Cassazione civile, sez. lavoro, 14 febbraio 2008, n. 3776 - Rapina subita dal lavoratore in itinere: occasione di lavoro


 

Fatto



Con ricorso del 13 dicembre 1997 il Sig. S. S. ha chiesto al pretore di Napoli di condannare l’Inail a corrispondergli una rendita ragguagliata ad una riduzione del 50% della sua capacità lavorativa, per l’infortunio in itinere occorsogli. Ne indicava le circostanze: mentre faceva ritorno dal luogo di lavoro sito in Napoli, via Omissis, presso la sede del giornale Il Mattino, dove lavorava in qualità di operaio addetto al reparto rotative, con la propria moto a causa dello sciopero dei mezzi pubblici, arrivato in località San Giorgio all’altezza di via Manzoni 5, alle ore 18,30, veniva affrontato da due malviventi, aggredito con pugni e colpi di arma da fuoco e rapinato della moto.
La domanda veniva respinta dal primo giudice, che riteneva l’infortunio avvenuto non a causa di lavoro, e dal tribunale di Napoli, in sede di appello, con sentenza 13 settembre/13 dicembre 2004 n. 4821.
Il giudice di appello rilevava che la data dell’evento è indicata nel ricorso introduttivo del giudizio e nell’atto di appello come 13 febbraio 1995; che il ricovero ospedaliero con intervento chirurgico reca la data del 13 febbraio 1995 ore 19; concludeva: posto che l’appellante in data 12 maggio 1995 (così nel testo della sentenza impugnata) ha fatto ritorno alla propria abitazione con il proprio mezzo di trasporto, la rapina subita il giorno successivo non è in relazione con il viaggio di ritorno a casa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il S.S., con unico articolato motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.
L’Istituto intimato si è costituito con controricorso, resistendo.

Diritto


Con unico motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 421 c.p.c.; 2 e 4 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, censura la sentenza impugnata per la errata identificazione della data dell’evento. Assume che questo si è verificato il 13 febbraio 1995, e solo per errore di dattiloscrittura è stato indicato nel ricorso introduttivo del giudizio nella erronea data del giorno precedente 12 febbraio 1995. Ricorda i documenti ospedalieri da cui risulta il ricovero presso l’ospedale Loreto mare, ubicato presso il luogo dell’aggressione, il 13 febbraio alle ore 19, correlato all’uscita dal giornale alle ore 18 ed all’ora dell’aggressione alle 18,30, e la notizia dell’evento data dai quotidiani locali il giorno 14 febbraio 1995.
Una volta superato l’errore sulla data dell’infortunio, il ricorrente ritiene che vi siano tutti gli elementi caratterizzanti l’infortunio in itinere enunciati nella stessa sentenza impugnata.
Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata, che rimprovera al ricorrente la incongrua indicazione della data dell’evento, è essa stessa contraddittoria laddove, a pagina 2, afferma erroneamente “secondo la prospettazione di parte appellante S.S. mentre rientrava in casa in data 12 maggio 1995”; e a pagina 3 “la data dell’incidente nel ricorso introduttivo e nell’atto di appello è indicata come 13 febbraio 1995”.
Già per questo la sentenza è contraddittoria e va cassata.
Essa va censurata altresì perché, pur avendo a disposizione fonti documentali relative alla data dell’agitazione dei mezzi pubblici, al ricovero ospedaliero, alle notizie della stampa locale sull’evento, e probabilmente alla denuncia all’autorità di P.S., non ha fatto uso dei suoi poteri ufficiosi ex articolo 421 c.p.c. per accertare la data esatta dell’evento (Cass. Sez. Un. 11353/2004).
Posta la possibilità di ricostruzione esatta dell’evento, rimessa al giudice di rinvio, occorre verificare se la prospettata rapina possa essere considerata come evento tutelato nell’infortunio in itinere
La sentenza impugnata, ed anche l’Inail, non trattano l’argomento, mostrando così di non ritenerlo preclusivo, ma ciò non esime questa Corte dal verificare la questione di diritto.
Il Collegio ritiene che la risposta affermativa derivi dai seguenti elementi:
1. L’evoluzione della giurisprudenza in tema di comprensione della rapina nella occasione di lavoro.
Mentre nel lontano passato si era ritenuto che il fatto delittuoso dei compagni o dei terzi interrompesse qualsiasi nesso causale con il lavoro, la prospettiva è mutata a partire da Corte Cost., sentenza 7 aprile 1981, n. 55, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 1 t.u. 1124, in relazione all’art. 4, n. 1 dello stesso t.u., nella parte in cui non comprende nella previsione di cui al comma 3 dell’art. 1 medesimo, le persone che siano comunque addette, in rapporto diretto con il pubblico, a servizio di cassa.
La decisione è motivata sia con il processo storico di espansione dell’assicurazione obbligatoria, sia con la identità di rischio tra l’attività di cassa e quella prevista all’art. 1, comma 3, n. 24 per il servizio di vigilanza privata, identità rilevante ai sensi degli artt. 3 e 38 Cost.
E benché originata da una fattispecie di cassiera di sala di spettacoli, oggetto dell’ordinanza di rimessione, e la Corte abbia operato il raffronto con le previsioni dei nn. 24 e 27 del comma 3 dell’art. 1, la sentenza citata ha esteso il proprio dictum ai cassieri in rapporto diretto con il pubblico, dipendenti da tutte le imprese destinatarie del titolo primo del testo unico.
Il maneggio di denaro viene dunque a costituire una ulteriore ipotesi oggettiva di attività protetta, alla cui luce la giurisprudenza di legittimità ha scrutinato i casi di rapina ad essa sottoposti, operando una ulteriore duplice estensione della protezione a casi di possesso di denaro, anche fuori del luogo di lavoro, nonché di aggressione per motivi comunque di lucro, anche se non immediatamente e direttamente monetario.
Così Cass. 13 dicembre 2000 n. 15691 ha affermato la copertura dell’infortunio subito dal gestore di un distributore di benzina (soggetto ad obbligo assicurativo quale artigiano) per effetto di una rapina perpetrata in suo danno al fine di sottrargli l’incasso della giornata, che egli custodiva presso la sua abitazione, in coincidenza con una festività.
Cass. 18 gennaio 1991 n. 430 ha affermato l’indennizzabilità dell’infortunio di un soggetto assicurato contro gli infortuni, ferito mortalmente nel corso di una rapina commessa in occasione dell’acquisto di materiale necessario per la produzione, costituente attività strettamente connessa alla prestazione di lavoro manuale.
Cass. 11 aprile 1998 n. 3747, in un caso di violento litigio seguito da morte del lavoratore, con estranei che avevano poi riportato condanna penale dalla quale risultava che volevano approfittare del materiale di cantiere, ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva escluso apoditticamente che il litigio fosse collegabile con l’attività lavorativa.
Cass. 28 gennaio 1999 n. 774 ha confermato la sentenza, che aveva affermato l’indennizzabilità dell’infortunio (non in itinere) occorso a dipendente raggiunto da colpi di arma da fuoco mentre a bordo della propria vettura faceva ritorno alla sua abitazione, il quale era stato in precedenza aggredito e minacciato per la sua attività di addetto agli ordini di acquisto perché “non lasciava vivere altri candidati alle forniture”.
Anche Cass. 23 febbraio 1989 n. 1014 ha ritenuto, nel caso di un custode (di un condominio) morto a seguito di colpi di arma da fuoco sparatigli da ignoti durante lo svolgimento della sua attività lavorativa, che sussiste la presunzione della derivazione di detto evento da tale attività.
Nella stessa logica, Cass. 21 luglio 1988 n. 4716 ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso l’indennizzabilità dell’infortunio subito dall’autista di un’impresa di autotrasporti rimasto ferito nel corso di un’aggressione a colpi di arma da fuoco ai danni del committente che era a bordo dello stesso autocarro.
2. l’estensione della tutela dell’infortunio in itinere
Secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità che il Collegio condivide, la condotta deve avere nell’infortunio in itinere una valutazione più rigorosa che nell’infortunio sul lavoro (Cass. 6 agosto 2003 n. 11885, Cass. 18 marzo 2004 n. 5525), ma ciò attiene al comportamento volontario del lavoratore, non all’evento della rapina, che rimane, per il lavoratore, un fatto accidentale ed imprevedibile.
3. infine l’evoluzione della nozione di rischio assicurato. Alla luce dell’art. 38, come interpretato dalla Corte costituzionale, questa Corte ha ripetutamente precisato il significato normativo degli artt. 1 e 2 D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, nel senso che il requisito della tipicità va riferito alla situazione lavorativa protetta, non al nesso eziologico tra singola causa lesiva e lesione (Cass. 13 ottobre 1992 n. 11172), affermando che il requisito dell’occasione di lavoro implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa in modo diretto o indiretto, con il solo limite del rischio elettivo (Cass. 5 maggio 1998 n. 4535; Cass. 23 agosto 1997 n. 7918; Cass. 17 dicembre 1988 n. 12652) o della totale estraneità del rischio – che non si richiede essere tipico o normale – all’attività lavorativa (Cass. 23 agosto 1997 n. 7918; Cass. 25 maggio 1997 n. 4557).
Una volta inserito l’infortunio in itinere nella nozione di occasione di lavoro e tra le attività protette consequenziali al rischio assicurato, – prima dalla giurisprudenza pretoria e poi dall’art. 12 d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, che ha novellato l’art. 2 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 in tema di occasione di lavoro, rilevano gli eventi dannosi, anche se imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato.
Il possesso di un bene patrimoniale, quale strumento necessario attraverso il quale si realizza l’iter protetto, suscettibile di essere oggetto di rapina, costituisce il criterio di collegamento con l’iter che rende l’evento in questione tutelabile.
La sentenza impugnata va pertanto cassata, e la causa rimessa ad altro giudice, designato nella Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, la quale, previo accertamento delle esatte data e modalità dell’evento, deciderà la causa attenendosi al seguente principio di diritto: “La rapina nel corso dell’iter del lavoratore della moto, quale strumento necessario per l’iter stesso, nelle condizioni che danno luogo alla tutela dell’infortunio in itinere, costituisce evento protetto”. Il giudice di rinvio provvedere altresì alle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.


accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli.