Cassazione Penale, Sez. 4, 10 settembre 2014, n. 37396 - Caduta di un fascio di assi di legname e infortunio mortale





REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere -
Dott. CIAMPI Francesco Mari - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
R.F. N. IL (OMISSIS);
D.R.;
D.S.;
avverso la sentenza n. 1916/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 20/09/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARINELLI FELICETTA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALLI Massimo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente alle spese della parte civile, per il rigetto del ricorso.

Fatto



Con sentenza del 25 settembre 2009 il Tribunale di Catania condannava R.D. e R.F. in ordine al reato di cui all'articolo 589 c.p. alla pena, il primo, di anni due di reclusione, il secondo, di anni due e mesi sei di reclusione in quanto ritenuti responsabili di avere cagionato per colpa la morte di D. D. a cui veniva attribuito un concorso nella misura del 20% e al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite.

Ai due imputati era stato contestato di avere cagionato la morte del lavoratore D.D. conseguente alle lesioni riportate a seguito della caduta di un fascio di assi di legname caricate su un sollevatore meccanico, per colpa consistita, per quanto attiene a R.D., nell'essersi posto alla guida del predetto sollevatore meccanico pur non avendone nessuna specifica competenza, nonchè per avere effettuato una manovra errata che determinava la caduta di assi di legno caricate sul predetto mezzo, per quanto attiene a R.F., per avere, nella sua qualità di titolare della ditta "Legno A." s.r.l. e di datore di lavoro di D. D., violato le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 8 e per avere consentito che il figlio R.D. guidasse il sollevatore meccanico, pur essendo privo di qualsiasi competenza nella conduzione di mezzi analoghi.

Avverso tale sentenza proponevano appello gli imputati a mezzo del loro difensore.

La Corte di appello di Catania, in data 20.09.2011, in riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo grado, escluso il concorso di colpa della persona offesa, dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.D. essendo il reato ascrittogli estinto per prescrizione; determinava la pena nei confronti di R.F. in un anno e mesi sei di reclusione, con la sospensione condizionale;

liquidava in Euro 100.000,00 la provvisionale già concessa in favore della parte civile costituita; confermava nel resto; condannava R.F. alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile liquidate come in dispositivo.

Avverso la sentenza sopra indicata hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, a mezzo dei loro difensori, R.F. e le parti civili D.R. e D.S. chiedendone l'annullamento.

R.F. la censurava per il seguente motivo:

1) manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine al mancato accoglimento della richiesta avanzata nel primo motivo di appello ex art. 606 c.p.p., lett. c).

Secondo la difesa la sentenza emessa nel giudizio di primo grado sarebbe nulla per violazione dell'art. 523 c.p.p., comma 1, in relazione all'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), avendo il Tribunale emesso la sentenza e dato lettura del dispositivo prima che il difensore completasse il proprio intervento difensivo e formulasse le sue richieste in favore di R.F.. Erroneamente poi, secondo il ricorrente, i giudici di appello avevano ritenuto che, essendo tale nullità a regime intermedio ai sensi dell'art.182 e.p.p., la stessa doveva essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non era possibile, immediatamente dopo. Osservava la difesa sul punto che invece l'eccezione di nullità della sentenza di primo grado era stata tempestivamente formulata nel primo atto possibile, e cioè nell'atto di impugnazione dopo il suo compimento, atteso che il giudice, che quel giorno doveva trattare solo il presente processo, non si trovava e non era entrato nella sala di udienza prima di ritirarsi in camera di consiglio per deliberare, ma era entrato nella detta aula solo per dare lettura del dispositivo della sentenza.

D.R. e D.S., parti civili, censuravano la sentenza della Corte di appello di Catania per il seguente motivo:

1)inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., lett. b). Lamentava la difesa delle parti civili ricorrenti che la sentenza impugnata, che aveva dichiarato l'estinzione per prescrizione del reato ascritto a R.D. e aveva confermato le statuizioni civili, escludendo il concorso di colpa di D. D. e aumentando l'ammontare della provvisionale, aveva inspiegabilmente esonerato R.D. dalla rifusione delle spese del procedimento, addebitandole al solo R.F.. Secondo la difesa la statuizione della Corte territoriale si poneva in contrasto con quanto espressamente previsto dall'art. 578 c.p.p., poichè la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non comportava l'esonero dall'addebito della condanna per ciò che concerne gli effetti civili della stessa.

La difesa delle parti civili D.R. e D.S. faceva pervenire a mezzo fax in cancelleria memoria in cui chiedeva di voler confermare il giudizio di colpevolezza nei confronti di R.F., confermando altresì le statuizioni civili, con condanna alle spese, come da nota allegata.

Diritto

 

Il ricorso proposto da R.F. è infondato. Si osserva infatti che, come risulta dal verbale di udienza del 25 settembre 2009, l'avvocato Mario Giuffrida, difensore di fiducia di R.F., era presente.

Tanto premesso si osserva che, essendo la circostanza che il difensore non aveva concluso il suo intervento alla precedente udienza inquadrabile tra le nullità a regime intermedio, tale nullità, ai sensi dell'art. 182 c.p.p., doveva essere eccepita dal predetto avvocato presente all'udienza di cui sopra prima del suo compimento, ovvero, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, se ciò non era possibile, immediatamente dopo. Nulla invece aveva eccepito il difensore in quella sede, limitandosi a proporre l'eccezione nell'atto di appello, mentre invece avrebbe potuto e dovuto sollevare l'eccezione allorquando si rese conto che il giudice stava leggendo il dispositivo. Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Merita invece accoglimento il ricorso proposto dalle parti civili D.R. e D. S..

Il Tribunale di Catania aveva ritenuto responsabili del reato di cui all'art. 589 c.p., in danno di D.D. sia R. F. sia R.D. e li aveva condannati alla pena indicata in dispositivo, nonchè entrambi al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili.

La sentenza della Corte di appello di Catania, oggetto del presente ricorso, dopo avere ritenuto sussistente in linea di principio la responsabilità di entrambi gli imputati, aveva ritenuto concedibili a R.D. le circostanze attenuanti generiche in considerazione della posizione marginale da lui occupata nell'ambito dell'azienda di cui era titolare il padre e aveva dichiarato nei suoi confronti estinto il reato per prescrizione.

Peraltro la prescrizione del reato per il quale la parte offesa è stata ammessa a costituirsi parte civile non è indice di soccombenza, sicchè l'imputato R.D. doveva essere condannato al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili.

Sul punto è intervenuta condivisibile giurisprudenza di questa Corte (cfr, Cass., sez. 2^, sent. n. 3186 dell'11.12.2012, rv. 254448) che, decidendo in una fattispecie in cui era stata ritenuta legittima la condanna alle spese a favore della parte civile costituita con riferimento a reati ritenuti prescritti, ha affermato che, nell'ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, ben può l'imputato essere condannato al pagamento delle spese in favore della parte civile, non essendo la prescrizione indice di soccombenza. In accoglimento del ricorso proposto dalle parti civili la sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio limitatamente alla omessa condanna di R.D. in solido con R.F. alla rifusione alle parti civili delle spese sostenute per il giudizio di appello, statuizione che si dispone in tali termini.

Nulla è dovuto a titolo di spese per questo giudizio di cassazione alle parti civili in considerazione del rigetto del ricorso proposto da R.F., essendo stata la memoria con allegata nota spese fatta pervenire in cancelleria a mezzo fax, ma non essendo stato il difensore delle stesse presente in udienza (cfr. Cass. sez. 1^, sent. n. 41287 del 4.10.2012, Rv 253613; Cass., sez. 6^, sent. n. 17057 del 14.04.2011, Rv. 250062).





P.Q.M.

Rigetta il ricorso di R.F. che condanna al pagamento delle spese processuali.

In accoglimento del ricorso delle parti civili annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla omessa condanna di R. D. in solido con R.F. alla rifusione alle parti civili delle spese dalle stesse sostenute per il giudizio di appello, statuizione che si dispone in tali termini.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2014