Cassazione Penale, Sez. 4, 27 marzo 2017, n. 15145 - Caduta dalla scala durante il sopralluogo nel locale da ristrutturare. Posizioni di garanzia di chi invia il lavoratore e di chi lo accompagna


Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: PICCIALLI PATRIZIA Data Udienza: 24/01/2017

 

 

 

Fatto

 

T.M. e C.F. ricorrono avverso la sentenza che, parzialmente riformando in melius quella di primo grado [la pena per entrambi è stata ridotta a seguito della declaratoria di prescrizione della fattispecie contravvenzionale contestata al capo b)], ne ha confermato il giudizio di responsabilità il reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione della disciplina antinfortunistica, contestato loro in relazione a infortunio sul lavoro subito dal lavoratore B.U.S. all'interno dei locali di proprietà del primo ove doveva essere eseguiti lavori di ristrutturazione per la realizzazione di una pizzeria gestita dal secondo: infortunio verificatosi allorquando il B.U.S., inviato in loco dal T.M., mentre effettuava un sopralluogo nei locali, accompagnato dal C.F.,per organizzare i lavori di adeguamento del locale alla nuova attività commerciale, saliva su una scala appoggiata in modo precario ad un soppalco, cadendo al suolo e riportando lesioni gravissime a seguito delle quali decedeva ( fatto del 16 marzo 2007).
La Corte di merito, corrispondendo alle doglianze degli imputati, confermava il ragionamento sviluppato dal primo giudice, e per l'effetto ravvisava la responsabilità di entrambi gli imputati: del T.M. perché comunque aveva la disponibilità qualificata del locale, ancora non formalmente trasferito in locazione al secondo, tanto da avere curato l'invio in loco del lavoratore infortunatosi, del C.F., perché, nonostante la mancata formalizzazione della locazione, il locale gli era stato consegnato e stava seguendo i lavori di ristrutturazione. Entrambi avrebbero dovuto prestare attenzione alle condizioni di sicurezza dei luoghi.
Non vi era spazio per ulteriori approfondimenti istruttori, essendo chiaro il quadro fattuale della vicenda.
Con i ricorsi, entrambi gli imputati, con argomenti contrapposti, contestano il giudizio di responsabilità nei rispettivi riguardi.
Il T.M. lamenta poi il diniego della rinnovazione dell'istruttoria finalizzata a dimostrare tramite perizia che la scala era in precedenza saldata con ancoraggio adeguato.
Si duole della valorizzazione quale elemento della colpa specifica e della conseguente contestazione dell'aggravante della fattispecie contravvenzionale dell'articolo 8 del dpr n. 164 del 1956 che si assume ormai depenalizzata e comunque non applicabile.
Lamenta il diniego del giudizio di prevalenza delle generiche motivato in ragione del proprio comportamento successivo ai fatti e sostanziatosi nel tentativo di far formalizzare il contratto di locazione onde eludere le proprie responsabilità.
Il C.F. aggiunge quale ulteriore elemento che avrebbe dovuto portare ad escludere la sua responsabilità argomenti afferenti la disciplina delle posizioni di garanzia, originarie o derivate.

 

Diritto

 


I ricorsi sono infondati.
Con riferimento alle censure sulla responsabilità, vale ricordare, assorbentemente, che, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè ad una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l'eventuale vizio di travisamento ovvero la proposizione di una diversa rilettura degli argomenti sviluppati dai giudicanti può essere rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606, comma 1, lettera e), cod.proc.pen., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438). Da ciò conseguendo che la tesi difensiva qui proposta è inaccoglibile in sede di legittimità risolvendosi nella riproposizione di un dissenso sulla valutazione del compendio indiziario già pertinentemente valutato nella sede di merito, evocando la improponibile necessità che debba essere questa Corte a rinnovare la ricostruzione della vicenda economica sottostante [perfezionamento del contratto di locazione, disponibilità dei locali, attivazione per l'effettuazione dei lavori], ampiamente e incensurabilmente esaminati nella sede propria.
A ciò dovendosi aggiungere, quanto al tema della mancata assunzione della prova decisiva afferente lo status della scala, che il vizio di mancata assunzione di prova decisiva rileva solo quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a sostegno della decisione, risulti "decisiva", cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa decisione [Sez.4, n. 6783 del 23/01/2014, Di Meglio, Rv. 259323].
E' evidente in proposito che sul tema, la Corte di merito ha ampiamente corrisposto, evidenziando come entrambi gli imputati avessero dovuto prestare attenzione allo stato dei luoghi [l'uno avendo inviato in loco il soggetto che doveva occuparsi dei lavori, l'altro per averlo accompagnato], in termini tali da escludere significativo rilievo alla circostanza attualmente dedotta in ricorso.
Nessuna valenza ha il tema introdotto dalla difesa del C.F., afferente questione di nessun rilievo in ordine ad una posizione di garanzia che indiscutibilmente e incensurabilmente è stata ravvisata in sede di merito, non essendo comprensibili le censure articolate evocando, tra l'altro, l'inconferente istituto della delega di funzioni.
La sussistenza dell'ipotesi aggravata è stata motivata dal giudicante, anche soffermando l'attenzione sulla applicabilità della regola cautelare relativa ai lavori in quota, con una ricostruzione fattuale [in ordine al superamento della quota] incensurabile e dimostrativo dell'applicabilità della disciplina cautelare [pur fatta oggetto di declaratoria per prescrizione].
Indubbia del resto è l'applicabilità delle disposizioni precauzionali a tutte le attività in quota che possano determinare cadute dall'alto dei lavoratori [Sez. 4, n. 21268 del 17/05/2013,Ciracì, Rv. 255277].
E' vero, come sostenuto dal difensore del T.M. che la norma di cui all'art. 8 del d.P.R. n. 164 del 1956 è stata abrogata dall'art. 304 del d.Lvo 9 aprile 2008, n. 81, ma tale situazione non conduce alle conclusioni prospettate.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui al d.P.R. 164 del 1956, formalmente abrogata dal citato d.Lvo, e la vigente normativa infortunistica, in quanto il contenuto delle predette disposizioni risulta oggi recepito, per quanto concerne il caso in esame, dagli artt. 113 e seguenti del d.Lvo 81/2008, disposizioni che tuttora sanzionano penalmente le cautele antinfortunistiche di cui si tratta (v. Sez. 4, n. 42021 del 12/10/2011, Funaro, Rv. 251933, sia pure riferita ad altra norma).
Incensurabile è anche l'apprezzamento sviluppato sul trattamento sanzionatorio del T.M., non potendosi certo inferire l'illogicità della motivazione con gli argomenti di dissenso proposti dal ricorrente e basati su circostanze che il giudicante ha motivatamente disatteso.
Al rigetto dei ricorsi consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in questo giudizio di legittimità, liquidata come in dispositivo. 
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese per questo giudizio di legittimità in favore della parte civile, liquidate in euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 24/01/2017