Cassazione Civile, Sez. 6 - L, 21 luglio 2014, n. 16592 - La domanda giudiziale di riconoscimento del beneficio previdenziale per esposizione all’amianto deve pervenire all’INPS
Presidente Curzio – Relatore Marotta
FattoDiritto
1 – Con sentenza n. 599/2012 depositata in data 12 giugno 2012, la Corte di appello di L’Aquila, confermando la decisione resa dal Tribunale di Vasto, riteneva sussistente il diritto di C.F. , titolare di pensione di anzianità dal gennaio 2002, al beneficio, di cui alla legge n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, della maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto nel periodo dell’agosto 1972 al 2001, di cui il C. aveva chiesto il riconoscimento con ricorso depositato in data 25/8/2008, previa richiesta di accertamento dell’esposizione presentata all’I.N.A.I.L. in data 24/12/2004 (rigettata dall’Istituto con provvedimento del 16/11/2006).
Riteneva la Corte territoriale che dal provvedimento di diniego dell’I.N.A.I.L., alla presentazione del ricorso giudiziario non fosse decorso il termine triennale di decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 89/1970.
Avverso tale sentenza l’I.N.P.S. ricorre per cassazione con un motivo.
Il C. resiste con controricorso.
Il ricorso si palesa, conformemente alle conclusioni di cui alla relazione ai sensi degli artt. 375 e 380 bis cod. proc. civ., come manifestamente fondato.
Si rileva innanzitutto dalla stessa sentenza impugnata che l’I.N.P.S. aveva eccepito, quale specifico motivo di gravame, che il C. , titolare di pensione di anzianità dal gennaio 2002, non avesse mai presentato ad esso Istituto la domanda di ricostituzione pensionistica.
Non vi è dubbio, allora, che la questione della mancanza della domanda amministrativa fosse stata ritualmente devoluta alla Corte di appello.
La stessa, peraltro, era meritevole di accoglimento alla luce dei principi affermati da questa Corte in plurime decisione nelle quali è stato affrontato il parallelo problema dell’applicazione a fattispecie analoghe a quella in esame della decadenza prevista dall’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella legge n. 438 del 1992 – cfr. Cass. ord. 3 febbraio 2012, n. 1629 ed in senso conforme Cass. sent. 30 maggio 2012, n. 8650, id. Cass. sent. 14 agosto 2012, n. 14471; Cass. ord. 4 dicembre 2013, n. 27148; Cass. ord. 4 marzo 2014, nn. 5008 e 5009; Cass. ord. 25 febbraio 2014, n. 4484 -.
È stato, così, affermato il principio che la suddetta decadenza dall’azione giudiziaria trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolare di alcuna pensione, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla legge n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.
Si è, altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, poiché ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) - in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico. È stato, al riguardo, così precisato: “È opportuno anche rilevare che dal sistema è ricavabile l’onere degli interessati di proporre all’istituto gestore dell’assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del beneficio per esposizione all’amianto, nonostante incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)” ed anche chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relativa alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare, stante i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia”.
A tale orientamento non può validamente opporsi che la legge n. 257/92 non prevede espressamente la necessità di presentazione della domanda amministrativa, a differenza di quanto dispone, con riferimento all’I.N.A.I.L., l’art. 47 D.L. 30/9/03, n. 269, convertito nella legge 24/11/03, n. 326.
Esiste, infatti, la norma generale prevista dall’art. 7 della legge n. 533/73 (cui è sotteso l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie” – Cass. Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 – che impone alla parte privata di compulsare ante causam l’ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all’amministrazione uno spatium deliberandi di 120 giorni.
La tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all’art. 442 cod. proc. civ. (nella materia previdenziale e nell’assistenza sociale; nei confronti sia dell’I.N.P.S. sia degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è, del resto, assolutamente prevalente (cfr. ex multis Cass. 28 novembre 2003, n. 18265; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 24 giugno 2004, n. 11756; Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2063; si veda, per l’improponibilità della domanda proposta dal datore di lavoro nei confronti dell’ente previdenziale, avente ad oggetto il rimborso di contributi non dovuti ove il giudizio sia stato instaurato senza la preventiva presentazione della domanda amministrativa, Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153).
In conformità del sopra richiamato orientamento giurisprudenziale ed in base ai principi generali va, dunque, ritenuto che la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto proposta da soggetto iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione. Presupposto logico e fattuale di tale ragionamento è la necessità che l’assicurato porti a conoscenza dell’Istituto “fatti” la cui esistenza è nota solo all’interessato (si consideri, del resto, che la necessità della domanda è stata ritenuta anche in materia di ripetizione di contributi indebitamente versati – così Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153 – ed in ogni caso in cui occorra fare conoscere all’ente i presupposti del diritto alla prestazione – così Cass. 5 ottobre 2007, n. 20892 -).
La domanda giudiziale deve, quindi, essere presentata all’I.N.P.S., unico ente legittimato a concedere il beneficio previdenziale in parola,; né può fondatamente sostenersi una sostanziale fungibilità rispetto a tale domanda di quella inoltrata all’I.N.A.I.L. attesa al diversità funzionale dell’una rispetta all’altra. Mentre la domanda all’I.N.P.S. è, infatti, necessaria per l’erogazione del beneficio previdenziale, quella rivolta all’I.N.A.I.L. mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell’esposizione all’amianto. Si richiama, a conforto, la costante giurisprudenza della Suprema Corte con la quale, a partire dalla sentenza 28 giugno 2001 n. 8859 (e, successivamente, 25 febbraio 2002 n. 2677, 19 giugno 2002 n. 8937, 29 novembre 2002 n. 17000), si è costantemente affermato che nella causa introdotta dal lavoratore per ottenere accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici, del periodo lavorativo nel quale è stato esposto all’amianto, avvalendosi della disposizione di cui all’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992 n. 257, nel testo modificato dall’art. 1, comma 1, d.l. 5 giugno 1993 n. 169 e dalla relativa legge di conversione 4 agosto 1993 n. 271, l’I.N.A.I.L. difetta di legittimazione passiva (ad causam), in quanto soggetto del tutto estraneo al rapporto, di natura previdenziale, che dà titolo a una siffatta domanda, posto che la norma da cui trae fondamento il diritto azionato finalizza il beneficio da essa previsto – consistente nell’incremento dell’anzianità contributiva, attraverso il meccanismo della ipervalutazione di periodi lavorativi soggetti all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dalla esposizione all’amianto – ad agevolare il perfezionamento dei requisiti per le prestazioni pensionistiche (l’ammontare delle quali dovrà essere determinato computando, se spettante, la maggiorazione di legge) e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo diritto, non già a facilitare l’accesso alle (diverse) prestazioni oggetto del regime assicurativo che fa carico all’I.N.A.I.L..
La mancanza di domanda all’I.N.P.S. conduce pertanto inevitabilmente ad una pronuncia di improponibilità dell’azione (cfr. Cass. 15/1/2007, n. 732).
2 – Per quanto sopra considerato, il ricorso dell’I.N.P.S. va accolto, con cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito con la declaratoria di improponibilità del ricorso azionato dal C. .
3 – Infine, il consolidarsi solo in epoca successiva al deposito del ricorso di primo grado della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, dichiara l’improponibilità del ricorso azionato da C.F. . Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.