Cassazione Penale, Sez. 4, 29 gennaio 2015, n. 4365 - Ponteggio non adeguatamente fissato. Appalto e responsabilità
nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili, ai quali certamente accede quello nel quale si verificò l'infortunio, il committente è colui per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione così il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 2 al quale occorre fare riferimento ratione temporis, ed ora il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, lett. b). Non vi è pertanto dubbio alcuno sul fatto che al B., nell'occasione, compete la qualità di committente, quale soggetto al quale fa capo l'interesse alla realizzazione dell'opera, ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996.
Il committente è titolare "ex lege" di una posizione di garanzia che integra, ed interagisce con, quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti etc.) e, salva l'ipotesi di nomina di un responsabile dei lavori, egli resta esonerato da responsabilità per l'infortunio che si sia verificato solo quando questo non sia riconducibile alla violazione di uno degli obblighi che la legislazione gli pone in capo (cfr. D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90) e sempre che egli non si sia ingerito nell'attività dell'appaltatore o del lavoratore autonomo: al proposito si è affermato che il contratto d'appalto determina il trasferimento dal committente all'appaltatore della responsabilità nell'esecuzione dei lavori, salvo che lo stesso committente assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, nel qual caso anch'egli rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore (Sez. 4, n. 38824 del 17/09/2008 - dep. 14/10/2008, Raso e altri, Rv. 241063).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 7320/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 09/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Zottola Armando che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha riformato quella emessa dal Tribunale del capoluogo campano nei confronti di V.S. e di B.A. pronunciando, sull'appello del Procuratore generale, della parte civile e dell'imputato V., dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di entrambi gli imputati in ordine al reato loro ascritto per essere estinto per prescrizione ed altresì condannando il B. al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.
2. All'esito del giudizio di primo grado, il V. era stato condannato per le lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica e dalla durata della malattia derivata, in relazione all'infortunio occorso il (OMISSIS) al lavoratore A.A.. Secondo l'accertamento compiuto nel grado di merito, l' A. aveva ricevuto dal B., proprietario della struttura alberghiera ove erano già in corso lavori di ristrutturazione da parte dell'impresa V., l'incarico di eseguire ed apporre alcune pensiline sulle pareti dello stabile.
Nell'eseguire il montaggio delle pensiline l' A. era salito su un ponteggio non adeguatamente fissato e da questo era precipitato riportando lesioni personali.
Per il primo giudice il fatto doveva ascriversi al solo V., il quale aveva realizzato, sia pure su incarico del B., la grossolana impalcatura poi crollata. Il B. era stato ritenuto privo di responsabilità sia perchè carente di cognizioni tecniche circa il montaggio del ponteggio, sia perchè non si era ingerito nell'opera dell'appaltatore al quale, anzi, aveva chiesto di soprassedere nel montaggio dell'impalcatura se fossero insorte difficoltà.
3. La Corte d'appello, per contro, ha giudicato anche il B. responsabile dell'infortunio subito dall' A. perchè in qualità di committente aveva dato al V. l'incarico di individuare un fabbro per la realizzazione ed il montaggio delle pensiline in ferro e nell'esecuzione del montaggio del ponteggio il V. si era conformato alle precise direttive impartitegli dal B., il quale aveva espressamente richiesto che l'impalcatura non ostruisse l'ingresso al garage. Pertanto il B. si era di fatto ingerito nell'attività del lavoratore fornendo un'attrezzatura inadeguata, aveva dettato precise istruzioni al V. in merito alla predisposizione del ponteggio, prescrivendo che l'impalcatura non fosse montata con i piedi a terra a causa della necessità di mantenere aperto il cancello per il passaggio dei clienti ed era stato in grado di accorgersi dell'inadeguatezza della struttura, non richiedendo ciò particolari indagini.
4. Avverso tale decisione ricorre per cassazione B.A. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Omissis.
Con tre motivi deduce violazione di legge in relazione all'art. 129 cod. proc. pen. e alle norme, non meglio precisate, del D.Lgs. n. 626 del 1994, del D.Lgs. n. 81 del 2008 (del quale però si evoca l'art. 26) e del D.P.R. n. 164 del 1956, in quanto la Corte di Appello non ha confermato la sentenza di assoluzione nonostante risultasse evidente che il B. non aveva commesso il fatto, non avendo questi incaricato l' A. di eseguire il lavoro nè fatto installare il ponteggio in parola ed anzi avendo dato istruzione di non montare l'impalcatura. Il B. non è da identificarsi nel datore di lavoro committente, tale essendo il V. e non si ingerì nei lavori e segnatamente nella decisione relativa all'installazione e alle modalità di montaggio dell'impalcatura.
Diritto
5. Il ricorso è infondato.
5.1. Per la massima parte esso svolge reiterate affermazioni in ordine a circostanze di fatto (l'essere stato il V. a commissionare all' A. i lavori; l'essere rimasto il B. estraneo alla installazione dell'impalcatura, salvo, dare ordine di soprassedere alla stessa), lamentando che esse non siano state ritenute dalla Corte di Appello, senza tuttavia neppure indicare quale sarebbe stato il vizio che avrebbe condotto il giudice di secondo grado alla erronea conclusione. Solo formalmente, quindi, il ricorso prospetta violazioni di legge.
Orbene, vale ricordare che compito di questa Corte non è quello di ripetere l'esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l'incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di merito; incompiutezza che derivi dalla presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell'equilibrio della decisione impugnata, oppure dall'aver assunto dati inconciliabili con "atti del processo", specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del 20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del 05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).
5.2. Calando tali premesse nel caso che occupa, si rileva che la Corte di Appello ha affermato che il B. chiese al V. di individuare un fabbro al quale affidare l'incarico di realizzare ed installare delle pensiline in ferro; nè vi è dubbio che al B. facesse capo l'interesse all'esecuzione dell'opera. Tali circostanze di fatto non possono essere ignorate o superate da questa Corte.
Orbene, partendo da tale presupposto fattuale occorre rammentare che nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili, ai quali certamente accede quello nel quale si verificò l'infortunio, il committente è colui per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione così il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 2 al quale occorre fare riferimento ratione temporis, ed ora il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, lett. b). Non vi è pertanto dubbio alcuno sul fatto che al B., nell'occasione, compete la qualità di committente, quale soggetto al quale fa capo l'interesse alla realizzazione dell'opera, ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996.
Il committente è titolare "ex lege" di una posizione di garanzia che integra, ed interagisce con, quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti etc.) e, salva l'ipotesi di nomina di un responsabile dei lavori, egli resta esonerato da responsabilità per l'infortunio che si sia verificato solo quando questo non sia riconducibile alla violazione di uno degli obblighi che la legislazione gli pone in capo (cfr. D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90) e sempre che egli non si sia ingerito nell'attività dell'appaltatore o del lavoratore autonomo: al proposito si è affermato che il contratto d'appalto determina il trasferimento dal committente all'appaltatore della responsabilità nell'esecuzione dei lavori, salvo che lo stesso committente assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, nel qual caso anch'egli rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore (Sez. 4, n. 38824 del 17/09/2008 - dep. 14/10/2008, Raso e altri, Rv. 241063).
Ne consegue che la motivazione resa dalla Corte di Appello, che ha fatto discendere la responsabilità del B. dal suo concreto ingerirsi nella installazione dell'impalcatura, rispetto alla quale egli diede disposizioni che furono alla base della sua precarietà (affermazione che attiene al merito e che non può essere quindi ribaltata da questa Corte), è del tutto in linea con i principi appena rammentati; e si sottrae quindi a censure sollevabili in questa sede.
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2015