Cassazione Civile, Sez. Lav., 21 luglio 2015, n. 15230 - Addetto ai servizi di meccanica. Origine professionale della ipoacusia?
Presidente: BANDINI GIANFRANCO Relatore: TRIA LUCIA Data pubblicazione: 21/07/2015
Fatto
1.- La sentenza attualmente impugnata respinge l'appello di I.L.B. avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 172/2005, di rigetto della domanda del I.L.B. volta ad ottenere, nei confronti dell'INAIL, il riconoscimento dell'origine professionale della ipoacusia da cui è affetto, contratta dello svolgimento dell'attività lavorativa espletata come addetto ai servizi di meccanica per tre anni (dal 1993 al 1996) alle dipendenze della AUTO B. s.r.l. di Vicenza e per sette anni (dal 1996 al 2003, epoca del ricorso introduttivo del presente giudizio) alle dipendenze della V. DUE s.r.l. di Altavilla.
La Corte d'appello di Venezia, per quel che qui interessa, precisa che:
a) come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ai sensi dell'art. 53 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, la valutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della rendita da malattia professionale pur potendo portare ad una qualificazione della malattia non coincidente con quella denunciata, tuttavia presuppone che si tratti di una malattia che rientri pur sempre nel quadro della sintomatologia allegata e che sia "relativa alla lavorazione dedotta", il cui espletamento rappresenta il fatto costitutivo della domanda;
b) nella specie il CTU nominato in appello, pur avendo riscontrato una ipoacusia neuro-sensoriale simmetrica, ha ritenuto solo eventuale la componente tecnopatica, ponendo l'accento sul fatto che dall'anamnesi è risultato che il ricorrente, in gioventù, ha utilizzato frequentemente armi da fuoco durante il servizio militare, subendo in quel periodo anche un trauma cranico conseguente all'uso del mitragliatore;
e) lo stesso CTU ha quindi concluso nel senso che la malattia da cui è affetto il lavoratore è insorta molto prima dei due suddetti rapporti di lavoro cui unicamente si è fatto riferimento nella domanda giudiziaria, dovendosene far risalire l'origine a precedenti attività lavorative, non essendo stati riscontrati dei peggioramenti del quadro clinico dopo lo svolgimento dei due periodi lavorativi contemplati nel ricorso introduttivo del giudizio;
d) tali conclusioni, non censurate dai consulenti di parte, sono del tutto condivisibili e determinano la conferma della sentenza impugnata.
2.- Il ricorso di I.L.B. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste, con controricorso, l'INAIL,
Diritto
I - Sintesi dei motivi di ricorso
1.- Il ricorso è articolato in due motivi, nei quali I.L.B.:
1) denunciando violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 112 e 437 cod. proc. civ., 53 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, nonché vizio di motivazione sostiene che la Corte territoriale avrebbe male interpretato la domanda azionata, in quanto in essa non si sarebbe fatto riferimento ai soli periodi lavorativi svolti alle dipendenze della AUTO B. s.r.l. (dal 1993 al 1996) e alle dipendenze della V. DUE s.r.l. (dal 1996 al 2003, epoca del ricorso introduttivo del presente giudizio), ma si sarebbero presi in considerazione anche i precedenti periodi lavorativi, da considerare pertanto inclusi nel petitum, tanto più che in sede amministrativa la domanda è stata espressamente riferita all'intera attività lavorativa del ricorrente a decorrere dal 1973 (primo motivo)
2) denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 e dell'art. 9 del d.P.R. 9 giugno 1975, n. 482, voce n. 44, nonché vizio di motivazione per la mancata considerazione del prospettato aggravamento della malattia, sostiene che non si può negare che la protrazione dell'esposizione al rischio patogeno determina un maggior grado di inabilità, anche tenendo conto della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale n. 46 del 2010 (secondo motivo).
II - Esame delle censure
2.- I due motivi di ricorso - da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione -non sono da accogliere.
3.- In particolare il primo motivo è infondato in quanto, come risulta dal ricorso introduttivo del giudizio — riprodotto, nelle parti salienti, nel presente ricorso per cassazione - il thema decidendum è stato dal I.L.B. circoscritto all'accertamento della derivazione della malattia (ipoacusia) lamentata dai due soli rapporti di lavoro sopra richiamati e presi in considerazione nella sentenza impugnata.
Ne deriva che la Corte territoriale, con congrua e logica motivazione, ha interpretato correttamente la domanda azionata, essendo del tutto ininfluente, ai fini della determinazione del petitum, la circostanza - richiamata dal ricorrente in questa sede - che, in sede amministrativa, la domanda sia stata espressamente riferita .all'intera attività lavorativa del ricorrente a decorrere dal 1973.
4.- Il secondo motivo è inammissibile.
4.1.- In primo luogo va precisato che è del tutto ultroneo il richiamo alla sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale n. 46 del 2010.
Tale sentenza, infatti, ha esaminato una fattispecie del tutto diversa da quella che viene qui in considerazione, dichiarando l'infondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 80 e 131, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sollevata per asserita violazione dei principi dettati dagli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione e precisando che tali due norme, riferendosi all'ipotesi di «nuova» malattia professionale, devono essere interpretate nel senso che esse riguardano anche il caso in cui, dopo la costituzione di una rendita per una determinata malattia professionale ("vecchia", quindi, in contrapposizione alla "nuova"), il protrarsi dell'esposizione al medesimo rischio patogeno determini una "nuova" inabilità che risulti superiore a quella già riconosciuta. Tale interpretazione delle norme sopracitate non fa ricadere l'ipotesi così delineata nell'ambito di applicabilità dell'art. 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965, il quale si riferisce esclusivamente all'aggravamento eventuale e conseguenziale dell'inabilità derivante dalla naturale evoluzione della originaria malattia. Quando, invece, il maggior grado di inabilità dipende dalla protrazione dell'esposizione a rischio patogeno, e si è quindi in presenza di una «nuova» malattia, seppure della stessa natura della prima, la disciplina applicabile è quella dettata dall'art. 80, estesa alle malattie professionali dall'art. 131.
4.2.- A ciò è da aggiungere che le censure proposte nel secondo motivo non toccano la statuizione della Corte veneziana che le conclusioni del CTU - nel senso che la malattia da cui è affetto il lavoratore è insorta molto prima dei due suddetti rapporti di lavoro cui unicamente si è fatto riferimento nella domanda giudiziaria, dovendosene far risalire l'origine a precedenti attività lavorative, non essendo stati riscontrati dei peggioramenti del quadro clinico dopo lo svolgimento dei due periodi lavorativi contemplati nel ricorso introduttivo del giudizio - non sono state censurate dai consulenti di parte né sono state oggetto contestazione nel corso del dibattimento.
Ne consegue che - anche a volere prescindere dalla non configurabilità del vizio di carenza di motivazione della sentenza che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito se la parte non alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d'ufficio già dinanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione e l'omesso esame in sede di decisione e non si limiti ad una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell'elaborato peritale richiamato in sentenza, che si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (vedi, per tutte: Cass. 4 maggio 2009, n. 10222; Cass. 6 settembre 2007, n. 18688) - il profilo di inammissibilità principale e assorbente delle censure in oggetto è dato dal fatto che esse non toccano un elemento fondamentale su cui si basa la ratio decidendi della ritenuta assenza del nesso causale e/o concausale tra le patologia lamentata e le attività lavorative svolte nel corso dei due rapporti di lavoro alle dipendenze della AUTO B. s.r.l. (dal 1993 al 1996) e alle dipendenze della V. DUE s.r.l. (dal 1996 al 2003).
4.3.- Va, al riguardo, ricordato che perché si possa configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Infatti, l'erroneo o il mancato esame di elementi probatori o di elementi che emergono dalla relazione del CTU può costituire vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia e determinare un vizio di motivazione della sentenza impugnata solo se i dati processuali non esaminati o male esaminati siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, in modo che la ratio decidendi della sentenza venga a trovarsi priva di base (Cass. 28 giugno 2006, n. 14973; Cass. 24 ottobre 2013, n. 24092).
Ipotesi, quest'ultima, che, all'evidenza, non ricorre nella specie.
III- Conclusioni
5.- In sintesi il ricorso deve essere respinto. Poiché il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato il giorno 1 aprile 2003, nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio, ai sensi dell'art. 152 disp. att cod. proc. civ., nel testo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 42, comma 11, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, essendo la nuova disciplina applicabile ai soli ricorsi conseguenti a fasi di merito introdotte in epoca posteriore al 2 ottobre 2003, data di entrata in vigore dell'indicato decreto legge (vedi Cass. 30 marzo 2004, n. 6324; Cass. 12 dicembre 2005, n. 27323; Cass. 16 gennaio 2012, n. 452; Cass. 11 ottobre 2012, n. 17349).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese per il presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 20 maggio 2015.