Cassazione Penale, Sez. 3, 28 luglio 2016, n. 33038 - Al lavoratore autonomo si applicano solo le disposizioni contenute negli artt. 21 e 26 del d.lgs. 81/08? Non se vengono adibiti alla prestazione lavorativa altri soggetti
"... Sebbene corrisponda al vero quanto dedotto in sede di ricorso dal prevenuto, secondo il quale, ai sensi dell'art. 3, comma 11, del d.lgs n. 81 del 2008, nei confronti del lavoratore autonomo si applicano le disposizioni contenute negli artt. 21 e 26 del citato decreto legislativo, deve osservarsi che il principio di cui sopra vale limitatamente alla ipotesi in cui il predetto lavoratore presti la sua opera con la esclusiva applicazione delle proprie energie personali e non anche nel caso in cui il medesimo, sebbene non dotato di una articolata struttura imprenditoriale, adibisca alla prestazione lavorativa altri soggetti, a prescindere dal tipo di rapporto lavorativo in base al quale i medesimi siano stati investiti dei loro compiti.
Ora, nel caso che interessa, emerge dalla lettura del capo di imputazione, il cui contenuto non è stato contestato dal ricorrente, che egli, in qualità di datore di lavoro responsabile della sicurezza della propria ditta individuale, aveva omesso le opportune cautele per evitare il verificarsi di incidenti sul lavoro al personale ivi operante.
Nessun rilievo ha, pertanto, il fatto che la impresa del C.F. sia organizzata in forma di ditta individuale, posto che la incontestata qualificazione del C.F. come datore di lavoro di terzi lo obbligava alla predisposizione delle opportune misure per la prevenzione degli infortuni causalmente connessi alla svolgimento della prestazione lavorativa."
Presidente: FRANCO AMEDEO Relatore: GENTILI ANDREA Data Udienza: 04/11/2015
Fatto
Con sentenza del 6 febbraio 2014 ¡1 Tribunale di Roma ha condannato C.F. alla pena di giustizia avendolo riconosciuto responsabile del reato di cui agli artt. 108 e 159, sub b), del d.lgs n. 81 del 2008, per avere omesso di predisporre, in qualità di datore di lavoro, le opere opportune, quali parapetti o barriere protettive, per impedire la caduta nel vuoto di lavoratori addetti al suo cantiere.
Il Tribunale ha, infatti, rilevato che dall'esame del teste N., ispettore del lavoro, era emerso che, non avendo il C.F. predisposto le predette misure di sicurezza, un operaio, che stata eseguendo lavori di scavo su di un viottolo a ridosso della collina, era caduto nel vuoto e per tale ragione deceduto.
Ha proposto ricorso per cassazione il C.F. deducendo il fatto che, rivestendo la sua impresa la forma della ditta individuale, senza lavoratori dipendenti oltre allo stesso titolare, egli, con riferimento alle disposizioni di cui al d.lgs n. 81 del 2008 è equiparato al lavoratore autonomo e, pertanto, è soggetto solamente al rispetto di quanto previsto dagli artt. 21 e 26 del medesimo decreto legislativo e non anche alle prescrizioni previste dalle disposizioni di cui alla contestata rubrica.
Diritto
Il ricorso, essendo risultato manifestamente infondato il motivo posto alla sua base, è, pertanto, inammissibile.
Osserva sul punto la Corte che appare destituito di fondamento il presupposto sul quale è articolata la linea di difesa del C.F., cioè che egli, data la propria struttura imprenditoriale, non fosse soggetto agli obblighi riportati dalla disposizione legislativa la cui violazione gli è stata contestata.
Infatti, sebbene corrisponda al vero quanto dedotto in sede di ricorso dal prevenuto, secondo il quale, ai sensi dell'art. 3, comma 11, del d.lgs n. 81 del 2008, nei confronti del lavoratore autonomo si applicano le disposizioni contenute negli artt. 21 e 26 del citato decreto legislativo, deve osservarsi che il principio di cui sopra vale limitatamente alla ipotesi in cui il predetto lavoratore presti la sua opera con la esclusiva applicazione delle proprie energie personali e non anche nel caso in cui il medesimo, sebbene non dotato di una articolata struttura imprenditoriale, adibisca alla prestazione lavorativa altri soggetti, a prescindere dal tipo di rapporto lavorativo in base al quale i medesimi siano stati investiti dei loro compiti.
Ora, nel caso che interessa, emerge dalla lettura del capo di imputazione, il cui contenuto non è stato contestato dal ricorrente, che egli, in qualità di datore di lavoro responsabile della sicurezza della propria ditta individuale, aveva omesso le opportune cautele per evitare il verificarsi di incidenti sul lavoro al personale ivi operante.
Nessun rilievo ha, pertanto, il fatto che la impresa del C.F. sia organizzata in forma di ditta individuale, posto che la incontestata qualificazione del C.F. come datore di lavoro di terzi lo obbligava alla predisposizione delle opportune misure per la prevenzione degli infortuni causalmente connessi alla svolgimento della prestazione lavorativa.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente, visto l'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Di chiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2015