Cassazione Penale, Sez. 3, 19 maggio 2015, n. 20550 - Ponteggio irregolare e assenza di DPI: responsabilità del datore di lavoro
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA Relatore: GRAZIOSI CHIARA Data Udienza: 16/04/2015
Fatto
1. Con sentenza del 24 settembre 2013 il Tribunale di Pisa ha condannato DP.G. alla pena di € 6500 di ammenda per il reato di cui agli articoli 100, comma 3, e 159, comma 2, lettera a), d.lgs. 81/2008 per avere omesso, quale datore di lavoro in un cantiere edile, di attuare quanto previsto nel Piano Operativo di Sicurezza e nel Piano di Sicurezza e Coordinamento quanto alle misure di prevenzione e alle procedure operative da attuare per le lavorazioni di muratura interna ed esterna (capo A), e per il reato di cui agli articoli 18, comma 1, lettera d), e 55, comma 5, lettera d), d.lgs. 81/2008 per avere omesso, quale datore di lavoro in un cantiere, di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale (capo B).
2. Ha presentato ricorso il difensore, ex articolo 606, primo comma, lettere b) ed e), c.p.p., per avere il Tribunale ritenuto inattendibile una deposizione decisiva assunta nel dibattimento da parte del teste DP.G. e di essere quindi pervenuto ad affermare la penale responsabilità dell'imputato mediante una motivazione carente, contraddittoria e manifestamente illogica.
Diritto
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Nell'unico motivo, lamenta il ricorrente che il giudice di merito non abbia fondato il suo accertamento sulle dichiarazioni del teste DP., il quale si era attribuito la mancanza di protezione ("Io, l'ho tolta io la stecca per lavorare meglio", "È stata una iniziativa mia"), secondo il ricorrente "probabilmente" per "velocizzare il lavoro che stava compiendo"; e solo dove l'operaio stava lavorando il ponteggio non avrebbe avuto protezioni interne. Irragionevole sarebbe stato, dunque, estendere il dovere di vigilanza del datore di lavoro "fino all'accertamento costante del rispetto, da parte dei lavoratori, delle disposizioni in termini di sicurezza sul lavoro"; e d'altronde, nella motivazione offerta, il giudice non illustrerebbe per quali ragioni il suddetto teste sarebbe del tutto inattendibile, risultando "assolutamente insufficiente il riferimento alla mera difformità delle dichiarazioni rese dal suddetto teste rispetto a quanto affermato dall'ing. C.", come pure la conferma da parte del lavoratore della fotografia n.5.
È evidente che, pur formalmente come vizio motivazionale, il ricorrente adduce una questione di fatto, ovvero la sua non condivisione della valutazione del giudice sulla inattendibilità del teste DP.M., perseguendo inammissibilmente una verifica di merito dal giudice di legittimità. D'altronde, la motivazione della sentenza non patisce alcun vizio riconducibile all'articolo 606, primo comma, lettera e), c.p.p., essendo congrua ed esente da manifeste illogicità nella ricostruzione dei fatti. Analizza invero adeguatamente il giudice di merito il compendio probatorio, riportando dettagliatamente le dichiarazioni del teste C.A., in servizio presso la Usl 5 di Pisa, che aveva effettuato un sopralluogo nel cantiere e constatato che il ponteggio distava 45 cm dall'edificio, laddove la legge prevede 20 cm (si osserva per inciso che una tale distanza del ponteggio - che lo rendeva ictu oculi pericoloso - non poteva certo essere attribuita ad una contingente iniziativa di un solo operaio come DP.M. per accelerare i lavori), che in un tratto era privo di parapetto e di fermapiedi per esigenze della lavorazione che stavano effettuando gli operai e che questi, in siffatta situazione, avrebbero dovuto essere dotati di imbracatura di sicurezza contro il rischio di caduta dall'alto, imbracatura di sicurezza che peraltro non avevano. Il teste C., poi, rimarca ancora il Tribunale, aveva dichiarato di avere interrogato specificamente l'imputato sui dispositivi di protezione individuale, senza che questi ne mostrasse alcuno presente in cantiere. Ha altresì evidenziato il giudice di merito che le fotografie acquisite agli atti confermavano la conformazione del ponteggio e l'assenza di imbracatura di chi vi lavorava, dando atto del fatto che proprio il teste DP.M., pur avendo "reiteratamente affermato che il ponteggio è ammontato a circa 15/20 cm dal lato dell'edificio", aveva confermato la fotografia, e deducendo da ciò, del tutto logicamente, l'inattendibilità di quanto dichiarato da lui sul punteggio.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 16 aprile 2015