Cassazione Civile, Sez. Lav., 26 ottobre 2015, n. 21732 - Dirigente medico e compenso in base al CCNL di comparto per certificazioni inerenti infortuni sul lavoro


 

 

Presidente: MACIOCE LUIGI Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI Data pubblicazione: 26/10/2015


Fatto


Con sentenza 26 giugno 2012, la Corte d’appello di Genova respingeva l’appello di A.Q., dirigente medico dipendente a tempo indeterminato dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino di Genova, avverso la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la pretesa creditoria del lavoratore nei confronti dell’azienda datrice, in accoglimento dell’opposizione di questa al pagamento, ingiuntole dal primo con decreto dello stesso Tribunale, della somma di € 13.467,98, a titolo di compenso in base al CCNL di comparto per certificazioni inerenti infortuni sul lavoro destinati all’Inail dall’ 1 gennaio 2005 al 31 dicembre 2009.
A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva che il mutamento della richiesta da limitazione della spettanza retributiva pretesa dal medico ad importo inferiore a € 10.475,00 a suo rigetto integrale costituisse modificazione della domanda dell’opponente (comunque ritenuta ben ammissibile, in quanto autorizzata, dal Tribunale), per la natura di ordinaria cognizione del giudizio introdotto con decreto ingiuntivo, pertanto soggetto all’ordinario regime probatorio tra le parti nella loro veste sostanziale ed al controllo del giudice di fondatezza della pretesa attorea. Nel merito, essa condivideva la negazione della spettanza del compenso per l’attività in oggetto, siccome prestata in orario di lavoro a norma dell’alt. 58, quarto comma CCNL 1998/2001 per la dirigenza medica, potendo essere remunerata a parte solo l’attività fuori da tale orario.
Con atto notificato il 11 dicembre 2012 A.Q. ricorre per cassazione con tre motivi, cui resiste Irst - Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino di Genova con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto


Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 88, 92, 94, 97 d.p.r. 1124/1965, 75 L. 833/1978 e 112 L. 67/1988 e vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per l’erronea esclusione del compenso dovuto ai sensi dell’art. 58, terzo comma CCNL Dirigenza medica 1998/2001, in esito alla ricostruzione normativa della materia, non potendo l’attività legalmente dovuta di certificazione medico legale dei medici ospedalieri per conto dell’Inail a favore degli infortunati sul lavoro e tecnopatici, a norma del d.p.r. 1124/1965, che essere resa entro le strutture pubbliche ospedaliere e in orario di lavoro, tenuto conto delle previsioni della contrattazione collettiva, in particolare dell’art. 58, primo e quarto comma CCNL cit., quanto all’individuazione del compenso e dell’art. 58, terzo comma CCNL cit., quanto all’attribuzione (dall’Inail all’Ospedale e da questo in misura del 95% ai medici certificatoli) del compenso, senza alcuna spiegazione dalla Corte territoriale al riguardo.
Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 58 CCNL Dirigenza medica 1998/2001 e vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per la previsione convenzionale ammessa dalla stessa Azienda Ospedaliera (contraria all’erroneamente ritenuta realizzabilità del collegamento del terzo e quarto comma con le attività libero-professionali, ai sensi del secondo comma, da svolgere al di fuori dell’orario lavorativo) del diritto dei medici certificatoli di percepire il compenso per l’attività in questione, al pari delle attività professionali svolte al di fuori dell’ospedale e dell’orario di lavoro, nella corretta considerazione della citata sentenza della Corte di cassazione n. 19420/2011.
Con il terzo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1367 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per il diritto dei medici al compenso dell’attività in questione, sulla base della regolamentazione convenzionale (con richiamo particolare dell’Accordo 24 dicembre 2007 tra Inail e oo.ss. dei medici ospedalieri) e della sua esecuzione, con la retribuzione (ammessa nel caso di specie anche dall’Azienda ospedaliera datrice) dalle Aziende ospedaliere a livello nazionale dell’attività di certificazione a fini Inail svolta in Pronto Soccorso dai medici ospedalieri.
I tre motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi.
Essi sono infondati.
Ed infatti, l'art. 54, primo comma CCNL Dirigenza medica 1998/01, regolante l'attività libero-professionale intramuraria dei dirigenti medici, prevede: “In applicazione degli artt. 4, comma 11 e 15 quinquies del d.lgs. 502/1992 e nel rispetto dei principi dagli stessi fissati, a tutto il personale medico con rapporto esclusivo è consentito lo svolgimento dell’attività libero professionale all’interno dell’azienda, nell’ambito delle strutture aziendali individuate con apposito atto adottato dall’azienda”. 
Lo stesso articolo precisa, al suo quarto comma, doversi intendere “per attività libero professionale intramuraria del personale medico ... l’attività che detto personale individualmente o in équipe, esercita fuori dell’impegno di servizio ... ”.
Tra queste attività è pure contemplata quella di certificazione medico legale per conto dell'Inail in questione, ai sensi dell'art. 58, quarto comma CCNL cit., appunto tra le “altre attività a pagamento” (secondo la rubrica dell'articolo).
Ed allora un primo discrimine è stato posto, in tema di compensi spettanti al personale dirigente del servizio sanitario nazionale, tra l'attività, anche certificativa medico legale resa dall'azienda ospedaliera per conto dell'Inail a favore degli infortunati sul lavoro e tecnopatici, ai sensi del d.p.r. 1164/1965, posta in essere durante e in costanza del rapporto di lavoro ovvero al di fuori di esso; perchè ciò rileva ai fini della sua remunerabilità, a norma appunto dell'art. 58, quarto ( “Tra le attività di cui al presente articolo rientra quella di certificazione medico legale resa dall’azienda per conto dell'Inail a favore degli infortunati sul lavoro e tecnopatici, ai sensi del d.p.r. 1124/1965. Per i compensi si applica il comma 3”) e terzo comma (“Il compenso ... deve affluire all’azienda o ente di appartenenza che provvede ad attribuirne il 95 % al dirigente avente diritto quale prestatore della consulenza con la retribuzione del mese successivo”) CCNL cit., dovendosi interpretare le disposizioni suddette nel senso della remunerabilità della sola attività esercitata al di fuori dell'impegno di servizio: con la conseguenza che quella prestata durante e in costanza del rapporto di lavoro non dà diritto ad un corrispettivo aggiuntivo, costituendo adempimento doveroso della prestazione lavorativa retribuito con il compenso previsto dalla disciplina collettiva a remunerazione dell'ordinaria attività di servizio (Cass. 23 settembre 2011, n. 19420).
Sicché, l'attività di certificazione medico legale in oggetto può essere retribuita soltanto se ne sia dimostrata la prestazione al di fuori dell’orario di lavoro, sulla base di una disciplina convenzionale che ne specifichi le modalità di svolgimento, così da consentire lo scorporo dell’attività certificativa dalla restante attività di servizio, dando rilievo al connesso debito orario dei dipendenti.
Ma una tale prova non è stata offerta dal dirigente medico ricorrente, ciò non risultando dalla generica allegazione di convenzioni in tale senso (con il secondo motivo, a pgg. 29 e 31 del ricorso; con il terzo, a pg. 34 del ricorso), né dalle parti richiamate dell’Accordo 24 dicembre 2007 tra Inail e oo.ss. dei medici ospedalieri (a pg. 35 del ricorso), anche in violazione del principio di autosufficienza prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c. per difetto di specifica indicazione ed integrale trascrizione (Cass. 26 febbraio 2007, n. 2560; Cass. 18 novembre 2005, n. 24461). Né è stata offerta l’individuazione di altro coerente meccanismo, operante lo scorporo dell’attività certificativa dalla restante attività di servizio, posto che un analogo effetto non può trarsi dall’art. 58 CCNL 1998/2001 della Dirigenza medica, così come interpretato da questa Corte (Cass. 23 settembre 2011, n. 19420).
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso e la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

P.Q.M.


La Corte
rigetta il ricorso e condanna A.Q. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 3.500,00 per compenso professionale, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 1 luglio 2015