Cassazione Civile, Sez. Lav., 16 luglio 2015, n. 14962 - Reversibilità della rendita da malattia professionale


 

Presidente: AMOROSO GIOVANNI Relatore: TRIA LUCIA Data pubblicazione: 16/07/2015

Fatto


1.- La sentenza attualmente impugnata respinge l'appello di MG.DF. avverso la sentenza del Tribunale di Enna che, a sua volta, ha rigettato - per carenza del requisito sanitario - la domanda della MG.DF. volta ad ottenere dall'INAIL la riversibilità della rendita da malattia professionale di cui era titolare il defunto marito della ricorrente, A.S., con irripetibilità della spese del giudizio
La Corte d'appello di Caltanissetta, per quel che qui interessa, precisa che:
a) come risulta dalle concordi relazioni dei due CTU nominati, rispettivamente, in primo grado e in appello, dalle cui conclusioni non si ritiene di discostarsi perché logiche e correttamente motivate, tra le patologie per le quali allo A.S. era stata riconosciuta la suddetta rendita (broncopatia ed esiti di frattura del femore sinistro) non è rinvenibile alcun nesso causale diretto o indiretto (concausale) con il decesso;
b) la sentenza appellata va, quindi, confermata e vanno dichiarate irripetibili le spese del giudizio di appello, non trovando applicazione, ratione temporis, il nuovo testo dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., perché il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato il 6 aprile 2000.
2.- Il ricorso di MG.DF. domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo; resiste, con controricorso, l'INAIL, che deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Diritto


I - Sintesi del ricorso
1.— Con l'unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nullità della sentenza per motivazione illogica e contraddittoria, con riguardo al punto in cui la Corte territoriale, facendo proprie le conclusioni del CTU nominato nel giudizio di appello, ha affermato - con motivazione illogica e contraddittoria, perché basata su un errato convincimento -che la causa determinante del decesso dello A.S. è stata una grave neoplasia polmonare, senza considerare che lo A.S. non ha mai sofferto di tale malattia.
II - Esame delle censure
2.- Il motivo di ricorso è inammissibile per plurime concorrenti ragioni.
3.- Dal punto di vista della formulazione delle censure non risulta rispettato il principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione, secondo cui:
a) in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l'acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l'operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l'apprezzamento dell'incidenza causale del difetto di motivazione (vedi, per tutte: Cass. 17 luglio 2014, n. 16368; Cass. 6 settembre 2007, n. 18688; Cass. 7 marzo 2006, n. 4885);
b) peraltro, non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito, sicché per infirmare, sotto il profilo dell'insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d'ufficio già dinanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione e l'omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell'elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 4 maggio 2009, n. 10222; Cass. 6 settembre 2007, n. 18688).
Nella specie, la formulazione delle censure non risulta conforme ai suddetti principi.
4,- A ciò va aggiunto che, anche a volere prescindere dal fatto che l'elemento di cui si chiede inammissibilmente la "rettifica" in questa sede - cioè la patologia che ha causato il decesso dello A.S. - è un elemento di fatto e certamente non può ipotizzarsi rispetto ad un suo eventuale errore di valutazione una nullità della sentenza, né, in generale può ipotizzarsi che un vizio di motivazione possa dare luogo ad una nullità della sentenza, comunque il profilo di inammissibilità principale e assorbente è dato dal fatto che l'impugnazione non tocca la ratio decidendi della ritenuta assenza del requisito sanitario - rappresentata dalla affermata inesistenza del nesso causale e/o concausale tra le patologie da cui era affetto lo A.S. (e per le quali era titolare della rendita in oggetto) e il decesso - e quindi non verte su di un elemento della sentenza impugnata dotato di decisività.
Va, al riguardo, ricordato che perché si possa configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Infatti, l'erroneo o il mancato esame di elementi probatori o di elementi che emergono dalla relazione del CTU può costituire vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia e determinare un vizio di motivazione della sentenza impugnata solo se i dati processuali non esaminati o male esaminati siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, in modo che la ratio decidendi della sentenza venga a trovarsi priva di base (Cass. 28 giugno 2006, n. 14973; Cass. 24 ottobre 2013, n. 24092).
III - Conclusioni
5. In sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio, ai sensi dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 42, comma 11, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, essendo la nuova disciplina applicabile ai soli ricorsi conseguenti a fasi di merito introdotte in epoca posteriore al 2 ottobre 2003, data di entrata in vigore dell'indicato decreto legge (vedi Cass. 30 marzo 2004, n. 6324; Cass. 12 dicembre 2005, n. 27323; Cass. 16 gennaio 2012, n. 452; Cass. 11 ottobre 2012, n. 17349).

P.Q.M.


La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 28 aprile 2015.