Cassazione Civile, Sez. 6, 22 dicembre 2016, n. 26757 - Maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto
Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 22/12/2016
FattoDiritto
La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio dell’8 novembre 2016, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 18 dicembre 2014 la Corte di appello di L'Aquila, riformando la decisione resa dal Tribunale di Vasto che l’aveva accolta, dichiarava inammissibile la domanda proposta da F.R. nei confronti dell'lNPS ed intesa al riconoscimento del diritto del ricorrente al beneficio, di cui alla legge n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, della maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto nel periodo in cui aveva lavorato presso la D.M. Italia s.p.a. (ex M.M.) nello stabilimento sito in San Salvo.
Ad avviso della Corte territoriale il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella I,. n. 438 del 1992 (tre anni e trecento giorni) decorreva dalla domanda presentata all’INAIL (nel caso in esame il 15.6.2005) e non da quella inoltrata all’INPS ( nel febbraio 2009) ragione per cui il ricorso proposto in data 7.10.2010 - ben oltre il detto termine di decadenza- era inammissibile.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il Torino affidato ad un unico articolato motivo.
L’INPS ha depositato procura. L’INAIL è rimasto intimato.
Con l'unico motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 47 L. n. 639/1970 nonché omessa, insufficiente e illogica motivazione su punti decisivi della controversia (artt. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) in quanto la Corte di Appello erroneamente aveva fatto decorrere il termine di decadenza previsto dal citato art. 47 dalla domanda all’INAIL e non da quella all'INPS rispetto alla quale il ricorso era stato tempestivamente proposto. Ed infatti, l’istanza di certificazione rivolta all'INAIL non poteva essere considerata domanda amministrativa dovendo quest’ultima essere indirizzata all’istituto obbligato ad erogare il beneficio richiesto. Si evidenzia , altresì, che pur volendo ritenere che per domanda amministrativa dovesse intendersi quella inoltrata all’INAIL, comunque, nel caso in esame, avendo detto istituto dato riscontro negativo alla istanza del 15.6.2005 solo il 5.3.2008, era da tale data che doveva iniziare il decorso del detto termine decadenziale.
Il motivo è fondato nella prima parte.
Questa Corte ha affermato il principio che la suddetta decadenza dall'azione giudiziaria trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l'accertamento relativo alla consistenza dell'anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all'evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. Si è, altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, poiché ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell'ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge "ai fini pensionistici" e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) - in base ai criteri ordinari - il diritto al trattamento pensionistico, hi stato, al riguardo, così precisato: "13 opportuno anche rilevare che dal sistema è ricavabile l'onere degli interessati di proporre all'istituto gestore dell'assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del beneficio per esposizione all'amianto, nonostante incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)" ed anche chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto "tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relativa alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell'azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all'amianto sembra non potersi dubitare, stante i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia".
A tale orientamento non può validamente opporsi che la legge n. 257/92 non prevede espressamente la necessità di presentazione della domanda amministrativa, a differenza di quanto dispone, con riferimento all'l.N.A.I.L., il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326.
Esiste, infatti, la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art. 7, (cui è sotteso l'interesse pubblico "ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie" - Cass. Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 - che impone alla parte privata di compulsare ante causam l'ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all'amministrazione uno spatium deliberanti di 120 giorni.
La tesi della generale indispensabilità dell'istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all'art. 442 c.p.c., (nella materia previdenziale e nell'assistenza sociale; nei confronti sia dell'I.N.P.S. sia degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è, del resto, assolutamente prevalente (cfr. ex multis : Cass. 28 novembre 2003, n. 18265; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 24 giugno 2004, n. 11756; Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2063; si veda, per l'improponibilità della domanda proposta dal datore di lavoro nei confronti dell'ente previdenziale, avente ad oggetto il rimborso di contributi non dovuti ove il giudizio sia stato instaurato senza la preventiva presentazione della domanda amministrativa, Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153).
In conformità del sopra richiamato orientamento giurisprudenziale ed in base ai principi generali va, dunque, ritenuto che la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all'amianto proposta da soggetto iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all'ente competente a erogare la prestazione. Presupposto logico e fattuale di tale ragionamento è la necessità che l'assicurato porti a conoscenza dell'Istituto "fatti" la cui esistenza è nota solo all'interessato (si consideri, del resto, che la necessità della domanda è stata ritenuta anche in materia di ripetizione di contributi indebitamente versati - così Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153 - ed in ogni caso in cui occorra fare conoscere all'ente i presupposti del diritto alla prestazione - così Cass. 5 ottobre 2007, n. 20892 -).
La domanda giudiziale deve, quindi, essere presentata all'I.N.P.S., unico ente legittimato a concedere il beneficio previdenziale in parola; ne' può fondatamente sostenersi una sostanziale fungibilità rispetto a tale domanda di quella inoltrata all'I.N.A.I.L. attesa la diversità funzionale dell'una rispetta all'altra. Mentre la domanda all'I.N.P.S. è, infatti, necessaria per l'erogazione del beneficio previdenziale, quella rivolta all'I.N.A.I.L. mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell'esposizione all'amianto. Si richiama, a conforto, la costante giurisprudenza della Suprema Corte con la quale, a partire dalla sentenza 28 giugno 2001 n. 8859 (e, successivamente, 25 febbraio 2002 n. 2677, 19 giugno 2002 n. 8937, 29 novembre 2002 n. 17000), si è costantemente affermato che nella causa introdotta dal lavoratore per ottenere accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici, del periodo lavorativo nel quale è stato esposto all'amianto, avvalendosi della disposizione di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, nel testo modificato dal D.L. 5 giugno 1993, n. 169, art. 1, comma 1, e dalla relativa legge di conversione 4 agosto 1993 n. 271, l'I.N.A.I.L. difetta di legittimazione passiva (ad causam), in quanto soggetto del tutto estraneo al rapporto, di natura previdenziale, che dà titolo a una siffatta domanda, posto che la norma da cui trae fondamento il diritto azionato finalizza il beneficio da essa previsto - consistente nell'incremento dell'anzianità contributiva, attraverso il meccanismo della ipervalutazione di periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dalla esposizione all'amianto - ad agevolare il perfezionamento dei requisiti per le prestazioni pensionistiche (l'ammontare delle quali dovrà essere determinato computando, se spettante, la maggiorazione di legge) e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo diritto, non già a facilitare l'accesso alle (diverse) prestazioni oggetto del regime assicurativo che fa carico all'I.N.A.I.L..
Pertanto è da escludere che possa farsi a tale fine utile riferimento alla domanda amministrativa presentata all'INAIL con l’ulteriore conseguenza che per verificare l’osservanza del termine decadenziale deve aversi riguardo alla data di proposizione del ricorso di primo grado correlata alla domanda amministrativa presentata all'INPS.
Orbene, l’impugnata sentenza non ha fatto corretta applicazione del riportati principi nel far decorrere il termine di decadenza della domanda all’INAIL e non dalla domanda all’INPS — pacificamente inoltrata nel febbraio 2009 - rispetto alla quale il ricorso proposto dal F. innanzi all’autorità giudiziaria in data 7.10.2010 era tempestivo.
La fondatezza della prima parte del motivo è assorbente rispetto alle altre questioni in esso sollevate.
Alla luce di quanto esposto si propone raccoglimento del ricorso e la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio ad altro giudice con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5..”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
Il Collegio condivide pienamente la sopra riportata relazione, conforme ai precedenti di questa Corte, e, quindi, accoglie “in parte qua” l’unico motivo di ricorso, assorbite le altre questioni in esso sollevate, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Roma anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Roma anche per le spese del presente giudizio.
Roma, 8 novembre 2016.