Cassazione Penale, Sez. 4, 13 gennaio 2015, n. 1282 - Amputazione con una cesoia oleodinamica. Certezza processuale non raggiunta
- Informazione, Formazione, Addestramento
- Lavoratore e Comportamento Abnorme
- Macchina ed Attrezzatura di Lavoro
Fatto
1. Il Tribunale di Brindisi, con sentenza del 3/6/2011, condannò alla pena stimata di giustizia S.M., consigliere delegato della S. s.p.a., e P.N., direttore di stabilimento, per il reato di lesioni personali colpose gravi ai danni di C.F., il quale, in qualità di lavoratore dipendente, utilizzando una cesoia oleodinamica, era andato incontro ad infortunio, che aveva comportato l'amputazione della falange unguale del 3 e del 4 dito della mano destra. In particolare, in relazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 64, 71 e 73, si rimproverava ai due imputati di avere, in cooperazione tra loro, colposamente causato l'incidente avendo impiegato il lavoratore infortunato nell'utilizzo della cesoia oleodinamica, senza che costui avesse la qualifica richiesta, senza informarlo a riguardo del predetto uso, omettendo di controllare e manutenere il macchinario, la cui griglia di protezione dell'apparato di cesoiamento si presentava completamente deformata.
1.1. La Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 22/4/2013, giudicando a seguito dell'impugnazione degli imputati, confermò la statuizione di primo grado.
2. Quest'ultimi proponevano ricorso per cassazione corredato da sei motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo prospettante violazione di legge, vizio motivazionale in questa sede rilevabile e travisamento della prova, i ricorrenti contestano che la macchina, utilizzando la quale l'operaio si era infortunato, fosse complessa e richiedesse specifico ed elettivo addestramento, al contrario, trattavasi di una comune cesoiatrice, che in un'azienda metallurgica di non piccole dimensioni non può che essere di tipo fisso e non di quelle a mano, utilizzabili per piccoli tagli; strumento che, alla bisogna, tutti gli operai utilizzavano. Sul punto la deposizione dei testi R. e P. erano state travisate. Inoltre, fonte di ulteriore travisamento doveva rinvenirsi a riguardo della circostanza (ingiustamente negata) che l'infortunato al momento di essere assunto aveva avuto dal P. specifica informazione su tutti gli strumenti in uso, ivi inclusa la cesoiatrice, siccome constava dal prodotto verbale.
2.2. Con il secondo motivo, denunziante vizi motivazionali e travisamento della prova e violazione dell'art. 192 c.p.p., i ricorrenti escludono che per l'utilizzo della cesoia occorresse impiegare un operaio cesoiatore: l'infortunato era saldatore specializzato di quinto livello, quindi altamente esperto e perito e adoperò la cesoia per il taglio di una lamiera che gli occorreva per lo svolgimento della sua mansione di saldatore.
2.3. Con il successivo motivo i ricorrenti, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale, escludono che l'infortunio fosse dipendente causalmente da un difetto di manutenzione.
Lo stesso C. aveva chiaramente spiegato, narrando la dinamica dell'occorso, che le dita non erano finite sotto la cesoia perchè non adeguatamente protette dalla griglia e, quindi, recise, bensì, per una distrazione del lavoratore medesimo, il quale aveva avviato il movimento del rullo della macchina, azionando il pedale, quando ancora aveva le mani sotto la lamiera, prima di imboccare la bocca del taglio, erano state schiacciate dai pistoncini che trattenevano la lamiera. La circostanza non era affatto ininfluente, siccome erroneamente aveva ritenuto la Corte territoriale, in quanto lo schiacciamento non aveva alcuna dipendenza dalla lieve deformazione della griglia di cui s'è detto. Affermare, come avevano fatto i Giudici di secondo grado, che, comunque sia, l'infortunio era derivato da imperizia del lavoratore non adeguatamente istruito, doveva reputarsi tautologico: il C. era operaio specializzato ed esperto, che aveva ricevuto le necessarie istruzioni; peraltro, il documento sulla sicurezza prevedeva solo il pericolo da taglio, da prevenirsi anche mediante l'uso di guanti e strumenti segregativi degli apparti da taglio, mentre il rischio da schiacciamento per anticipato avvio volontario della macchina, quando ancora le mani sono poste al di sotto della lamiera, non è in alcun modo ipotizzabile, stante che l'unico presidio previsto, costituito dalla pedaliera, dipende dalla volontaria attivazione dell'operaio. "Nel caso di specie è avvenuto esattamente l'imponderabile, ovvero che un lavoratore esperto e formato, per giunta dopo un corretto utilizzo della cesoia (teste T.) ad un certo punto per una distrazione inspiegabile abbia avviato la stessa mentre ancora aveva le dita sotto la lamiera"; sicchè avrebbe dovuto essere esclusa la configurazione della causalità colposa.
2.4. Con il quarto motivo gli imputati assumono che la Corte di Lecce era incorsa in grave vizio motivazionale nell'aver fatto dipendere l'infortunio dall'omesso controllo manutentivo della griglia protettiva dianzi indicata. La griglia in parola, si presentava solo leggermente deformata e, tuttavia, del tutto idonea alla funzione d'impedire il passaggio delle mani nella zona di taglio, mentre l'infortunio era dipeso dallo schiacciamento procurato dai pistoncini d'avanzamento della lamiera.
2.5. Era stata violata la legge nel non essere stato considerato abnorme il comportamento del lavoratore e come tale imprevedibile, in quanto costui, utilizzando il macchinario, non destinato a produzione seriale, inopinatamente aveva azionato con la pedaliera la movimentazione dello stesso, senza prima aver ritirato le mani da sotto la lamiera. Trattavasi, all'evidenza, di un eccesso di distrazione o di sicurezza del tutto inconcepibile in relazione all'attività metallurgica svolta dall'infortunato.
2.6. Il sesto motivo, dedicato esclusivamente alla posizione dell'imputato P., denunzia vizio motivazionale e violazione di legge. Dal certificato della Camera di Commercio, del quale da atto la stessa Corte territoriale, non consta che l'ingegnere P. N. ricopriva la carica di direttore dello stabilimento di Brindisi, trattandosi di un mero impiegato, a dispetto di quanto affermato dal teste L., ispettore S.. La circostanza che costui si fosse proclamato tale nei verbali di dissequestro e rimozione dei sigilli era stata ingiustamente enfatizzata: non si trattava di una attendibile confessione, bensì dell'apposizione di una firma quale atto formale dovuto, rilasciata al fine di rendere immediatamente operativo il dissequestro. In ogni caso, si sarebbe trattato di un mero isolato indizio, non integrante prova.
Diritto
3. Il ricorso, salvo che in ordine alla prospettazione di abnormità della condotta tenuta dal lavoratore infortunato, è fondato. Quanto al profilo qui disatteso basterà osservare che l'affermazione impugnatoria, tenuto conto della dinamica fattuale siccome riportata, confligge irrimediabilmente con la consolidata opinione formatasi in sede di legittimità e condivisa dal Collegio, secondo la quale in tanto il garante per l'incolumità del lavoratore può andare esente da penale responsabilità in quanto l'operato del garantito, per la sua bizzarria, illogicità ed impertinenza, si sia posto al di fuori della sfera di ragionevole prevedibilità e prevenibilità. Il che, nel caso in esame, va sicuramente escluso (può sul punto richiamarsi, fra le ultime, la sentenza di questa Sezione del 28/4/2011, n. 23292, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità - tra le tante, v. Sez. 4^, 10 novembre 2009, n. 7267; Sez. 4^, 17 febbraio 2009, n. 15009; Sez. 4^, 23 maggio 2007, n. 25532 -).
Peraltro, è utile ricordare che la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare reiteratamente l'estrema rarità dell'ipotesi in cui possa configurarsi condotta abnorme anche nello svolgimento proprio dell'attività lavorativa, escludendola tutte le volte in cui il lavoratore commetta imprudenza affidandosi a procedura meno sicura, ma apparentemente più rapida o semplice, che non gli venga efficacemente preclusa dal datore di lavoro (Sez. 4^, n. 952 del 27/11/1996; Sez. 4^, n. 40164 del 3/672004; Sez. 4^, n. 2614/07 del 26/10/2006).
4. In tema di nesso di causalità, il giudizio controfattuale impone di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l'evento, così richiedendo preliminarmente l'accertamento di ciò che è accaduto (c.d. giudizio esplicativo), per il quale occorre che la certezza processuale venga raggiunta (da ultimo, Cass. Sez. 4^, n. 23339 del 31/1/2013, Rv. 256941).
I punti rilevanti a questo fine rimasti in ombra o contraddittoriamente ed illogicamente affrontati sono plurimi e tutti rilevanti.
4.1. La asserita contraddizione del teste P.F. a riguardo dell'addestramento specifico impartito, a suo tempo, alla p.o., sull'uso della cesoiatrice non si misura con il verbale redatto nell'occorso, del quale non viene verificata ed apprezzata l'autenticità e la serietà.
4.2. Nella sentenza impugnata si fa espresso riferimento alla qualifica di cesoiatore, necessaria per l'utilizzo della macchina fonte dell'infortunio, tuttavia non consta essere stata verificata, in uno alla effettiva sussistenza di una tale qualifica, la necessità della stessa per operare su quello strumento e, allo stesso tempo, la non idoneità degli operai, forniti di altra qualifica (ed in particolare dell'infortunato, saldatore di 5^ livello), di far uso del macchinario, sia pure al di fuori di attività seriali.
4.3. Non è rimasto accertato, pur trattandosi di questione decisiva, al fine di delineare la causalità della colpa, se le dita del lavoratore furono tranciate dalla lama o seppure rimasero schiacciate dai pistoncini di trascinamento della lamiera: solo nel primo caso avrebbe potuto avere influenza la deformazione della griglia segregativa e, a seconda dell'ipotesi, mutano i doveri d'informazione e quelli di prevenzione, risultando niente affatto indifferente appurare l'esatta dinamica dell'accaduto.
5. La posizione di garanzia del P., condizione necessaria per la di lui affermazione di penale responsabilità, è stata ricavata dalla circostanza che costui ebbe a sottoscrivere il verbale di restituzione del macchinario posto sotto sequestro, nel quale risultava spesa la qualità di direttore dello stabilimento, nel mentre il predetto non risulta rivestire una tale qualifica dalle trascrizioni di legge. Pur dovendosi escludere che in assenza di corrispondente annotazione presso la competente camera di commercio debba sempre e comunque negarsi che un dato soggetto abbia di fatto svolto una mansione dalla quale discende obbligo di garanzia, non trattandosi, come è ovvio, di annotazioni costitutive, non par dubbio che una simile funzione debba trovare conferme fattuali univoche. Nel caso di specie tale non può dirsi, a mente dell'art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, l'evenienza eccessivamente valorizzata dalla Corte territoriale. Infatti, se, per un verso, dalla mera spendita della qualifica, salvo che la stessa trovi precipuo collegamento in prestazioni funzionali tipiche, non può discendere l'investitura del ruolo, per altro verso sarebbe occorso accertare, sia pure attraverso le emergenze sintomatiche, speli dita effettiva dell'attività. A fronte del silenzio motivazionale sul punto la mera circostanza dell'apposizione della firma su un atto etero - confezionato dall'apparenza liberatoria o dal quale discendono, comunque, effetti favorevoli, non appare soddisfare l'esigenza della convergenza indiziaria di cui detto.
6. Ciò posto, annullata la sentenza impugnata con rinvio, l'approfondimento del vaglio dei punti sopra evidenziati impone, secondo le esigenze di fatto emergenti, se del caso riaprendo l'istruttoria, la verifica di documenti (il verbale di addestramento, la cartella sanitaria, ecc), l'apporto di conoscenze tecniche di settore (sulle qualifiche e sul tipo di macchinario e sulla natura delle lesioni riportate dal lavoratore) e un nuovo e più meditato accertamento probatorio.
P.Q.M.
Annulla con rinvio la impugnata sentenza con trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Lecce per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2015