Cassazione Penale, Sez. 3, 14 febbraio 2018, n. 7009 - Mancanza di un idoneo impianto di aspirazione per la cattura dei fumi. Iter amministrativo e iter penale


 

 

Presidente: ROSI ELISABETTA Relatore: MACRI' UBALDA Data Udienza: 30/11/2017

 

 

 

Fatto

 


1. Con sentenza in data 27.4.2017 il Tribunale di Pordenone ha condannato M.S., con le attenuanti generiche, alla pena di complessivi euro 4.000,00 di ammenda, oltre spese, di cui € 2.000,00 per il reato di cui al capo A), art. 64, comma 1, lett. a), d.Lgs. 81/2008, perché in qualità di legale rappresentante della ditta slovena Montig D.O.O. non aveva ottemperato alle prescrizioni impartite con verbale ispettivo del 18.4.2013 dei servizi sanitari del Friuli occidentale, in particolare, presso lo stabilimento produttivo di Polcenigo non aveva realizzato un idoneo impianto di aspirazione per la cattura dei fumi derivanti dalle attività svolte, in Polcenigo il 23.11.2012, ed € 2.000,00 per il reato di cui al capo B), art. 192, comma 2, d. Lgs. 81/2008, perché nella qualità predetta non aveva ottemperato alle prescrizioni del verbale predetto, in particolare non aveva predisposto ed attuato il programma di misure tecniche ed organizzative finalizzato a ridurre l'esposizione al rumore, in quanto presso lo stabilimento di Polcenigo, non aveva posizionato dei pannelli acustici fono assorbenti e fono isolanti nel numero minimo sufficiente di 11, sempre in Polcenigo il 23.11.2012.
2. Con il primo motivo di ricorso, l'imputato deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., in relazione agli art. 354, 356 c.p.p., 114, 220 disp. att., c.p.p., 178, lett. c), c.p.p. Lamenta di non essere stato avvisato nel corso dei sopralluoghi della ASL della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia prima di procedere all'accertamento delle contravvenzioni contestate, con conseguente nullità degli elementi probatori acquisiti al processo. Precisa che il verbale del 18.4.2013 non era stato ritualmente ricevuto perché indirizzato presso la sede della Tecnosald di San Giorgio di Nogaro ove non aveva eletto domicilio. Le dichiarazioni dibattimentali rese ex post dalla teste Z., nella loro genericità e vaghezza, non potevano sanare la nullità del verbale in oggetto e non fornivano alcuno specifico supporto probatorio alle violazioni contestate.
Con il secondo motivo, lamenta la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., in relazione alle contravvenzioni come contestate. Svolte ampie considerazioni tecniche sui fatti di causa, deduce che, nonostante le molteplici misure adottate, i funzionari dell'Amministrazione non avevano eseguito i campionamenti che potevano smentire le misurazioni della relazione tecnica di parte.
Con specifico riferimento al reato sub A), espone che gli strumenti utilizzati risultavano conformi alle direttive tecniche delle stesse strutture sanitarie per i lavori di saldatura.
Con specifico riferimento al reato sub B), precisa che la contestazione era stata generica, che l'accertamento ispettivo scontava il difetto della commistione tra le contestazioni rivolte alla Tecnosald e quelle rivolte alla sua ditta, che le sue misurazioni avevano registrato il rispetto dei parametri, che il Giudice non si era confrontato con le perizie tecniche in atti.
 

 

Diritto

 


3. Il ricorso è infondato.
3.1. Con riferimento al primo motivo, va osservato che i verbali ispettivi dell'Azienda per l'assistenza sanitaria della Regione Friuli hanno natura amministrativa e non costituiscono atti che richiedono la nomina o assistenza di un difensore di fiducia, secondo le regole del codice di procedura penale. Infatti, gli art. 20 e seg., d. Lgs. 758/1994, premessa la competenza dell'Amministrazione a vigilare sul rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e salute dei lavoratori, prevedono che gli ispettori abbiano compiti di vigilanza, ma al contempo, di propulsione al fine della soluzione delle criticità individuate. Il sistema normativo è congegnato in modo tale da prevedere che l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, abbia la possibilità di impartire al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario; tale termine è prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento, ma in nessun caso esso può superare i sei mesi; tuttavia, quando specifiche circostanze, non imputabili al contravventore, determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero; con la prescrizione, l'organo di vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro; resta tuttavia fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di procedura penale.
3.2. Ebbene, solo se e quando il pubblico ministero riceve la notizia di reato e ritiene di esercitare l'azione penale è possibile parlare di procedimento penale con le garanzie difensive previste dalla legge.
Nella fase precedente, solo interlocutoria, il rapporto si instaura tra gli ispettori e la parte che non ha bisogno di alcuna garanzia difensiva particolare, se non quella di cui essa stessa ritenga di dotarsi.
Tanto è avvenuto nel caso di specie, in cui gli ispettori hanno redatto il verbale con le prescrizioni e l'imputato ha chiesto un termine di 180 giorni, regolarmente ottenuto per i relativi adempimenti, salvo poi la verifica da parte dell'organo di vigilanza ai sensi del successivo art. 21 d. Lgs. 758/1994 dell'inottemperanza e l'obbligo puntualmente adempiuto della trasmissione della comunicazione della notizia di reato al pubblico ministero che ha esercitato l'azione penale.
3.3. La giurisprudenza, sia pure con alcuni distinguo non rilevanti nella specie, è costante nel valutare questi atti amministrativi come extraprocessuali e non necessitanti la nomina del difensore di fiducia per il destinatario. Si vedano, tra le tante, le sentenze prevalentemente in materia di accertamenti tributari e previdenziali, Sez. 3, 21.1.1997, n. 1969, Basile, Rv 206944, secondo cui in materia di accertamento dei reati tributari, il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza o dai funzionari degli uffici finanziari è un atto amministrativo extraprocessuale come tale acquisibile ed utilizzabile ex art. 234 cod. proc. pen. nel suo vario contenuto, senza necessità di dover richiamare normative affini o analoghe del codice di rito stabilite per specifici mezzi di prova; tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità prescritte dall'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., giacché, altrimenti, la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile; negli stessi termini anche Sez. 3, 1.4.1998, n. 7820, MM., Rv. 211225; si veda altresì Sez. 2, 13.12.2005, n. 2601, Cacace, Rv. 233330, secondo cui in materia di attività ispettive di vigilanza di natura amministrativa, il presupposto dell'emersione di indizi di reato, a cui segue l'obbligo di osservare le disposizioni del codice di rito per il compimento degli atti necessari all'assicurazione delle fonti di prova ed alla raccolta degli elementi informativi necessari per l'applicazione della legge penale, si sostanzia non nell'insorgenza di una prova indiretta quale indicata dall'art. 192 cod. proc. pen., ma nella mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata; Sez. 3, 18.11.2008, n. 6881, Ceragioli e altri, Rv. 242523, secondo cui il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica fiscale; tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'art. 220 disp. att., giacché altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile; Sez. 3, 17.6.2014, n. 27682, Palmieri, Rv. 259948, secondo cui in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, il controllo formale relativo alla regolarità della posizione contributiva del datore di lavoro, compiuto dall'Istituto previdenziale sulla base dei documenti già in suo possesso, non può considerarsi attività ispettiva o di vigilanza ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., che impone l'osservanza delle norme a garanzia della difesa previste dal codice di rito per l'assicurazione delle fonti di prova e la raccolta degli elementi informativi necessari per l'applicazione della legge penale e Sez. 3, 30.12015, n. 7930, Marchetti e altro, Rv. 262518, per il quale il processo verbale di constatazione redatto dal personale della Agenzia delle Entrate, per la sua natura di atto amministrativo extraprocessuale, non presuppone l'obbligo di avvisare il soggetto sottoposto a verifica fiscale della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. 
3.4. Il Giudice di Pordenone, al di là della qualificazione del verbale, ha valorizzato come elemento decisivo di prova la testimonianza della Z., la quale ha redatto l'atto e ne ha precisamente e compiutamente ricostruito il contenuto nel corso della deposizione dibattimentale.
In tale contesto, il motivo di ricorso appare di mero stile con riferimento, non solo al profilo della mancata nomina del difensore di fiducia, ma anche alla mancata notifica all'indirizzo presuntivamente ritenuto valido dall'imputato. Ed invero tali rilievi presuppongono ed attengono all'atto giudiziario penale e non al verbale ispettivo; inoltre, l'imputato certamente conosceva il contenuto del verbale tant'era vero che aveva ottenuto il termine per uniformarsi alle prescrizioni. Ne consegue anche il rigetto dell'eccezione d'inutilizzabilità della prova e di nullità degli atti successivamente compiuti, tanto più della deposizione testimoniale dell'ispettore Z..
4. Con riferimento alla seconda censura, il Giudice ha accertato, sempre sulla base della testimonianza di Z., che in data 10.3.2014 gli ispettori avevano verificato l'inottemperanza alle prescrizioni impartite ed avevano effettuato la segnalazione al pubblico ministero, secondo legge. In particolare, con riferimento alla prima violazione, l'imputato aveva installato dei sistemi mobili di abbattimento di polveri e gas, ritenuti non idonei dai tecnici della prevenzione sia perché parzialmente non funzionanti sia perché, in contrasto con quanto prescritto, non espellevano gli inquinanti all'esterno dello stabilimento; con riferimento alla seconda violazione, aveva redatto il programma di interventi per la riduzione del rumore, ma non l'aveva attuato perché aveva posizionato un numero di pannelli inferiore a quanto necessario e previsto. Di qui l'esito negativo del procedimento amministrativo e l'inizio di quello penale.
4.1. Il Giudice di prime cure ha anche preso in considerazione le osservazioni della Difesa con riferimento ai profili tecnici, ripetute nel ricorso per cassazione, fornendo una motivazione solida, coerente, non contraddittoria e non manifestamente illogica, quindi non censurabile ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., perché la teste Z. aveva spiegato che gli impianti mobili di aspirazione collocati dal datore di lavoro non emettevano le sostanze nocive all'esterno ed erano parzialmente non funzionanti, mentre il programma di interventi per il rumore non era stato compiutamente attuato. Per i dettagli, ha rinviato alla trascrizione del verbale di deposizione dibattimentale, il che è da ritenersi sufficiente ai fini dell'assolvimento degli obblighi motivazionali.
Peraltro, ha anche osservato che la teste Z. aveva riferito in merito all'esistenza delle violazioni di legge al momento dell'ispezione nonché al momento della verifica dell'adempimento delle prescrizioni, sicché i reati contestati dovevano ritenersi comunque integrati, siccome non era sopraggiunta la causa estintiva.
4.2. Come spiegato da questa Corte con sentenza della Sez. 5, 7.10.2014, n. 6754, C., Rv. 262722, in tema di prova scientifica, la Cassazione non deve stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica delle acquisizioni esaminate dal giudice di merito e, quindi, se la tesi accolta sia esatta ma solo se la spiegazione fornita sia razionale e logica; essa, infatti, non è giudice del sapere scientifico ed è solo chiamata a valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto; ne deriva che il giudice di legittimità non può operare una differente valutazione degli esiti di una consulenza, trattandosi di un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. Analogamente, si veda Sez. 5, 13.2.2017, n. 18975, Cadore, Rv. 269909, secondo cui in tema di controllo sulla motivazione, il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d'ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell'obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell'esattezza scientifica delle prime e dell'erroneità delle seconde, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente; conseguentemente, può ravvisarsi vizio di motivazione, denunciabile in cassazione ai sensi dell'art. 606, comma primo, lettera e), cod. proc. pen., solo qualora risulti che queste ultime siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante ed inconfutabile la fallacia delle conclusioni peritali recepite dal giudice.
4.3. Orbene, il Giudice ha dimostrato di aver preso in considerazione tutti gli elementi, anche tecnici, a sua disposizione e di aver reso una motivazione logica a sostegno della sua decisione.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 30 novembre 2017.