Cassazione Civile, Sez. Lav., 27 febbraio 2015, n. 3991 - Apprendista idraulico e amianto. Patologia tabellata ma multifattoriale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente -
Dott. VENUTI Pietro - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere -
Dott. DORONZO Adriana - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19482/2009 proposto da:
V.P.D. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE MARCORA 18/20 (Ufficio Legale Centrale del PATRONATO A.C.L.I.), presso lo studio dell'avvocato FAGGIANI Guido, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA Luigi, RAFFAELA FABBI, che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 61/2009 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 04/04/2009 R.G.N. 348/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/12/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;
udito l'Avvocato OTTOLINI TERESA per delega FABBI RAFFAELLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FattoDiritto
1. Il Tribunale di Bergamo ha rigettato la domanda proposta da V.P.D. diretta ad ottenere la condanna dell'INAIL al pagamento in suo favore della rendita ai superstiti in relazione alla morte del marito per adenocarcinoma e l'ha condannata al pagamento delle spese di consulenza tecnica d'ufficio.
1.1. Con sentenza del 4 aprile 2009, la Corte d'appello di Brescia, in parziale accoglimento dell'appello proposto dalla V., ha posto le spese della consulenza tecnica d'ufficio a carico dell'Istituto assicuratore, avendo in primo grado la ricorrente prodotto l'autocertificazione ex art. 152 disp. att. c.p.c., circa la sussistenza del requisito reddituale per usufruire dell'esonero dal pagamento delle spese processuali.
1.2. La Corte ha invece confermato il giudizio espresso dal Tribunale circa il difetto di prova del nesso causale tra il decesso e l'esposizione all'amianto cui era stato sottoposto il lavoratore negli anni 1975 e 1976 quale apprendista idraulico.
2. Contro la sentenza, la V. propone ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, cui resiste l'INAIL con controricorso.
3. Con l'unico motivo di ricorso la V. censura la sentenza "per violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., art. 41 c.p., nonchè del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 3 e 134 e della tabella all. 4 al medesimo D.P.R.", ed assume che il carcinoma del polmone è una malattia tabellata, inclusa nella voce 56 della tabella 4 allegata al D.P.R. n. 1124 del 1965, con la conseguenza che sussiste una presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall'assicurato, con l'ulteriore conseguenza che era onere dell'INAIL provare la diversa eziologia della malattia stessa.
4. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Dalla sentenza impugnata risulta che il marito dell'appellante è deceduto nel (OMISSIS) per un adenocarcinoma polmonare esordito nel (OMISSIS) e diagnosticato nel (OMISSIS). Nella stessa sentenza si da atto che l'esposizione del lavoratore a polveri di amianto risulta provata, e comunque non contestata, per il periodo 1975-1976 per circa un anno, in relazione alle attività di idraulico svolta, attività che comportava la movimentazione e il taglio di pannelli coibentati senza idonea protezione per le vie respiratorie.
4.1. Profili di inammissibilità del ricorso sono da evidenziarsi nella parte in cui la ricorrente addebita alla Corte territoriale di non aver tenuto conto del "sistema tabellare" e delle relative presunzioni legali senza indicare in che termini la relativa questione sia stata posta con il ricorso di primo grado e se la medesima abbia formato oggetto di specifico rilievo in sede di gravame, in assenza di ogni riferimento alla stessa contenuto in sentenza.
4.2. Conseguentemente, non risulta neppure precisato se, nel corso del giudizio di merito, sia stata specificamente invocata dalla ricorrente l'applicazione del sistema tabellare di cui al previgente D.P.R. 13 aprile 1994, n. 336 - n. 56 della relativa tabella - dovendosi, peraltro rilevare che la riferita esposizione ha riguardato un periodo di lavoro ("1975-1976") che non consente una sicura riconducibilità della fattispecie nell'ambito di tale D.P.R. (entrato in vigore il 22 giugno 1994 - G.U. 7 giugno 1994, n. 131).
4.3. E tanto in relazione al principio, ripetutamente enunciato da questa Corte, secondo cui, ai fini della indennizzabilità della malattia professionale, per accertare se si tratti di malattia tabellata, e quindi se l'assicurato possa giovarsi della relativa presunzione di eziologia professionale, occorre far riferimento non alla tabella vigente al momento della decisione, ma a quella vigente all'epoca di esposizione a rischio (Cass. 24 aprile 1999, n. 4107; id. 10 giugno 1999 n. 5716; cfr. anche Cass. 12 ottobre 1987, n. 7548 e Cass. 28 novembre 1992, n. 12740; Cass., 6 maggio 2014, n. 9688).
5. Il motivo è in ogni caso infondato non essendo ravvisabile l'errore di diritto addebitato al giudice del merito, atteso che la giurisprudenza di legittimità, in punto di nesso di causalità nelle malattie multifattoriali, contrariamente all'assunto della ricorrente, è costante nel ritenere che la presunzione legale circa la eziologia professionale delle malattie contratte nell'esercizio delle lavorazioni morbigene investe soltanto il nesso tra la malattia tabellata e le relative cause morbigene (anch'esse tabellate) e non può esplicare la sua efficacia nell'ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale (nella specie: carcinoma) in cui il nesso di causalità non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di concreta e specifica dimostrazione - quanto meno in via di probabilità - in relazione alla concreta esposizione al rischio ambientale e alla sua idoneità causale alla determinazione dell'evento morboso (cfr. ex multis Cass., 18 settembre 2013, n. 21360; Cass. 13 luglio 2011, n. 15400; Cass., 27 marzo 2003, n. 4665; 4 giugno 2002, n. 8108; Cass., 2 settembre 1995, n. 9277).
5.1. Correttamente, dunque, la Corte territoriale, in presenza di una patologia (anche in ipotesi) tabellata ma multifattoriale ha verificato la sussistenza di un'adeguata probabilità sul piano scientifico della sua eziologia professionale e l'ha, in concreto, esclusa.
5.2. In realtà, il motivo è da disattendersi perchè, in sostanza, sollecita una nuova lettura delle risultanze probatorie e, in particolare, della consulenza tecnica d'ufficio disposta nel corso del giudizio di primo grado (che peraltro non risulta neppure trascritta nel suo contenuto, quantomeno nelle parti essenziali a reggere le censure), operazione preclusa in sede di legittimità.
5.5. Infatti, per costante insegnamento di questa S.C., in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell'assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi.
5.4. Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. 3 febbraio 2012, n. 1652; Cass., 12 gennaio 2011, n. 569; Cass., 8 novembre 2010, n. 22707; Cass., 29 aprile 2009, n. 9988).
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Infine nulla va disposto per le spese processuali, in base al testo dell'art. 152 disp. att. c.p.c., come sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, conv. con mod. con L. n. 326 del 2003, attesa la dichiarazione sulle condizioni reddituali richiamata in ricorso e depositata unitamente ad esso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2015