Cassazione Penale, Sez. 4, 09 febbraio 2018, n. 6527 - Macchinario non protetto e infortunio alla mano della lavoratrice. Prescrizione del reato: nessun proscioglimento nel merito


Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: PICARDI FRANCESCA Data Udienza: 24/01/2018

 

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado con cui G.B. è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 113 e 590, secondo e terzo comma, cod.pen., perché, quale presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della Vulcanflex, in concorso con R.B., per colpa, imprudenza, imperizia, non osservando le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e, cioè, non proteggendo la zona di imbocco tra cilindro di ripescaggio e di stampa del macchinario in uso, cagionava alla dipendente D.M. lesioni personali gravi (edema, echimosi mano sinistra, trauma, schiacciamento mano sinistra), la quale avvicinava la mano ai due cilindri in movimento con conseguente trascinamento dell'estremità dell'arto (23 novembre 2009).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione tempestivamente l'imputato a mezzo del proprio difensore.
2. Con il primo motivo si è dedotta l'inosservanza degli artt. 41, secondo comma, 43, 590, secondo e terzo comma, cod.pen., 2087 cod.civ., 70, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008 nonché la mancanza di motivazione in ordine ai motivi di appello, essendo stata affermata la responsabilità del datore di lavoro nonostante il comportamento del lavoratore fosse eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il titolare della posizione di garanzia è chiamato a governare; con il secondo motivo si è dedotta l'inosservanza dell'art. 16 del d.lgs. n. 81 del 2008, potendo essere adottato l'intervento di protezione dei macchinari di linea stampa autonomamente dal capo area C. e dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione A. e non essendo il datore di lavoro responsabile in materia di sicurezza sul lavoro laddove tale responsabilità sia stata trasferita ad altri soggetti; con il terzo motivo si è dedotta l'inosservanza degli artt. 132, 133 cod.pen., 53 della L. n. 689 del 1981 e 125, terzo comma, cod.proc.pen., nonché mancanza di motivazione sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva in pecuniaria.
 

 

Diritto

 


1.Preliminarmente, osserva il collegio come il reato per il quale l'imputato è stato tratto a giudizio deve ritenersi prescritto, trattandosi di delitto commesso in data 23 novembre 2009: non ricorrendo alcuna ipotesi di sospensione, il termine di prescrizione è maturato il 23 maggio 2017.
Al riguardo, ritenuto che l’odierno ricorso avanzato dall'imputato non appare manifestamente infondato (con particolare riferimento al terzo motivo), né risulta affetto da profili d'inammissibilità di altra natura, occorre sottolineare, in conformità all'insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di pronunciare l'assoluzione dell'Imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all'imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una 'constatazione', che a un atto di 'apprezzamento' e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Sez. U n. 35490 del 2009, Rv. 244274). E invero il concetto di 'evidenza', richiesto dal secondo comma dell'art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275). Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell'imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui 'positivamente' deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l'assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l'eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (v. Sez. 2 n. 26008 del 2007, Rv. 237263).
Ciò non è riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte - anche tenendo conto degli elementi evidenziati nella motivazione della sentenza di merito - non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo comma dell'art. 129 c.p.p.
3. Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestato all'imputato estinto per prescrizione.
 

 

PQM

 


annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso 24 gennaio 2017.