- Datore di Lavoro
- Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
- Lavoratore
Responsabilità di un legale rappresentante e di un lavoratore per la morte di un lavoratore nel corso di lavori di taglio boschivo:
In particolare, non adottava tutte le misure previste dalla normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro come necessarie e idonee a prevenire tali infortuni; non predisponeva un idoneo sistema di prevenzione e protezione in relazione al rischio di caduta di alberi, rischio specifico e altamente probabile in considerazione dell'attività svolta.
2) R.A., quale lavoratore addetto al taglio degli alberi nella ditta di C. F., nella violazione della normativa in materia di prevenzione sul lavoro e precisamente del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5, D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 6, 8, 11, che impongono a ciascun lavoratore l'obbligo di prendersi cura della salute propria e di tutte le persone che si trovano sul posto di lavoro e di osservare tutte le misure poste dalla normativa e dal datore di lavoro a tutela della sicurezza individuale e collettiva, e comunque, per negligenza, imprudenza e imperizia, non approntava tutte le misure idonee a evitare il verificarsi di infortuni ai danni degli altri lavoratori (in particolare, non delimitava accuratamente la zona di taglio e non verificava con assoluta certezza l'assenza di persone nella predetta zona immediatamente prima di effettuare il taglio dell'albero). La Corte rigetta i ricorsi di entrambi affermando:
"Come ha pure correttamente argomentato la Corte territoriale, il datore di lavoro deve comunque porre in essere tutti i mezzi a disposizione a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, e l'assoluta mancanza di ogni misura di sicurezza pur in presenza di una situazione di rischio specifico di caduta di alberi, rende conseguentemente responsabile il datore di lavoro che, si ripete, come dettagliatamente argomentato in entrambe le pronunce di merito, non ha provveduto ad alcuna misura di sicurezza nè visiva, nè acustica, atta ad evitare l'incidente.
Anche l'evidente concorso di colpa del R., altro dipendente presente sul posto e che ha materialmente eseguito il taglio dell'albero che ha causato l'evento, non può certo esimere il C. dalla propria responsabilità."
"Le raccomandazioni all'amico vittima dello sfortunato incidente non esimono certo l'attuale ricorrente dalle responsabilità nel non avere posto in essere alcun mezzo di prevenzione quale, ad esempio, una segnalazione acustica o un transennamento, che avrebbero potuto impedire l'avvicinarsi della vittima nel raggio di caduta dell'albero."
Vd. oggi D.Lgs. n. 81/08, artt. 15 e ss.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LICARI Carlo - Presidente -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) C.F. N. IL (OMISSIS);
2) R.A. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 29/10/2007 CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Udito il difensore Avv. LOCCO Franco che si associa alla richiesta del P.G..
Fatto
Con sentenza del 19/12/2005 il Tribunale di Cosenza ha dichiarato C.F. e R.A. responsabili del reato di cui all'art. 589 c.p., commi 1 e 2 perchè, per colpa specifica e, comunque, per negligenza, imprudenza e imperizia, cagionavano la morte del lavoratore G.M. nel corso dei lavori di taglio boschivo in località (OMISSIS).
Colpa consistita, per C.F., nella sua qualità di legale rappresentante e quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione della omonima ditta che eseguiva i lavori di taglio boschivo nella predetta località, nella violazione della normativa in materia, di prevenzione sul lavoro e precisamente del
D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 3,
4 e
art. 35,
D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 4,
8,
11.
In particolare, non adottava tutte le misure previste dalla normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro come necessarie e idonee a prevenire tali infortuni; non predisponeva un idoneo sistema di prevenzione e protezione in relazione al rischio di caduta di alberi, rischio specifico e altamente probabile in considerazione dell'attività svolta.
E comunque per negligenza, imprudenza e imperizia, non predisponeva e non verificava che venissero adottate tutte le misure di prevenzione adeguate per prevenire i rischi connessi all'attività di taglio; per R.A., quale lavoratore addetto al taglio degli alberi nella ditta di C. F., nella violazione della normativa in materia di prevenzione sul lavoro e precisamente del
D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5,
D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 6,
8,
11, che impongono a ciascun lavoratore l'obbligo di prendersi cura della salute propria e di tutte le persone che si trovano sul posto di lavoro e di osservare tutte le misure poste dalla normativa e dal datore di lavoro a tutela della sicurezza individuale e collettiva, e comunque, per negligenza, imprudenza e imperizia, non approntava tutte le misure idonee a evitare il verificarsi di infortuni ai danni degli altri lavoratori (in particolare, non delimitava accuratamente la zona di taglio e non verificava con assoluta certezza l'assenza di persone nella predetta zona immediatamente prima di effettuare il taglio dell'albero), e, riconosciute prevalenti le attenuanti generiche, ha condannato il C. alla pena di mesi nove di reclusione ed il R. alla pena di mesi sei di reclusione, con il beneficio della sospensione della pena per il R..
A seguito di appello degli imputati la Corte d'Appello di Catanzaro, per quanto rileva in questa sede, ha ridotto la pena inflitta al C. a mesi otto di reclusione, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
Entrambi gli imputati propongono ricorso per cassazione.
Il C. lamenta violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e) in relazione all'art. 192 c.p.p. e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), art. 125 c.p.p., comma 3, ed ancora in relazione agli artt. 40-43 e 589 c.p. ed al
D.Lgs. 626 del 1994 ed al
D.P.R. n. 547 del 1955.
In particolare, il ricorrente lamenta che la sentenza della Corte d'Appello ha travisato i fatti emersi dall'istruttoria con una valutazione incongrua e contraddittoria della propria condizione e posizione. Dall'istruttoria è emerso che era stato regolarmente redatto un piano antinfortunistico e che i lavoratori erano stati tutti istruiti, formati ed informati sulla sicurezza sul lavoro.
La segnaletica è finalizzata solo ad evitare pericoli per i terzi; la zona interessata al taglio degli alberi era stata debitamente recintata, per cui nessun addebito di colpa poteva essere mosso al C., il comportamento del C. non ha dunque avuto alcuna incidenza nella determinazione dell'evento, in quanto nessuna omissione è stata riscontrata nel sistema di sicurezza sul lavoro.
Il R. ripete quanto sostenuto nell'atto di appello, lamentando che il datore di lavoro si è limitato ad un generico richiamo alla prudenza;per cui non può essere addebitato al lavoratore di non essersi preso cura di altre persone sul luogo di lavoro, in quanto il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5 prevede tale obbligo conformemente alla formazione del lavoratore ed alla istruzione ed ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
Il R. ha inoltre sempre dichiarato di avere prestato la massima attenzione al momento del taglio degli alberi, ed anche nel caso dello sfortunato incidente si era raccomandato con la vittima di allontanarsi e porsi al sicuro, in modo da non potersi escludere che l'incidente sia stato determinato dalla stessa vittima che si trovava in labili condizioni psichiche tanto da assumere antidepressivi;
resta quindi almeno il dubbio sulla colpevolezza del lavoratore da cui l'illogicità della motivazione.
Diritto
I ricorsi non sono fondati e vanno conseguentemente rigettati.
Il motivo di ricorso proposto dal C. sostanzialmente riproduce quanto dedotto con i motivi di appello nel secondo grado di giudizio, riguardo al profilo di colpa addebitato.
La Corte territoriale ha puntualmente motivato l'infondatezza del motivo di gravame, ora riproposto in sede di legittimità.
In particolare ha precisato che la predisposizione del piano antinfortunistico non era formalmente corretto, ed ha correttamente considerato che l'omessa indicazione, nel capo di imputazione, di specifici profili di colpa, non pone nel nulla la generica contestazione di colpa che pone l'imputato nelle condizioni di difendersi su ogni addebito, con la conseguente possibilità di rilevare nella motivazione dell'affermazione di responsabilità elementi di colpa non indicati nell'imputazione.
La sentenza impugnata ha congruamente indicato i mezzi di prova a carico dell'attuale ricorrente,facendo riferimento alle deposizioni testimoniali assunte ed ai rilievi operati dalla polizia giudiziaria.
Come ha pure correttamente argomentato la Corte territoriale, il datore di lavoro deve comunque porre in essere tutti i mezzi a disposizione a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, e l'assoluta mancanza di ogni misura di sicurezza pur in presenza di una situazione di rischio specifico di caduta di alberi, rende conseguentemente responsabile il datore di lavoro che, si ripete, come dettagliatamente argomentato in entrambe le pronunce di merito, non ha provveduto ad alcuna misura di sicurezza nè visiva, nè acustica, atta ad evitare l'incidente.
Anche l'evidente concorso di colpa del R., altro dipendente presente sul posto e che ha materialmente eseguito il taglio dell'albero che ha causato l'evento, non può certo esimere il C. dalla propria responsabilità.
Evidentemente infondato è pure il motivo di ricorso del R. che ripete le doglianza contenute nei motivi di appello e già rigettata, dal giudice di appello con motivazione logica, aderente alle risultanze istruttorie, e con motivazioni giuridiche non emendabili in questa sede.
Le raccomandazioni all'amico vittima dello sfortunato incidente non esimono certo l'attuale ricorrente dalle responsabilità nel non avere posto in essere alcun mezzo di prevenzione quale, ad esempio, una segnalazione acustica o un transennamento, che avrebbero potuto impedire l'avvicinarsi della vittima nel raggio di caduta dell'albero.
Anche per la posizione del R. valgono le considerazioni svolte riguardo alla violazione delle elementari norme di prudenza e di vigilanza, che evidentemente ha determinato l'evento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2008