Cassazione Civile, Sez. Lav., 16 maggio 2017, n. 12104 - Infortunio sul lavoro e tetraparesi spastica. Ricorso inammissibile


Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 16/05/2017

 

 

Fatto

 


Con sentenza depositata il 29.1.2011, la Corte d'appello di Catania confermava la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di S.A. volta a conseguire la rendita per infortunio sul lavoro. La Corte, in particolare, riteneva che le consulenze tecniche disposte in seconde cure non potessero scalfire le conclusioni negative cui era giunto il CTU nominato in primo grado giacché, nell'individuare un nesso di causalità fra l'infortunio occorso all'assicurato e la tetraparesi spastica da cui questi era affetto, avevano fatto riferimento a dati fattuali mai acquisiti al processo e segnatamente ad una dinamica dell'infortunio contrastante con quanto dall'assicurato stesso dichiarato in sede di denuncia all'INAIL e ribadito sia nell'atto introduttivo del giudizio che in appello.
Ricorre contro tale statuizione I.M., erede dell'assicurato, proponendo un unico motivo di censura, illustrato con memoria. Resiste l'INAIL con controricorso.
 

 

Diritto

 


Con l'unico motivo di censura, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 74, T.U. n. 1124/1965, e degli artt. 115, 116, 194, 424 e 445 c.p.c., nonché vizio di motivazione, per avere la Corte di merito avvalorato le conclusioni cui era giunto il CTU nominato in prime cure, invece che quelle, a sé favorevoli, cui erano pervenute le CTU disposte in grado di appello.
Il motivo è inammissibile.
Circa le censure di violazione di legge, giova ricordare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione della norma recata da una disposizione di legge da parte del provvedimento impugnato, riconducibile o ad un'erronea interpretazione della medesima ovvero nell'erronea sussunzione del fatto così come accertato entro di essa, e non va confuso con l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura in sede di legittimità era possibile, ratione temporis, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione (cfr. fra le più recenti Cass. nn. 15499 del 2004, 18782 del 2005, 5076 e 22348 del 2007, 7394 del 2010, 8315 del 2013). Ed è evidente che, nella specie, le doglianze proposte da parte ricorrente incorrono nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulate con riferimento a una presunta violazione o falsa applicazione delle disposizioni citate nella rubrica del motivo, hanno in realtà di mira il giudizio (di fatto) compiuto dalla Corte di merito circa la sussistenza dei presupposti per la loro applicazione.
Circa il vizio di motivazione, che parte ricorrente lamenta riferendosi a documentazione clinica che sarebbe stata acquisita, al processo, deve invece rilevarsene l'estraneità al decisum, giacché la Corte territoriale ha motivato il proprio convincimento in relazione al fatto che le consulenze tecniche disposte in seconde cure, nell'individuare un nesso di causalità fra l'infortunio occorso all'assicurato e la tetraparesi spastica da cui questi era affetto, avevano fatto riferimento a dati fattuali mai ritualmente acquisiti al processo e segnatamente ad una dinamica dell'infortunio contrastante con quanto dall'assicurato stesso dichiarato in sede di denuncia all'INAIL e ribadito sia nell'atto introduttivo del giudizio che in appello. E poiché parte ricorrente non ha punto censurato tale affermazione, non rinvenendosi in ricorso alcuna compiuta allegazione circa il fatto che la denuncia d'infortunio e gli atti introduttivi del giudizio di primo grado e d'appello contenessero una ricostruzione dell'infortunio differente da quella accertata dai giudici di merito, non può che darsi continuità al principio secondo cui secondo cui la proposizione con il ricorso per cassazione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l'inammissibilità del motivo di ricorso, non potendo quest'ultimo essere configurato quale impugnazione rispettosa del canone di cui all'art. 366 n. 4 c.p.c. (v. in tal senso Cass. n. 17125 del 2007).
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese ex art. 152 att. c.p.c.-
 

 

P.Q.M.

 


La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.2.2017.