Cassazione Penale, Sez. 4, 13 novembre 2014, n. 47018 - Rottura di un pannello di vetro e mancanza di polsiere: esclusione della condotta abnorme della lavoratrice
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere -
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.A. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 95/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del 14/02/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DELEHAYE Enrico che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. O. Giovanni del foro di Pesaro difensore di fiducia del ricorrente il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso.
Fatto
1. V.A., unitamente al suo difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa in data 14.2.2013 dalla Corte di appello di Ancona con la quale veniva confermata la sentenza del Tribunale di Pesaro in data 1.3.2011 che aveva condannato il predetto imputato, in qualità di amministratore unico della "J. s.p.a.", alla pena di un anno di reclusione e al risarcimento del danno in favore della parte civile liquidato nella misura di Euro 12.000 con provvisionale di Euro 3.000, oltre spese per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro D.Lgs. n. 626 del 1994, (art. 4, comma 2, lett. b) e comma 5, lett. d: omessa individuazione di idonei mezzi di protezione individuali e di fornitura ai lavoratori addetti al reparto di bordatura, dei predetti mezzi necessari contro il rischio di taglio, cioè polsiere) in danno della dipendente G.A.. Questa, mentre era impegnata nella movimentazione manuale di un pannello di vetro del peso di 3 kg. delle dimensioni di cm. 170 x 40, per trasferirlo dal reparto bordatura nella zona degli scarti di lavorazione in quanto infranto, nell'appoggiarlo in posizione verticale su altri pannelli collocati in detta zona, in seguito all'improvvisa rottura e conseguente distacco della parte superiore del pannello movimentato, veniva colpita ai polsi - privi, peraltro, di qualsiasi dispositivo di protezione, in particolare di polsiera - da tale spezzone di vetro riportando un trauma contusivo al polso sinistro con ferita da taglio lacero contusa.
2. Il ricorrente deduce il vizio motivazionale e l'errata applicazione della richiamata normativa antinfortunistica.
Assume che il vetro in questione era assolutamente integro e non già "fallato" e, come tale, avrebbe dovuto essere maneggiato con appositi guanti che la lavoratrice aveva omesso d'indossare, sicchè la rottura del vetro si era verificata per un caso fortuito con l'eventuale concausa del comportamento della lavoratrice. Si duole, in subordine, dell'eccessività della pena inflitta, e della mancata concessione delle attenuanti generiche con contenimento della sanzione in misura tale da poter usufruire della conversione in pena pecuniaria.
Diritto
3. Il ricorso è infondato, ai limiti dell'inammissibilità.
4. Invero, è palese la sostanziale aspecificità delle censure che hanno riproposto in questa sede le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile, laddove ha escluso l'occasionalità dell'incidente e l'abnormità del comportamento della lavoratrice, richiamando note pronunce sul punto di questa Corte di legittimità.
Del resto, il controllo di legittimità operato da questa Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ma è finalizzato a verificare, laddove il ricorrente proponga una diversa ricostruzione di tali fatti, come nel caso di specie, se le argomentazioni poste dal giudice di merito a fondamento della propria decisione siano compatibili con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: e a tanto ha esaustivamente ottemperato il giudice a quo laddove ha puntualmente argomentato in relazione alle analoghe doglianze rappresentate in sede di appello dagli imputati.
La decisione gravata appare del tutto corretta siccome adottata in piena aderenza a quello che, per assunto pacifico, è il contenuto precettivo dell'art. 2087 c.c.. Come è noto, in forza della disposizione generale di cui all'art. 2087 c.c. e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p., comma 2.
Ne consegue che il datore di lavoro, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando altresì a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'opera.
In altri termini, il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087 c.c., in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all'obbligo di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall'art. 40 c.p., comma 2 (v., tra le tante, Cass. pen. Sez. 4, n. 46820 del 26.10.2011, Rv. 252139).
Nel caso di specie, è stato evidenziato come non solo il datore di lavoro non abbia fornito alla lavoratrice le polsiere, ma non aveva nemmeno preteso e controllato che la medesima, nell'espletamento dei suoi compiti, facesse uso dei guanti che coprivano anche i polsi, benchè presenti in azienda.
Invero, la responsabilità del datore di lavoro per l'incidente accorso al lavoratore può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un contegno eccezionale od abnorme del lavoratore medesimo, esorbitante, cioè, rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute e come tale, dunque, del tutto imprevedibile (Cass. pen. Sez. 4, 17.2.2009, n. 15009, Rv. 243208): e tale condotta imprevedibile della lavoratrice è stata correttamente esclusa dal giudice di merito con giudizio a lui riservato e pertanto insindacabile in questa sede di legittimità, laddove ha anche evidenziato che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcun effetto esimente per i soggetti aventi l'obbligo di garantire la sicurezza e che si siano resi responsabili di violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica (v. da ultimo: Cass. pen. Sez. 4, n. 10121 del 23.10.2007, Rv. 236109).
6. Congrua e corretta si ritiene anche la motivazione addotta in ordine al trattamento sanzionatorio e, segnatamente, al diniego delle attenuanti generiche, benchè tali punti non siano stati oggetto di specifici motivi di appello con conseguente irrevocabilità già della sentenza di primo grado al riguardo.
7. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2014