Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 luglio 2015, n. 15065 - Infortunio mortale causato dal liquido espulso da una bombola a pressione. Azione di regresso
Presidente: ROSELLI FEDERICO Relatore: ROSELLI FEDERICO Data pubblicazione: 17/07/2015
Fatto
Con sentenza del 24 maggio 2013 la Corte d'appello di Roma, giudicando in sede di rinvio, accoglieva la domanda proposta dall'Inail contro la s.r.l. O. ed il suo amministratore P.D. ed avente ad oggetto la somma chiesta in regresso ex art. 11 d.P.R. 30 giugno 1965 n.1124 e già pagata agli eredi del lavoratore O.C., deceduto in un infortunio sul lavoro.
La Corte riteneva che l'infortunio, causato da liquido espulso da una bombola a pressione con conseguenti lesioni mortali, fosse dovuto a colpa concorrente dell'infortunato nella misura del trenta per cento.
La somma di euro 315.614,16, corrisposta dall'Inail a titolo di rendita e somma capitale, doveva essere pagata in regresso dai due convenuti in giudizio, responsabili in solido.
Contro questa sentenza ricorrono per cassazione in via principale la s.r.l. O. insieme al P.D., e in via incidentale l'Inail. A ciascun ricorso corrisponde un controricorso. Memoria dell'Inail.
Diritto
I due ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell'art.335 cod. proc. civ.
Col primo motivo i ricorrenti principali lamentano la violazione dell'art. 112, secondo comma, d.P.R. n.1124 del 1965, per scadenza della prescrizione annuale del diritto affermato dall'Inail.
Il motivo non è fondato giacché la prescrizione invocata dai ricorrenti riguarda il diritto, spettante all'Istituto, ai contributi già liquidati (Cass.8 ottobre 1994 n.8236, 20 settembre 1990 n.9588, 17 giugno 1988 n.4153), e non il diritto al regresso verso il datore di lavoro.
Con il secondo motivo gli stessi prospettano la violazione degli artt.1227, 2043, 2087, 2104 cod. civ., per non avere la Corte d'appello ritenuto la colpa esclusiva del lavoratore nella determinazione dell'infortunio, ossia nella mancata utilizzazione degli appositi attrezzi per aprire una bombola di liquido compresso.
Col quarto motivo, invocando gli artt. 115, 126, 207 cod. proc. civ., i ricorrenti ripetono sostanzialmente la medesima censura ed aggiungono che l'utilizzazione dei detti attrezzi da parte di altro dipendente non impediva al lavoratore di attendere che gli stessi fossero utilizzabili.
I due connessi motivi sono infondati poiché esattamente la Corte d'appello ha addebitato all'impresa la fornitura di un numero di attrezzi insufficiente rispetto al lavoro svolto dai dipendenti.
Il terzo motivo non può essere accolto poiché con esso i ricorrenti chiedono a questa Corte il sindacato sull'ammissione di un mezzo di prova documentale (concernente l'ammontare del debito), rimessa al sovrano apprezzamento del giudice di merito.
Con l'unico motivo il ricorrente incidentale, invocando gli artt.10 e 11 d.P.R n.1124 del 1965, si duole che la Corte d'appello abbia liquidato il credito in regresso riducendo una somma, di euro 450.877,37 erogata dall'Inail all'infortunato ed attestata dal dirigente dell'Istituto in data 13 giugno 2011. Il motivo è inammissibile per difetto del suo stesso presupposto ossia perché nella sentenza impugnata (pag.4, settimo capoverso) è scritto che la detta attestazione del 13 giugno 2011 indica la somma di euro 315,614,16, pari a quanto liquidato in dispositivo.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi, rigetta quello principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa le spese.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e di quello incidentale, dell'importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma del comma l bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma il 22 aprile 2015.