Consiglio di Stato, 01 ottobre 2014, n. 4871 - Equo indennizzo per infermità dipendente da causa di servizio
FattoDiritto
1. L’odierno ricorrente, dipendente dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) di Lecce dal 1956 al 1° giugno 1995 (data in cui veniva collocato in quiescenza con la qualifica di capo area assicurativa), con istanza del 26 febbraio 1997, chiedeva la concessione dell’equo indennizzo per l’infermità "ipoacusia di tipo misto bilaterale, a prevalente componente neurosensoriale, con apprezzabili aspetti presbiacustici", già riconosciuta dipendente da causa di servizio.
La Commissione medica di prima istanza valutava tale infermità nella misura del 15%; poiché il ricorrente non accettava detta valutazione, con domanda in data 14 maggio 1999, egli chiedeva di essere sottoposto a visita medica di appello.
Il Collegio medico di appello, oltre a valutare la menomazione nella misura del 15%, la considerava stabilizzata al minimo indennizzabile già a far data dal gennaio 1988, prendendo come riferimento tale periodo quanto alla normativa applicabile, all’età e alla qualifica.
Di conseguenza il Direttore centrale dell’INAIL, con provvedimento n. 78 del 26 febbraio 2001, decretava la liquidazione di Lire 22.671.061 (pari a € 11.708,63) in favore dell’istante, "tenuto conto che per il calcolo dell’equo indennizzo è stato preso in considerazione lo stipendio annuo complessivo del dirigente generale alla quarta classe di stipendio con 5 scatti, cristallizzato alla data del 30 giugno 1985".
Avverso tale provvedimento veniva proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, che veniva definito con sentenza n. 3624 del 2000, con la quale veniva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito, per essere giurisdizionalmente competente il tribunale ordinario in funzione di giudice del lavoro.
Alla fine di un lungo percorso giudiziario la Corte di cassazione, con sentenza delle Sezioni Unite n. 19342 del 2008, dichiarava la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia de qua, rimettendo le parti dinanzi al tribunale amministrativo.
2. Il ricorso veniva riassunto e deciso con la sentenza qui impugnata, che ha accolto in parte le richieste del ricorrente.
Il giudice di primo grado ha disatteso la pretesa del ricorrente di veder applicata alla fattispecie la normativa in vigore al momento della presentazione della domanda (nella specie inoltrata, in prima istanza, il 26 febbraio 1997 e, in appello, il 14 maggio 1999), ossia quella contenuta nel regolamento organico del personale del 1992 e nell’art. 22, comma 27, della legge n. 724 del 1994.
Il ricorrente sostiene che la retribuzione da porre a base della liquidazione avrebbe dovuto essere quella percepita alla data degli accertamenti del Collegio medico di appello (10 gennaio 2001).
La sentenza ha affermato che è pacifico in giurisprudenza il principio secondo cui il diritto all’equo indennizzo nasce quando si verifica la stabilizzazione della patologia lamentata dal dipendente, con la conseguenza che la normativa applicabile al procedimento di liquidazione è quella vigente a tale data (Cons. Stato, Sez. V, 29 marzo 2006, n. 1597).
Nella specie, essendo stato accertato dal Collegio medico di appello che la menomazione doveva considerarsi stabilizzata già nel gennaio del 1988, correttamente l’Amministrazione ha individuato la normativa di riferimento nel regolamento organico del personale (R.O.P.) dell’INAIL approvato nel 1978 e vigente alla data di stabilizzazione della patologia di che trattasi.
Non altrettanto corretta, invece, è l’individuazione della retribuzione su cui applicare i coefficienti di liquidazione operata dall’INAIL.
Posto, infatti, che la normativa da tenere in considerazione è il R.O.P. approvato nel 1978, quest’ultimo, all’art. 45 stabilisce che "l’equo indennizzo è fissato ... sulla base della retribuzione prevista dalle norme vigenti alla data del provvedimento di liquidazione", mentre "l’età e la qualifica alle quali si ha riguardo ai fini della liquidazione stessa sono quelle che l’impiegato aveva al momento dell’evento dannoso".
Il provvedimento impugnato, pertanto, è illegittimo nella parte in cui ha preso in considerazione, per il calcolo dell’equo indennizzo, "lo stipendio annuo complessivo del dirigente generale alla quarta classe di stipendio con 5 scatti, cristallizzato alla data del 30 giugno 1985", poiché l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto della diversa base di calcolo scaturente dalla retribuzione percepita dai dipendenti di pari qualifica alla data del provvedimento di liquidazione (nella specie, 28 marzo 2001) e non, come affermato dal ricorrente, quella percepita dal dott. C. alla data degli accertamenti del Collegio Medico di Appello (10 gennaio 2001).
In proposito va precisato che, trattandosi nel caso in esame di un dipendente non più in servizio dal 1° giugno 1995 (quindi prima dell’avvenuta liquidazione), la retribuzione di riferimento non è lo stipendio goduto all’atto del collocamento a riposo (come pure affermato dal ricorrente), bensì quello vigente all’atto della liquidazione per la qualifica corrispondente (Cons. Stato, Sez. V, 29 marzo 2006, n. 1597).
Alle medesime conclusioni si perviene anche tenuto conto della seconda censura sollevata dal C., ossia la violazione dell’art. 22, comma 27, della legge n. 724/1994.
Ed invero, poiché la succitata norma non era ancora in vigore alla data di stabilizzazione della patologia di cui è affetto il ricorrente, essa, parimenti al R.O.P. approvato nel 1992, non trova applicazione al caso in esame.
3. La sentenza impugnata ha dichiarato l’obbligo dell’INAIL di procedere ad una nuova liquidazione dell’equo indennizzo, ponendo a base del calcolo la retribuzione prevista alla data del 28 marzo 2001 per i dipendenti della medesima qualifica posseduta dal C. al momento della stabilizzazione della patologia, con calcolo degli interessi dal 28 marzo 2001 sino al soddisfo, sulla eventuale differenza tra quanto già percepito e quanto dovuto.
La sentenza ha precisato, quanto alla rivalutazione monetaria, che essa può spettare dalla stessa data solo nella misura in cui sia eccedente rispetto al credito accessorio per interessi. Trattasi, infatti, di somme per le quali il diritto al pagamento è maturato dopo la data del 31 dicembre 1994, per cui va fatta applicazione della disciplina dettata in materia dalle leggi n. 412 del 1991 e n. 724 del 1994 (Cass., SS.UU., 26 giugno 1996, n. 5895; Cons. Stato, Ad. Plen., 15 giugno 1998, n. 3; Cons. Stato, VI, 29 luglio 2005, n. 4118).
4. Ha proposto ricorso in appello il sig. C. limitatamente alla parte in cui considera applicabile, al procedimento di liquidazione dell’equo indennizzo, la normativa vigente alla data di stabilizzazione della patologia riconosciuta dipendente da causa di servizio (regolamento organico del personale dell’INAIL approvato nel 1978) ovvero alla parte in cui, pur riconoscendo applicabile la normativa r.o.p. 1978, pone come base di calcolo dell’equo indennizzo la retribuzione prevista alla data del 28 marzo 2001 per i dipendenti della IX qualifica funzionale e non la retribuzione prevista alla medesima data per il dirigente generale alla quarta classe di stipendio con 5 scatti.
A sostegno dell’impugnativa ha dedotto: omessa, errata e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; violazione di legge, in particolare dell’art. 22, c. 27, della legge n. 724 del 1994; erroneo presupposto giuridico e illogicità manifesta; eccesso di potere per violazione dell’art. 5 del ROP dell’INAIL approvato con deliberazione consiliare del 29 luglio 1992.
Il ricorrente ha sottolineato che: "Sussiste un evidente contrasto tra la norma ritenuta applicabile e la base retributiva (rectius stipendiale) da considerare ai fini del corretto calcolo per come individuata in sentenza, a meno che non si voglia calcolare l’equo indennizzo spettante al C. sulla base dello stipendio posseduto dal dirigente generale alla quarta classe di stipendio con 5 scatti alla data del 28 marzo 2001".
Il ricorrente, infine, ha chiesto, in via subordinata, il riconoscimento degli interessi legali e della eventuale rivalutazione monetaria dalla data di stabilizzazione della patologia e non dalla data del 28 marzo 2001.
5. Si è costituito in giudizio l’INAIL, che, per quel che qui interessa, ha richiamato un precedente del Consiglio di Stato (Sezione VI, 4 aprile 2007, n. 1521), relativo ad analoga vicenda, secondo il quale: "È pacifico in giurisprudenza il principio in base al quale il diritto alla liquidazione all’equo indennizzo sorge al momento in cui si è stabilizzata la menomazione dell’integrità fisica del dipendete interessato, con la conseguenza che la disciplina che regolamenta l’istituto è quella a tale epoca vigente.
Nella specie la sentenza appellata ha correttamente individuato la normativa di riferimento nel regolamento organico del personale (r.o.p.) dell’I.N.A.I.L. approvato nel 1978 e vigente alla data del 13 luglio 1981 di stabilizzazione della menomazione sofferta dall’appellato.
L’Amministrazione, quindi, ha correttamente assunto a riferimento le disposizioni di cui al menzionato regolamento.
A diversa conclusione deve, però, pervenirsi quanto all’individuazione della retribuzione sulla quale applicare i coefficienti di liquidazione.
Sul punto stabilisce l’art. 45 del r.o.p. 1978 che "età e qualifica" rilevanti agli effetti del procedimento di liquidazione "sono quelle che il dipendente aveva al momento dell’evento dannoso" mentre il "quantum" dell’equo indennizzo è fissato "sulla base della retribuzione prevista dalle norme vigenti alla data del provvedimento di liquidazione".
L’INAIL ha dedotto altresì di non aver impugnato la sentenza anche perché, servendosi del parametro retributivo indicato dal Consiglio di Stato nella decisione n. 1527 del 2007, e richiesto, in sostanza, dal C., la somma spettante al ricorrente risulta comunque inferiore rispetto a quanto liquidato dall’Istituto con il provvedimento impugnato.
Con il provvedimento impugnato in primo grado era stato riconosciuto al ricorrente la somma di € 11.708,63, mentre applicando i parametri individuati dal Tribunale amministrativo regionale si perviene alla somma di €11.445,05.
6. La vicenda in esame si caratterizza per la circostanza che, ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, è stata assunta, come data di presentazione dell’istanza, il 26 febbraio 1997, successiva al collocamento a riposo del medesimo ricorrente avvenuto il 1° giugno 1995.
Altro dato rilevante, dedotto dall’ente appellato e non contestato dal ricorrente, è l’importo determinato dall’INAIL con il provvedimento impugnato (€ 11.708,63), mentre applicando i parametri individuati dal Tribunale amministrativo regionale si perviene alla somma di €11.445,05, inferiore a quella liquidata.
7. Il Collegio ritiene di dover confermare quanto già deciso con la pronuncia di questa Sezione 4 aprile 2007, n. 1521, in precedenza richiamata.
8. Il Collegio osserva poi che i principi giurisprudenziali che, ratione temporis, ritengono applicabile la normativa vigente al momento della stabilizzazione della menomazione dell’integrità fisica, in assenza di specifica disciplina al riguardo, subiscono necessariamente una deroga allorquando, come nel caso in esame, nel corso dell’arco temporale ricompreso tra l’insorgere della malattia e il momento della liquidazione sia intervenuto una diverso assetto del personale dipendente, con il passaggio dalle carriere alle qualifiche funzionali.
Ciò comporta il rigetto della domanda, formulata in via subordinata, di utilizzazione dello stipendio ancorato al grado di dirigente generale alla quarta classe di stipendio perché sostituito da nuove tabelle retributive.
In ogni caso è il medesimo ricorrente a dichiarare nell’atto di appello di essere stato collocato a riposo con la qualifica di capo area assicurativa appartenente alla IX qualifica funzionale cosicché la circostanza può ritenersi acquisita con il consenso delle parti.
9. Il ricorrente sostiene che, ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, debba farsi riferimento alla data di presentazione della domanda perché per ottenere tale beneficio è indispensabile presentare una domanda.
A tal fine richiama il comma 27 della legge 23 dicembre 1994, n. 724: "Nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, per la determinazione dell’equo indennizzo spettante per la perdita dell’integrità fisica ai sensi dell’articolo 68 del testo unico approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, si considera l’importo dello stipendio tabellare in godimento alla data di presentazione della domanda o dell’avvio del procedimento d’ufficio".
Il successivo comma 30 dispone che: "Le disposizioni di cui ai commi 27, 28 e 29 si applicano per le domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 1995".
10. L’INAIL, a sua volta, richiama il comma 119 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il quale dispone: "Per le domande presentate a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 1997), ai fini della misura dell’equo indennizzo, la tabella 1 allegata al decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686, è sostituita dalla tabella 1 allegata alla presente legge. É abrogato il comma 29 dell’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Per la determinazione dell’equo indennizzo si considera, in ogni caso, lo stipendio tabellare iniziale. Sono esclusi eventuali emolumenti aggiuntivi, ivi compresi quelli spettanti per riconoscimento di anzianità".
11. La censura formulata dal ricorrente è in ogni caso infondata perché, per sua esplicita affermazione la domanda per ottenere il beneficio è stata presentata il 26 febbraio 1997. A tale domanda, successiva al 1° gennaio 2007, non poteva applicarsi la norma invocata (comma 29 dell’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724) perché abrogata dal comma 119 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
12. Il collegio ritiene di poter affermare, in termini generali, che allorquando una parte rivendica benefici di natura economica che richiedono l’applicazione di determinati parametri, essa non può limitarsi a dedurre la violazione delle norme di riferimento, ma deve dimostrare con calcoli appropriati l’interesse all’applicazione della norma che si ritiene violata.
Nel caso di specie il ricorrente è incorso in tale omissione perché non ha dimostrato che la norma vigente al momento della proposizione della domanda (che consentiva di ancorare il computo dell’equo indennizzo alla tabella stipendiale in vigore in quel momento) attribuiva un beneficio maggiore di quello calcolato con i parametri individuati dalla pronuncia impugnata.
Tra le due modalità di calcolo infatti v’è la sostanziale differenza che consiste, nella normativa anteriore, nell’adeguamento della base stipendiale fino all’adozione del provvedimento di liquidazione, adeguamento escluso dalla norma vigente al momento della presentazione della domanda da parte del ricorrente.
13. Il ricorrente, infine, ha chiesto, in via subordinata, il riconoscimento degli interessi legali e della eventuale rivalutazione monetaria dalla data di stabilizzazione della patologia e non dalla data del 28 marzo 2001.
Anche tale richiesta non può trovare accoglimento perché l’adeguamento della base stipendiale fino al momento della liquidazione dell’indennizzo copre sia gli interessi che la svalutazione monetaria.
Riconoscere questi ultimi dalla data di stabilizzazione dell’infermità equivarrebbe a una duplicazione del beneficio.
14. In conclusione il ricorso va respinto, fermo restando che il provvedimento impugnato in primo grado, in esecuzione della sentenza appellata, non potrà essere modificato in peius.
15. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.