveva autorizzato l'esecuzione. Sussiste, quindi, il prospettato vizio motivazionale denunciato dalla difesa che, pertanto, inficia l'impugnata sentenza comportandone l'annullamento. Si è, invero, indubbiamente in presenza del vizio di travisamento della prova dichiarativa, rispetto al quale il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare se il senso probatorio, attribuito dal ricorrente in contrasto con quello eletto nel provvedimento impugnato, presenti una verosimiglianza non immediatamente smentibile e non imponga, per il suo apprezzamento, ulteriori valutazioni in relazione al contenuto complessivo dell'esame del dichiarante, come effettivamente avvenuto nel caso in esame (v., tra le tante: Sez. 6, n. 18491 del 24/02/2010 - dep. 14/05/2010, Nuzzo Piscitelli e altri, Rv. 246916).

6. Sono, peraltro, fondate le ulteriori doglianze prospettate nel terzo e nel quarto motivo di ricorso.

6.1. Ed infatti, quanto al terzo motivo, deve rilevarsi che la norma di riferimento (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26, lett. B)), nell'indicare gli obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione, prevede che "il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonchè nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo: (omissis) b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività". L'obbligo di fornire le dettagliate informazioni ai lavoratori sui rischi specifici e sulle misure di prevenzione e di emergenza, infatti, presuppone l'esistenza di un rapporto contrattuale d'appalto o d'opera o di somministrazione. Nel caso di specie, come emerso in sede istruttoria, era stato semplicemente inviato dal S. un preventivo, qualificabile come "bozza", perdipiù non ancora accettato dalla ricorrente. E', dunque, evidente che non vi fosse ancora stato un "affidamento" dei lavori di fornitura e posa in opera del sistema antifurto, dunque non poteva ritenersi ancora configurabile quel rapporto giuridico da cui scaturiscono gli obblighi imposti dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26.

Nè varrebbe obiettare che il contratto di appalto, in quanto contratto che non richiede la forma scritta (salvi casi espressamente previsti dalla legge come, ad esempio, nei contratti di appalto in cui è parte la Pubblica Amministrazione), possa ritenersi concluso anche per facta concludentia. Ed invero, pur essendo il contratto di appalto, in linea di principio, un contratto a forma libera, non essendo soggetto ad alcun vincolo di forma (Cass. 6 giugno 2003, n. 9077), esistono tre ipotesi in cui, di contro, anche l'appalto deve necessariamente avere forma scritta. Si ha, infatti, la necessità della forma scritta, per espressa previsione di legge (artt. 237, 238 e 852 cod. nav.) per l'appalto relativo alla costruzione di navi o aeromobili, così come è prevista la forma scritta ad substantiam per gli appalti pubblici (come per tutti i contratti in cui sia parte al P.A.) - Parimenti è necessaria la forma scritta ad substantiam per gli appalti tra privati in cui l'operazione complessiva voluta dalle parti contempli anche il trasferimento della titolarità di diritti reali su beni immobili (art. 1325 cod. civ.). L'appalto può quindi concludersi anche oralmente o, addirittura, per facta concludentia. Tuttavia, possiamo dire che le condizioni richieste dal D.Lgs. n. 81 del 2008 (art. 26, comma 3, nel regime applicabile ante D.L. n. 69 del 2013: In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture; art. 26, comma 5: Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui all'art. 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, artt. 1655, 1656 e 1677 c.c., devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c. i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni.

I costi di cui al primo periodo non sono soggetti a ribasso. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale), è necessaria la forma scritta ad substatiam e ad probationem. Pertanto deve escludersi la conclusione di un contratto d'appalto D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art. 26, per "facta concludentia" ossia mediante inizio, dell'esecuzione (della prestazione), secondo il modello di cui all'art. 1327 cod. civ..

6.2. Quanto, infine, al quarto motivo, ritiene il Collegio che lo stesso sia parimenti fondato, atteso che è pacifico che la ricorrente, nella qualità di socio accomandatario della s.a.s., non avesse la disponibilità giuridica del luogo di lavoro (come richiesto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26, comma 1) ma solo di fatto. Ed è evidente che gli obblighi imposti dal D.Lgs. n 81 del 2008, art. 64, riguardanti i "luoghi di lavoro" gravano sul datore di lavoro per i soli luoghi di lavoro su cui sia esercitabile un "controllo" datoriale in quanto rientranti nella disponibilità giuridica di quest'ultimo.

In altri termini, dunque, se è vero che le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa (v., tra le tante: Sez. 4, n. 23147 del 17/04/2012 - dep 12/06/2012, De Lucchi, Rv. 253322) è, tuttavia, altrettanto vero che gli obblighi datoriali in materia di "luoghi di lavoro" scattano solo quando la condotta normativamente prevista sia esigibile dal datore di lavoro. Questi, infatti, non può rispondere per la mancata adozione di misure atte a prevenire il rischio di infortuni nei luoghi di lavoro ove la condotta non sia esigibile per non rientrare il luogo dell'infortunio nei luoghi di lavoro su cui egli esercita il proprio controllo difettando, nel caso in esame, anzitutto la materialità del fatto, ma anche qualsiasi addebitabilità colposa al datore di lavoro.

7. L'impugnata sentenza dev'essere, pertanto, annullata senza rinvio per insussistenza del fatto.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2014