Cassazione Penale, Sez. 4, 16 giugno 2014, n. 25815 - Prove di carico su un viadotto: collasso delle strutture
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente -
Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. CIAMPI Francesco Mari - Consigliere -
Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.P. N. IL (OMISSIS);
CA.FA. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3587/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 07/12/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/02/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALLI Massimo che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
Udito il difensore Avv. Lancellotti del Foro di Roma per C., il quale chiede l'annullamento della sentenza.
Fatto
C.P. e Ca.Fa. sono stati tratti a giudizio davanti al Tribunale di Brescia per rispondere dei reati di cui agli artt. 443 e 449 c.p. e art. 589, commi 1, 2, 3, art. 590 in relazione all'art. 583 c.p..
Agli imputati, in particolare a C.P., in qualità di amministratore unico e direttore tecnico dello Studio C. srl Civil Engineering, incaricato di progettare, elaborare ed eseguire le prove di carico sul viadotto indicato nel capo di imputazione e a Ca.Fa. nella qualità di Direttore dei lavori nominato dall'A.N.A.S. in relazione alle attività di completamento della ss di cui al capo di imputazione, comprensive della prova di carico da eseguirsi sul viadotto collassato, era stato contestato di avere cagionato, per colpa generica e specifica, il crollo del viadotto in questione e, in seguito a tale evento, il decesso di B. M.G.F., nonchè lesioni personali gravi a R. B., a F.G.P., a L.G.M., che si trovavano a bordo dei loro mezzi durante l'esecuzione della prova e che venivano travolti in seguito al collasso delle strutture.
Con sentenza del 21.04.11 il Tribunale di Brescia dichiarava i due imputati responsabili dei reati a loro ascritti, ritenuto il concorso formale tra gli stessi e concesse le attenuanti generiche equivalenti, condannava C. alla pena di anni tre di reclusione e Ca. alla pena di anni due, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni, in solido con il responsabile civile "Studio C. srl Civil Engineering", in favore della costituita parte civile ANAS spa, da liquidarsi in separata sede, e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile liquidate come in dispositivo; pena interamente condonata per C.; pena sospesa per Ca.Fa..
Avverso la decisione del Tribunale di Brescia hanno proposto appello i difensori degli imputati.
La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 7.12.2012, in parziale riforma di quella emessa dal giudice di primo grado assolveva gli appellanti dal reato loro ascritto al capo a) perchè il fatto non sussiste e per l'effetto riduceva la pena inflitta per la residua imputazione ad anni 1 e mesi 8 di reclusione per l'appellante C.P. e ad anni i e mesi 6 di reclusione per l'appellante Ca.Fa.;
revocava la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici inflitta a C.P. nonchè le statuizioni civili;
concedeva a C.P. i benefici di legge nonchè a C. F. il beneficio della non menzione della condanna; confermava nel resto.
Avverso tale sentenza C.P. e Ca.Fa.
proponevano, a mezzo dei loro difensori, distinti ricorsi per Cassazione chiedendone l'annullamento. C.P. censurava la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1) erronea interpretazione ed applicazione di norma extrapenale integrativa del precetto. Applicazione di una norma estranea alla materia punitiva in esame. In subordine omessa motivazione in ordine alla disapplicazione-rispetto alla fattispecie- della corretta norma extrapenale integrativa del precetto.
Lamentava sul punto la difesa che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto il C. responsabile dei reati di omicidio e lesioni colpose, senza peraltro fare nessun accenno al D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 che ha attribuito ogni forma di responsabilità al soggetto che beneficia dell'attività da proteggere, consentendogli poi di delegare la propria responsabilità diretta a figure professionali specificamente individuate o individuabili, con ciò escludendo dalla panoramica dei co-obbligati soggetti non ricollegabili a quelli tassativamente indicati. Tanto premesso osservava la difesa che il C. non fu mai nominato dal committente "coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera" e pertanto egli non era titolare di nessuna posizione di garanzia.
2) Erronea interpretazione ed applicazione di norma extrapenale integrativa del precetto. In subordine omessa od insufficiente motivazione.
Osservava sul punto la difesa che durante l'effettuazione della prova di carico e dell'ingresso degli automezzi sul viadotto il C. si trovava in altro luogo rispetto a quello in cui si verificò il sinistro. Sul luogo invece si trovava il Ca., direttore dei lavori ANAS, il quale manteneva tale sua qualifica anche durante lo svolgimento delle prove di carico, non potendosi ritenere che egli si fosse spogliato di ogni responsabilità in relazione alle stesse dal momento della consegna al C. dell'incarico di progettazione, esecuzione e valutazione delle medesime. Secondo la difesa quindi la Corte territoriale, che aveva condannato l'imputato Ca.
perchè titolare di una posizione di garanzia, erroneamente aveva poi condannato anche l'imputato C. senza che nessuna normativa di copertura fosse stata dallo stesso violata.
3) Erronea interpretazione ed applicazione di norma extrapenale integrativa del precetto. In subordine omessa o carente motivazione relativamente all'attribuzione della posizione di garanzia in caso di "nolo a caldo" ed alla sua erronea attribuzione al ricorrente.
Sul punto osservava la difesa che l'esecuzione della "prova di carico" durante la quale si verificò il fatto oggetto del presente processo era stata conseguente alla stipulazione ed esecuzione di un contratto di "nolo a caldo" (essendo stati messi a disposizione non solo gli automezzi, ma anche gli autisti degli stessi). Pertanto, osservava la difesa, chi noleggia macchinario e operatore, non ha l'onere di predisporre il P.O.S., mentre invece chi usufruisce del "nolo a caldo", e cioè il beneficiario committente, deve inserire sia il mezzo che l'operatore nella sua organizzazione aziendale, curando che il primo sia conforme ai requisiti di legge e che il secondo sia stato formato e addestrato all'uso del medesimo. Pertanto la responsabilità per gli infortuni derivanti ai lavoratori destinati alla conduzione di un mezzo noleggiato "a caldo" competerebbe al datore di lavoro degli stessi, titolare dell'impresa locatrice (noleggiante).
Non poteva pertanto incombere al C., che era soltanto "progettista della prova di carico" la sicurezza del lavoratore "noleggiato".
Ca.Fa. censurava la sentenza impugnata per il seguente motivo:
1)nullità per violazione di legge con riferimento all'art. 192 c.p.p. e all'art. 111 Cost.; assenza e contraddittorietà della motivazione. Erroneamente sarebbe stata ritenuta la responsabilità del Ca. in ordine ai reati ascrittigli. Secondo la difesa il Ca., nella sua qualità di direttore dei lavori, aveva affidato con "verbale di consegna" del 16.06.2005 l'incarico di progettare, eseguire ed elaborare le prove di carico al C.. La Corte territoriale non avrebbe quindi dovuto ritenere la responsabilità del Ca., che non aveva più alcun ruolo.
Quindi direttore dei lavori, dopo la "consegna" di cui sopra, sarebbe stato solo il C..
Diritto
I ricorsi sono infondati.
Per quanto attiene a quello proposto da C. si osserva che la sentenza impugnata appare motivata in maniera adeguata e congrua in punto di responsabilità. La Corte di Appello di Brescia ha infatti evidenziato che allo studio C. erano state dall'Anas appaltate la progettazione, esecuzione ed elaborazione delle prove di carico. Il C. pertanto, nella sua qualità di appaltatore aveva provveduto a contattare varie imprese di autotrasporti affinchè gli procurassero gli automezzi con i relativi conducenti per il collaudo del viadotto di cui è causa. Lo studio C. srl Civil Engineering, di cui C.P. era amministratore unico e direttore tecnico, pertanto, essendo impresa appaltatrice, nel momento in cui si apprestava ad espletare l'opera che le era stata commissionata, aveva l'obbligo di adottare sul luogo di lavoro tutte le misure di sicurezza imposte dalla legge a tutela dell'incolumità dei lavoratori, obbligo che incombe al datore di lavoro e su quanti siano preposti alla direzione tecnica dell'azienda e che non può essere annullato da eventuali censure nei confronti di altri soggetti. Il C. rispondeva perciò di sue personali obbligazioni.
Sul punto è pacifica la giurisprudenza di questa Corte (cfr, tra le altre, Cass., Sez.4, Sent. n. 3563 del 18.01.2012, Rv.252672; Sez.4, Sent. n. 37840 dell'1.07.2009, Rv.245275) secondo cui in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sussiste sempre la responsabilità dell'appaltatore.
Non è quindi condivisibile la doglianza difensiva che lamenta il mancato riferimento della sentenza impugnata al D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 che ha attribuito ogni forma di responsabilità al soggetto che beneficia dell'attività da proteggere, consentendogli poi di delegare la propria responsabilità diretta a figure professionali specificamente individuate o individuabili, con ciò escludendo dalla panoramica dei co-obbligati soggetti non ricollegabili a quelli tassativamente indicati. Nella fattispecie che ci occupa infatti nessuna rilevanza ha la circostanza che C. P. non sia stato nominato "Coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera".
Come ben evidenziato sia nella sentenza di primo grado, sia in quella di appello che con la prima costituisce un unico compendio motivazionale, C.P. risponde del reato contestatogli in quanto a lui incombeva, in virtù di uno specifico contratto di appalto, l'obbligo di predisporre non solo la progettazione, ma anche l'organizzazione in fase esecutiva delle prove di carico.
Pertanto egli aveva anche poteri di coordinamento e di direzione nei confronti di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nelle prove di carico.
Assolutamente fuorviante appare poi la doglianza, oggetto del terzo motivo di ricorso, secondo cui, essendo stato stipulato ed eseguito un contratto di "nolo a caldo" (essendo stati messi a disposizione non solo gli automezzi, ma anche gli autisti degli stessi), la responsabilità per gli infortuni derivanti ai lavoratori destinati alla conduzione di un mezzo noleggiato "a caldo" competerebbe al datore di lavoro degli stessi, e cioè al titolare dell'impresa locatrice (noleggiante), e non già a colui che noleggia macchinario e operatore, il quale non ha l'onere di predisporre il P.O.S..
Sul punto i giudici della Corte territoriale hanno osservato che soltanto il C. era in grado di valutare le situazioni di potenziale pericolo in cui potessero trovarsi, a causa delle concrete modalità che lui stesso aveva progettato e stava mettendo in pratica, i soggetti coinvolti nelle prove di carico. La sentenza impugnata ha evidenziato che il C. si era rivolto a molte imprese per la fornitura di automezzi e autisti, ma a ciascuna di queste ben poteva difettare la visione di insieme del progetto e la conseguente complessiva valutazione dei rischi allo stesso inerente.
La prospettata censura a proposito della responsabilità nel caso di "nolo a caldo" non è quindi pertinente, non potendosi "pretendere di addossare esclusivamente al locatore la responsabilità per infortuni occorsi al suo dipendente una volta che questi sia stato impiegato dal locatario con altra forza lavoro da lui diretta, in un'opera dal medesimo organizzata" (cfr, pag. 28 della sentenza impugnata).
Tanto premesso, la Corte territoriale ha evidenziato i profili di colpa della condotta del C. che, per le considerazioni di cui sopra, era titolare di una autonoma posizione di garanzia. Egli infatti non aveva vietato che i conducenti degli automezzi, si trattenessero a bordo degli stessi sull'impalcato, mentre altri vi affluivano, con ciò determinando una grave situazione di pericolo per l'incolumità delle persone che poi sono state travolte dal crollo dell'impalcato.
Nè, secondo i giudici di merito, poteva escludersi il nesso causale tra la condotta del C. e l'evento. Sul punto osservava la sentenza di primo grado che la condotta del C. appariva dissonante dalle regole di buona prassi ingegneristica e comunque priva di ogni elementare ed esigibile regola di prudenza, essendo state le prove di carico espletate prima della completa ultimazione dell'opera, e con l'utilizzo di calcoli non coerenti alla realtà dei lavori incompiuti. Pertanto le prove di carico così concepite ed attuate hanno avuto un effetto concausale e sinergico rispetto al crollo del viadotto in quanto, se le stesse non fossero state effettuate con le modalità di cui sopra, l'evento non si sarebbe verificato.
Infondato è altresì il ricorso proposto da Ca.Fa..
La sentenza impugnata appare infatti motivata in maniera adeguata e congrua in punto di responsabilità nei confronti del Ca. che risponde del reato contestato nella sua qualità di direttore del lavori nominato dall'A.N.A.S. in relazione alle attività di completamento della ss 42 di cui al capo di imputazione, comprensive della prova di carico da eseguirsi sul viadotto. In particolare assolutamente logiche sono le argomentazioni riportate in sentenza con riferimento alla doglianza difensiva riproposta anche in questa sede, secondo cui il Ca. non avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile dal momento che egli aveva affidato con "verbale di consegna" del 16.06.2005 l'incarico di progettare, eseguire ed elaborare le prove di carico al C. e quindi non avrebbe avuto più alcun ruolo. Sul punto i giudici della Corte territoriale hanno evidenziato che, se è vero che il Ca. nella sua qualità di direttore dei lavori aveva affidato l'espletamento delle prove di carico a un professionista esterno (il C.), purtuttavia aveva mantenuto la sua qualifica di direttore dei lavori anche in relazione all'espletamento delle suddette prove, come poteva desumersi dalle dichiarazioni del capo compartimento ANAS per la regione Lombardia e dal "verbale di consegna" datato 16 giugno 2005, in cui si leggeva che il "Direttore dei Lavori ha designato le procedure della prestazione da eseguirsi e l'ordine da tenersi nell'esecuzione della stessa; ha riscontrato tutte le circostanze di fatto, ha dato le spiegazioni richieste e quelle trovate opportune al Professionista".
Tanto premesso la sentenza impugnata ha evidenziato quale sia l'addebito rivolto al Ca., e cioè "il non avere vigilato affinchè fosse adottata quella misura di elementare prudenza consistente nel curare, prima dell'ingresso sul punto, di ogni nuovo camion, che i conducenti di quelli che l'avevano preceduto si fossero allontanati dal ponte". Il Ca., pertanto, proprio in considerazione della posizione di garanzia da lui ricoperta quale direttore dei lavori, anche in funzione della esecuzione delle prove di carico, doveva dirigere le maestranze durante le prove stesse e provvedere ad allontanarle immediatamente dal viadotto, secondo la buona prassi ingegneristica e la normale prudenza, dopo il posizionamento degli autocarri. Egli quindi avrebbe dovuto essere costantemente presente durante l'espletamento delle prove di carico, nè poteva limitarsi a fare affidamento sulla presenza del C., essendo egli titolare di un'autonoma posizione di garanzia.
I ricorsi devono essere pertanto rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2014