Cassazione Penale, Sez. 4, 27 marzo 2017, n. 15123 - Operaio scivola sul pavimento sdrucciolevole durante le operazioni di pulizia e viene agganciato dal nastro trasportatore: mancanza di paratie laterali di sicurezza
Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: IZZO FAUSTO Data Udienza: 16/11/2016
Fatto
1. Con sentenza del 10\2\2016 la Corte di Appello di Trieste confermava la pronuncia di condanna di primo grado emessa a carico di DM.I. per il delitto di cui all'art. 590 cod. pen. per lesioni colpose in danno di R.R. (acc. in Staranzano il 22\2\2010).
All'imputato, in qualità di datore di lavoro e presidente del consiglio di amministrazione della s.r.l. SAGER, azienda dedita al compostaggio di rifiuti, era stato addebitato di avere fatto lavorare il R.R. presso un nastro trasportatore dell'impianto, privo di idonea protezione ed in assenza di precauzioni relativamente al rischio di caduta su pavimento sdrucciolevole; di tal che il R.R., mentre era intento con una scopa alla pulizia di residui di macinazione, scivolando sul pavimento reso sdrucciolevole dalla pioggia, cadeva sul nastro in movimento che agganciava il suo avambraccio destro procurando lesioni guarite in un anno, con probabile Indebolimento permanente dell'arto.
Con il rigetto dell'appello dell'imputato, veniva anche confermata la sanzione amministrativa in danno della società ai sensi dell'art. 25 septies del d.lgs. 231 del 2001.
Osservava la Corte di merito che, indipendentemente dalla individuazione della specifica causa della caduta della vittima, era indubbio che il nastro trasportatore fosse privo di paratie di sicurezza al momento dell'incidente; paratie solo successivamente apposte. Tale violazione delle norme di sicurezza era in evidente legame causale con l'infortunio patito dal R.R.. Peraltro, ad escludere la responsabilità dell'imputato, non valeva richiamare le disposizioni che imponevano il fermo del macchinario durante la manutenzione e pulizia dell'impianto, ciò in quanto l'incidente non era avvenuto in tali circostanze, bensì mentre il lavoratore si trovava a ramazzare il pavimento.
Quanto alla responsabilità dell'azienda, essa sussisteva in quanto la condotta omissiva, che aveva determinato l'incidente, non era frutto di una condotta posta in essere nell'esclusivo interesse dell'imputato o di terzi.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato e dell'azienda, lamentando:
2.1. Per DM.I. : la violazione di legge ed il vizio della motivazione, laddove la Corte di merito aveva utilizzato per la decisione le dichiarazioni rese dalla vittima e dal suo compagno di lavoro, C., in sede di inchiesta, non confrontandole con le dichiarazioni dibattimentali degli stessi testi e dell'ispettore del lavoro O.. In particolare l'infortunio era avvenuto perché il R.R., contravvenendo ad una specifica disposizione di sicurezza, aveva svolto il servizio di raccolta residui di lavorazioni fuoriusciti dal macchinario, non alla fine del ciclo di lavorazione ed a macchine spente, ma quando ancora la lavorazione era in corso. Di ciò vi era riprova nella condotta tenuta dall'altro operaio, il C. che, addetto ad altra vasca, era rimasto in attesa del termine della lavorazione. Peraltro lo stesso ispettore del lavoro aveva deposto circa il fatto che nel Documento di valutazione dei rischi era previsto che la pulizia delle aree dovesse essere svolta a macchine spente.
2.2. La nullità della sentenza ove motiva la condanna sulla rimozione di preesistenti paratie, mentre l'unica paratia temporaneamente rimossa era quella della cinghia di trasmissione, rimozione che non aveva avuto alcuna incidenza causale sull'infortunio.
2.3. Inoltre, la corte, perseverando l'errore percettivo, aveva determinato la pena e negato le attenuanti generiche, sulla valutazione della gravità della colpa in ragione della rimozione delle paratie.
2.4. Per la s.r.l. SAGER : sono stati svolti motivi in parte sovrapponibili a quelli dell'imputato, lamentando, inoltre, il mancato espletamento di una perizia di ufficio finalizzata a determinare le esatte modalità dell'incidente; inoltre, nell'applicare la sanzione, il giudice di merito non aveva tenuto conto che la necessità della protezione era stata imposta solo dopo l'incidente, ma il macchinario era conforme alle disposizioni di sicurezza garantite dal costruttore; inoltre non doveva essere sottovalutato che l'infortunio era avvenuto perché il lavoratore aveva disatteso specifiche norme di sicurezza impartite.
Diritto
1. Il ricorso dell'imputato è solo in parte fondato.
2. Il giudice di merito non ha inteso attribuire l'origine dell'infortunio ad una condotta negligente della vittima tenuto conto che le prescrizioni imposte dal datore di lavoro, di blocco del macchinario, erano dettate in caso sua manutenzione, non invece, come nel caso che ci occupa, di pulizia del pavimento.
Peraltro, questa Corte ha più volte ribadito, in materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721; Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, dep. 2014, Rv. 259313; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Rv. 259227; Sez. 4, n. 7267 del 10/11/2009, dep. 23/02/2010, Rv. 246695).
Nel caso in esame, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, il R.R. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro consistente nella pulizia del pavimento nei pressi del nastro trasportatore.
Pertanto non ha posto in essere alcun comportamento anomalo tale da poter essere qualificato come abnorme ed idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva dell'imputato e l'evento.
3. La difesa dell'imputato ha lamentato inoltre un errore percettivo in relazione alla assenza di precedenti paratie di protezione del macchinario.
L'errore percettivo non sussiste. La Corte di merito ha ben spiegato che al momento dell'incidente mancava la paratia che occludeva le cinghie di trasmissione del moto. Ma tale assenza non aveva alcun rilievo in quanto non era tale organo in movimento che aveva agganciato il braccio del R.R..
La mancanza rilevante era quella delle paratie laterali del nastro trasportatore all'interno del quale era caduto il lavoratore. Paratie che il consulente di parte, nella sua relazione fa intendere fossero già in dotazione, ma che in realtà afferma la sentenza furono apposte immediatamente dopo l'incidente, a seguito di specifica prescrizione del Dipartimento di prevenzione.
La difesa ritiene che la presenza di tale protezione, di altezza di circa mt. 1,50, non avrebbe evitato l'evento nel caso in cui l'operaio si fosse sporto all'interno del macchinario come verosimilmente accaduto. Sul punto va richiamata la esaustiva motivazione del giudice di merito che, sulla base dell'istruttoria svolta, ha ricostruito la genesi dell'Incidente riconducendola con sicurezza ad uno scivolamento del R.R., forse dovuto alla presenza di una pavimento sdrucciolevole sul quale operava il lavoratore, Il quale era caduto con il braccio sul nastro che l'aveva poi agganciato.
Le censure mosse dalla difesa alla sentenza sul punto, esprimono solo un dissenso generico rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità,, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.
4. Fondato, invece, è il motivo di ricorso relativo al diniego delle attenuati generiche.
Invero la corte di merito ha così motivato il diniego: « ....va osservato che la mancata concessione delle attenuanti generiche si giustifica per il precedente penale dell'imputato e per l'entità della colpa, dato che le paratie del nastro trasportatore, già in dotazione dell'impianto, secondo la ricostruzione del C.T. di parte erano risultate in quel frangente rimosse».
Sul punto la sentenza palesa una contraddizione. Infatti una volta affermato che la paratia non era presente sul macchinario (così come peraltro sostenuto dalla stessa difesa in ricorso, laddove sostiene la tesi che la paratia di protezione del nastro non era né obbligatoria, né opportuna), non può poi farne un addebito di colpa, al fine di negare le attenuanti, la sua rimozione che presuppone una sua preesistenza.
Si impone pertanto sul punto l'annullamento con rinvio della sentenza.
5. Quanto alle doglianze formulate dalla società, esse sono infondate.
Si richiama quanto già detto in ordine alla inesistenza di un'incidenza causale della condotta del lavoratore e all'accertata sussistenza della violazione delle misure di prevenzione da parte del DM.I..
Quanto all'ulteriore censura formulata, relativa alla mancata assunzione di una prova decisiva e cioè di una perizia tecnica , va ricordato che questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che "per prova decisiva sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su aspetti secondari della motivazione (quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti determinante per un esito diverso del processo, nel senso che essa, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia" (ex plurimis, Sez. 2, n. 16354 del 28/04/2006, Maio, Rv. 234752); questa Corte ha anche precisato che "non sussiste il vizio di mancata ammissione di prova decisiva quando si tratti di prova che debba essere valutata unitamente agli altri elementi di prova processualmente acquisiti, non per eliderne l'efficacia probatoria, ma per effettuare un confronto dialettico che in ipotesi potrebbe condurre a diverse conclusioni argomentative" (Sez. 2, n. 2827 del 22/11/2005, dep. 2006, Russo, Rv. 233328).
In particolare, con riferimento alla perizia, essa "per il suo carattere "neutro" sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell'art.606 comma primo lett. d) cod. proc. pen., in quanto giudizio di fatto che se sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione" (Sez. 4, n. 14130 del 22/01/2007, Pastorelli, Rv. 236191).
Nel caso di specie il giudice di merito, con argomentazioni non manifestamente illogiche, nel negare ingresso alla perizia, ha evidenziato come dagli atti già acquisiti emergesse al di là di ogni ragionevole una certa ricostruzione dell'infortunio, dovuto a scivolamento e non ad un volontario affaccio del lavoratore sul nastro.
Si impone per quanto detto il rigetto del ricorso della società a cui consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione concernente le attenuanti generiche e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Trieste.
Rigetta nel resto il ricorso del DM.I.. Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità del DM.I. stesso.
Rigetta il ricorso della SAGER s.r.l. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 16 novembre 2016