Cassazione Penale, Sez. 4, 01 agosto 2018, n. 37106 - Grave violazione del lavoratore che supera delle transenne a chiusura di un'area pericolosa. Rischio prevedibile e nessun comportamento abnorme


 

 

 

In alcun modo può ritenersi abnorme ed eccentrico od addirittura estraneo alle mansioni affidate il comportamento del lavoratore che superando delle transenne apposte a chiusura di un'area pericolosa, rispetto alla quale è interdetto il transito, ponga in essere proprio quell'azione paventata, per evitare la quale la tutela viene predisposta. Siffatto comportamento, infatti, costituisce proprio il rischio tipico per cui viene introdotta la prevenzione concreta, così come rischio tipico è l'azione dell'operatore che, anziché operare a macchina ferma, o chiamare l'addetto, manovri manualmente su un'apparecchiatura al fine di bloccarla o di sbloccarla, anche ponendo in essere azioni gravemente imprudenti e per evitare le quali ha ricevuto l'opportuna formazione ed informazione. Si tratta, invero, di prevedibili, seppur gravi, violazioni delle norme di sicurezza da parte del lavoratore interessato.


 

 

 

Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 09/05/2018

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 5 luglio 2017 la Corte di Appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto- ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto con cui G.G. e A.R.S. sono stati riconosciuti colpevoli, nelle rispettive qualità di capoturno e di capo area del reparto Tubo Longitudinale, del reato di cui all'art. 589 comma secondo cod. pen. e condannati alla pena ritenuta di giustizia, oltre al pagamento di una provvisionale per il risarcimento del danno, in solido con il responsabile civile- per avere cagionato la morte di D.O., con imprudenza, negligenza ed imperizia e con la violazione di norme di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro ed in particolare degli artt. 34 e 374 d.p.R. 547/1955, omettendo di adottare la macchina Walking Beam di dispositivo di blocco, collegato con gli organi di messa in moto e di dotare l'area circostante il medesimo macchinario di un sistema di barderamento metallico che presentasse requisiti di resistenza ed idoneità ad impedire l'accesso diretto.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello propongono ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore, affidandolo a due motivi.
3. Con il primo fanno valere, ex art. 606, primo comma, lett.re b) ed e) la violazione della legge penale, con riferimento agli artt. 34 e 374 d.P.R. 547/1955 ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Rilevano che i giudici del merito hanno fondato la loro decisione esclusivamente sulle dichiarazioni rese dall'ispettore del lavoro S., trascurando quanto rilevato dei tecnici dello Spresal, G. e DP., nonché dei testi OMISSIS, la cui corretta considerazione avrebbe consentito di accertare la responsabilità esclusiva dell'D.O. nella causazione dell'evento, configurandosi la sua condotta come un'azione eccentrica ed abnorme del lavoratore, tale da escludere la responsabilità degli imputati che avevano correttamente posto in essere le misure di prevenzione sufficienti a neutralizzare il rischio. Osservano che dalla relazione dei tecnici Spresal, intervenuti subito dopo il sinistro, era emerso: che la zona in cui si verificò l'evento era delimitata da pesanti transenne e da idonea segnaletica di divieto d'accesso; che per raggiungere la postazione di lavoro di addetto al CUT OFF l'D.O. avrebbe dovuto servirsi delle apposite vie di camminamento costituite da passerelle sopraelevate, come peraltro fatto proprio nell'occasione dal collega di lavoro D'A.; che nessun ordine era contrario stato dato all'operaio deceduto che lo autorizzasse a contravvenire al divieto di accesso all'area; che durante le prove svolte successivamente al sinistro sull'impianto, il macchinario non aveva mostrato alcuna anomalia che potesse aver indotto l'D.O. ad intervenire manualmente sul medesimo. Assumono che, nondimeno, la corte territoriale disattendendo l'informativa Spresal acquisita con il consenso delle parti in dibattimento, ha fondato la decisione solo sugli accertamenti eseguiti dall'ispettore del lavoro S., incaricato dal pubblico ministero, ignorando anche le dichiarazioni rese in sede di s.i.t dai lavoratori D'A. e CH. (mai escussi in dibattimento, così come il L., altro collega di lavoro) secondo i quali le procedure operative, in caso di necessità di intervento sull'impianto, prevedevano la chiamata del manutentore elettrico Sicché l'asserito tentativo di ripristinare manualmente la macchina Walking Beam da parte dell'D.O. era del tutto arbitrario e posto in essere da un soggetto consapevole dei rischi connessi ad un simile intervento, essendo stato riconosciuto dalla stessa sentenza che rispetto a quei rischi l'operaio era stato adeguatamente formato ed informato. Ed infatti, l'D.O. nonostante la transennatura che chiudeva l'area, apriva un varco per accedere all'interno della medesima, indifferente ai divieti. D'altro canto, non solo non era stata accertata in giudizio una prassi secondo la quale gli operai si infilavano fra le transenne per giungere al macchinario, per operare direttamente sul medesimo in caso di malfunzionamento, senza chiamare il manutentore, provvedendo a sbloccare l'apparecchiatura con un oggetto o ripiegandosi in avanti, in modo da indurre il sensore in errore al fine di riavviare il sistema. Ma, neppure è stato accertato che l'D.O. avesse superato le barriere per svolgere una simile attività. Invero, dalla ricostruzione dei fatti, era emersa un'altra versione secondo cui l'D.O., dopo avere, insieme con il D'A. aiutato il collega CH., addetto alla smussatrice, in difficoltà nell'imbarcare un tubo da spostare, attraversava l'area interdetta al fine di tornare alla propria postazione lavorativa, mentre il D'A. seguiva il percorso corretto, sopra la passerella. Solo a causa dell'esorbitante condotta tenuta il lavoratore aveva potuto rimanere incastrato col petto e con una spalla tra la sella del Walking Beam ed un tubo. Peraltro, secondo la versione di un altro operaio riferita all'ispettore S., il sinistro avrebbe potuto verificarsi anche per la condotta di un carropontista che collocò un tubo senza avvedersi della presenza a ridosso dell'D.O.. Dunque, il percorso motivazionale appare esprimersi in violazione del canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio, anche in considerazione del fatto che l'impianto, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza, era dotato dei requisiti di resistenza ed idoneità previsti dall'art. 374 d.P.R. 547/1955, mentre il blocco degli apparecchi di protezione di cui all'art. 73 d.P.R. cit. non poteva essere considerato requisito necessario nel caso in esame.
4. Con il secondo motivo lamentano ex art. 506, comma I^ lett.re b) ed e) la violazione di legge penale in relazione agli artt. 40, comma 2A e 589 comma 2A cod. pen., per non avere la sentenza tenuto in considerazione che laddove il comportamento del lavoratore si riveli abnorme, tanto da essere al di fuori dalla possibilità di controllo dei garanti, deve ritenersi escluso il nesso causale fra la condotta di questi ultimi, ancorché consistente nella violazione di normative antinfortunistiche, costituendo il comportamento del lavoratore rischio eccentrico ed esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia e, pertanto, causa da sola sufficiente al prodursi dell'evento medesimo.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato.
2. I motivi possono essere trattati unitamente in quanto strettamente connessi e non possono trovare accoglimento.
3. Va premesso che nelle attività produttive le regole cautelari sono prevalentemente codificate in modo analitico, essendo previste normativamente sia prescrizioni specifiche, che sistemi e moduli organizzativi delle lavorazioni tali da assicurare la tutela dei lavoratori coinvolti, la cui salute è considerata vero e proprio limite all'attività produttiva, alla sua utilità sociale, nonché alla produzione del relativo profitto. Ciò comporta che nelle attività pericolose consentite, laddove sia impossibile eliminare il pericolo, l'obbligo di evitare l'evento si rafforza perché la sua prevedibilità è intrinseca al tipo di attività svolta, con la conseguenza che la prudenza, la diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee ad evitare (o diminuire) il rischio debbono essere maggiori e non possono essere eludere l'osservanza delle norme specificamente poste a tutela della sua evitabilità. Mentre questa andrà comunque valutata in concreto, avuto riguardo, dal punto di vista controfattuale, all'inevitabile prodursi dell'evento anche in presenza dell'possono alla campagna osservanza scrupolosa delle regole di cautela destinate ad evitarlo.
4. Con entrambe le doglianze si fa valere, In primo luogo, il vizio di travisamento della prova, perché, si sostiene: che la Corte avrebbe ricostruito l'accaduto solo facendo riferimento alle dichiarazioni del teste S., Ispettore del lavoro, incaricato dal pubblico ministero di approfondimenti di indagine, senza porre a confronto siffatte risultanze con quanto emerso sia dall'informativa Spresal, redatta immediatamente dopo l'infortunio, con cui era stato chiarito che l'area era protetta da barriere; che il divieto di accedervi era adeguatamente segnalato; che era stato predisposto un apposito percorso con un camminamento sopraelevato; che non era stata rilevata alcuna anomalia dell'impianto che potesse indurre ad operarvi manualmente e che era stata predisposta una procedura specifica di intervento, a mezzo di manutentore incaricato, per il caso di necessità di intervento. Non solo ma la decisione ometteva di fare riferimento alle dichiarazioni degli altri lavoratori, sentiti in sede di sommarie informazioni testimoniali- non escussi come testi nel giudizio abbreviato- incompatibili con la versione dei fatti fatta propria dal giudice di appello. Da siffatto travisamento del quadro probatorio deriverebbe l'omessa valutazione come abnorme del comportamento del lavoratore deceduto e quindi l'affermazione di responsabilità degli imputati, nonostante l'interruzione del nesso causale provocata dal rischio eccentrico da questi posto in essere, costituente evidente decorso causale alternativo dell'evento.
5. Ora, va sottolineato che la motivazione della Corte, che chiarisce di condividere l'accertamento contenuto nella sentenza di primo grado, esamina- contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti- tutte le emergenze istruttorie, dando atto che i lavoratori, dapprima sentiti dagli incaricati della Spresal nell'immediatezza, e quindi successivamente dall'ispettore del lavoro S., da questo sollecitati hanno fornito versioni più analitiche. Così, per esempio, la sentenza dà atto che il D'A., confermò al S. che il giorno del sinistro l'D.O., lungi dal passare nell'area interdetta, per tornare al posto di lavoro, vi si era introdotto proprio allo scopo di sbloccare la macchina, intervenendo manualmente sui sensori, mentre si era limitato a dire ai tecnici dello Spresal che la zona in questione veniva utilizzata per il transito. Parimenti il CH., addetto ad altro macchinario, aveva confermato al S. che l'apparecchiatura presentava problemi di funzionamento, anche durante il funzionamento automatico, mentre il D'A. aveva riferito di avere imparato come fare l'intervento manuale sui sensori proprio vedendolo fare ad altri. Egualmente la sentenza argomenta sull'inverosimiglianza della versione alternativa del mero passaggio dell'D.O. nell'area per ritornare alla propria postazione di lavoro, avuto riguardo al fatto che il camminamento protetto si trovava proprio accanto alla zona vietata, il che rendeva incongruo l'attraversamento della via a rulli di un macchinario pericoloso ed in movimento solo per raggiungere in un tempo più breve la propria postazione di lavoro. Ma, la Corte territoriale, ha esaminato autonomamente anche il confronto, svoltosi nel giudizio di primo grado, a seguito del contrasto fra la versione fornita dai tecnici dello Spresal sull'idoneità della transennatura amovibile ad evitare l'ingresso e sulla presenza di varchi fra le transenne e la ricostruzione del S., rilevando che mentre i primi avevano positivamente riferito in ordine alla conformità delle transenne alla normativa in materia di attrezzature sui luoghi di lavoro, negando la presenza di varchi, segnalati però dalle fotografie scattate, il S. aveva ritenuto che la transennatura benché solida pesante e regolamentare per la tipologia realizzata, presentasse, tuttavia, varchi da cui era possibile introdursi nell'area a rischio. La Corte, sul punto, è pervenuta alla medesima conclusione cui era giunto il Tribunale affermando che nonostante le transenne fossero di altezza adeguata e sufficientemente pesanti, esse non erano collegate a dispositivi di blocco e potevano pertanto essere superate, dai varchi presenti.
6. L'accurata analisi compiuta dalla sentenza impugnata in relazione a tutte le prove raccolte in giudizio, consente di escludere il lamentato vizio di travisamento della prova, che si risolve nella pretesa di una diversa valutazione del quadro probatorio posto a fondamento della pronuncia di responsabilità degli imputati. Il ricorso, peraltro, appare sotto questo profilo generico perché, pur rinviando agli allegati verbali di udienza ed alla documentazione acquisita agli atti del dibattimento, non indica con precisioni quali siano le dichiarazioni pretermesse o gravemente fraintese.
7. Nondimeno, come chiarito in plurime occasioni, i vizi di cui all'art. 606, comma 1A lett. e) cod. proc. pen., qualora ineriscano il travisamento della prova, devono essere tali da risultare percepibili ictu oculi, sicché il sindacato di legittimità è limitato solo alle ipotesi che si rivelino alla semplice lettura del provvedimento in modo tanto macroscopico da rendere l'illogicità e la contraddittorietà dell'argomentazione giustificativa del provvedimento immediatamente evidenti. Restano escluse, al contrario, non solo le minime incongruenze, ma anche considerazioni e deduzioni in ordine alla mera e diversa ricostruzione dei fatti difensive, purché la motivazione svolga in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Sez. un., sentenza n. 24 del 24 novembre 1999, Rv. n. 214794; Sez. un., sentenza n. 12 del 31 maggio 2000, Rv. 216260; Sez. un., sentenza n. 47289 del 24 settembre 2003, Rv. n. 226074). Non è invece consentita una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. VI, sentenza n. 27429 del 4 luglio 2006, Rv. n. 234559; Sez. VI, sentenza n. 25255 del 14 febbraio 2012, Rv.. n. 253099).
8. Altro secondo principio riguarda la rilevabilità del vizio del travisamento della prova in ipotesi di c.d. "doppia conforme". Questa Sezione ha osservato, in molteplici occasioni che "in presenza di una c.d. "doppia conforme", ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso di specie, riguardante l'affermazione di responsabilità), il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
9. Sicché "in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell'ipotesi in cui l'impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice" (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009 - dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 24363601; conformi: Sez. 2, Sentenza n. 47035 del 03/10/2013 Ud. (dep. 26/11/2013) Rv. 257499; Sez. 4, Sentenza n. 5615 del 13/11/2013 Ud. (dep. 04/02/2014) Rv. 258432; Sez. 4, Sentenza n. 4060 del 12/12/2013 Ud. (dep. 29/01/2014) Rv. 258438; Sez. 2, Sentenza n. 7986 del 18/11/2016 Ud. (dep. 20/02/2017) Rv. 269217).
10. Al contrario, i vizi della motivazione fatti valere attengono, come si è visto, alle modalità concrete della valutazione del quadro probatorio e si risolvono nella mera indicazione di parametri diversi ed alternativi a quelli posti dal giudice a fondamento della propria decisione.
11. L'altro profilo, richiamato in entrambe le censure, riguarda la qualificazione come abnorme del comportamento del lavoratore, la cui condotta, secondo i ricorrenti, attivando un rischio eccentrico ed esorbitante dalla sfera di rischio governata dai soggetti titolari della posizione di garanzia, avrebbe costituito causa da sola sufficiente al prodursi dell'evento.
12. Sul punto la sentenza d'appello, considerata la condotta omissiva delle necessarie cautele da parte dei due imputati, consistita nel non apprestare un sistema di transennatura che impedisse l'ingresso nell'area o comunque un dispositivo che impedisse il funzionamento del macchinario, bloccandone il movimento al momento dell'ingresso nell'area interdetta, ha osservato che le norme cautelari sono poste anche in funzione di eventuali condotte imprudenti dei lavoratori e che la predisposizione di dette cautele da parte dei titolari della posizione di garanzia avrebbe in questo specifico caso evitato l'evento.
13. Anche in questo caso, la motivazione, seppur succinta, è adeguata e scevra da qualsivoglia incoerenza.
14. Ed invero "Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro. (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018 - dep. 14/02/2018, Bozzi, Rv. 27222201; Sez. 4, Sentenza n. 15124 del 13/12/2016 Ud. (dep. 27/03/2017 ) Rv. 269603; Sez. 4, Sentenza n. 16397 del 05/03/2015 Ud. (dep. 20/04/2015 ) Rv. 263386).
15. In alcun modo, dunque, può ritenersi abnorme ed eccentrico od addirittura estraneo alle mansioni affidate il comportamento del lavoratore che superando delle transenne apposte a chiusura di un'area pericolosa, rispetto alla quale è interdetto il transito, ponga in essere proprio quell'azione paventata, per evitare la quale la tutela viene predisposta. Siffatto comportamento, infatti, costituisce proprio il rischio tipico per cui viene introdotta la prevenzione concreta, così come rischio tipico è l'azione dell'operatore che, anziché operare a macchina ferma, o chiamare l'addetto, manovri manualmente su un'apparecchiatura al fine di bloccarla o di sbloccarla, anche ponendo in essere azioni gravemente imprudenti e per evitare le quali ha ricevuto l'opportuna formazione ed informazione. Si tratta, invero, di prevedibili, seppur gravi, violazioni delle norme di sicurezza da parte del lavoratore interessato.
16. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 9/5/2018