• Datore di Lavoro
  • Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione

Responsabilità per il mancato possesso di un attestato di frequenza al corso di igiene e sicurezza sul lavoro - Sussiste.

Sostiene il ricorrente che "egli nel febbraio 2003 avrebbe affidato il servizio di sorveglianza sanitaria ad una azienda esterna specializzata e che quindi, poichè non provvedeva direttamente al servizio di prevenzione e protezione dei rischi, non aveva obbligo di frequentare l'apposito corso di formazione. "

La Corte afferma che: "Ora, a parte che nello stesso ricorso si parla genericamente dell'affidamento a terzi del servizio di sorveglianza sanitaria, senza fare specifico riferimento al servizio di prevenzione e protezione, sta di fatto che il giudice del merito, con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, ha accertato che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, dalla documentazione da esso prodotta non era emerso che vi fosse altro soggetto dal medesimo delegato per lo svolgimento del servizio di prevenzione e protezione dei rischi all'interno del suo laboratorio di falegnameria.
Esattamente e logicamente quindi il giudice ha ritenuto che detto servizio fosse svolto direttamente in modo autonomo dall'imputato, il quale quindi avrebbe dovuto munirsi dell'attestato di frequenza dell'apposito corso di formazione.
E' poi del tutto irrilevante, e non può certamente escludere il reato, il fatto che successivamente all'accertamento il M. abbia eventualmente acquisito l'attestato di frequenza." 

La Corte afferma anche che, correttamente, ha osservato il giudice di merito, "che le norme di sicurezza sul luogo di lavoro, essendo dirette a prevenire il pericolo di infortuni, esigono la loro rigida osservanza, di modo che non assume rilievo la verifica in concreto dei lavoratori addetti al loro funzionamento, anche perchè non poteva escludersi che le esigenze del lavoro imponessero degli avvicendamenti nella assegnazione delle mansioni e che anche i dipendenti potessero doversi servire delle macchine utilizzate abitualmente dal datore di lavoro."
Infatti "la legge impone l'adozione di tutti i sistemi più utili ed efficaci per ridurre al minimo i rischi per la salute dei lavoratori..."

E ancora: "Per quanto concerne la mancanza di protezioni per i macchinari e l'assunto difensivo che esse erano state smontate per la manutenzione, il giudice del merito ha osservato, anche qui con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, che gli ispettori non avevano rilevato alcuna attività di manutenzione in corso al momento del sopralluogo, attività che peraltro era stata esclusa anche da uno dei dipendenti; aggiungendo anche che la manutenzione delle macchine impone che la macchina, una volta smontata, sia immediatamente rimontata con le protezioni necessarie, di modo che la mancanza delle protezioni non poteva ritenersi in nessun caso giustificata." 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo - Presidente -
Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - (est.) Consigliere -
Dott. MACCHIA Alberto - Consigliere -
Dott. PIRACCINI Paola - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa 7 marzo 2008 dal giudice del tribunale di Roma;
udita nella pubblica udienza del 29 luglio 2008 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. SALVI Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto
 
Il giudice del tribunale di Roma, con la sentenza in epigrafe, dichiarò M.G. colpevole di alcune violazioni alle norme contro gli infortuni sul lavoro, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Osservò tra l'altro il giudice che l'imputato non aveva provveduto ad eliminare le violazioni adempiendo alle prescrizioni impostegli perchè il (OMISSIS) la falegnameria era risultata ormai chiusa e che non si era verificata la prescrizione dovendosi calcolare il periodo di sospensione D.Lgs. n. 758 del 1994, ex art. 23 dalla data di iscrizione nel registro delle notizia di reato fino al 7.4.2005, data di comunicazione al pubblico ministero.

L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
a) violazione di legge in ordine al contestato reato di mancato possesso dell'attestato di frequenza al corso di sicurezza e igiene sul lavoro per lo svolgimento autonomo del servizio di protezione.
Egli infatti aveva affidato il sevizio di sorveglianza sanitaria ad una azienda esterna specializzata ai sensi del D.Lgs. n. 696 del 1994, art. 8, comma 4, e quindi, non svolgendo personalmente i compiti di prevenzione, non aveva un obbligo di frequentare l'apposito corso di formazione.
In ogni modo egli ha anche conseguito l'attestato in questione successivamente all'accesso..

2) erronea applicazione del D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 21 perchè l'organo di vigilanza aveva l'obbligo di accertare l'adempimento delle prescrizioni entro 60 giorni dalla scadenza del termine, e quindi rispettivamente entro e non oltre il 27 febbraio 2004 e l'8 giugno 2004, mentre provvide a verificare l'adempimento solo con il sopralluogo del (OMISSIS), accertando l'avvenuta chiusura dell'attività.

3) mancanza o manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto irrilevante la circostanza che i lavoratori dipendenti non fossero addetti alle macchine in questione, e ciò perchè non poteva escludersi che anche i dipendenti potessero eventualmente servirsi delle macchine stesse.
Si tratta però di una presunzione astratta perchè nell'istruttoria è emerso che i dipendenti erano addetti soltanto al montaggio e non alle macchine e non avevano mai avuto necessità di utilizzarle.
Per quanto riguarda i provvedimenti idonei ad impedire la diffusione della polvere, lamenta che il giudice ha illogicamente ritenuto che non vi fossero aspiratori mobili solo perchè non rilevato dagli ispettori, mentre la loro presenza è stata dimostrata nel corso dell'istruttoria.
Allo stesso modo, l'istruttoria dibattimentale ha dimostrato che i dispositivi mancanti alle macchine erano stati semplicemente smontati per l'ordinaria attività di manutenzione dei macchinari.
Inoltre il giudice non ha considerato che gli ispettori non compirono alcuna verifica sulla funzionalità dei macchinari.
Illogicamente poi la sentenza impugnata ha ritenuto che l'imputato non avesse provveduto ad eliminare le violazioni adempiendo alle prescrizioni impostegli perchè il (OMISSIS) si era constatata la chiusura dello stabilimento.
E difatti l'ottemperanza alle prescrizioni costituisce il presupposto per l'ammissione al pagamento della sanzione amministrativa, ed il (OMISSIS) l'organo di vigilanza comunicò al M. che era stato ammesso al pagamento della sanzione in quanto il (OMISSIS) era stata constatata la eliminazione delle violazioni.

4) mancanza o manifesta illogicità della motivazione e erronea applicazione del D.Lgs. n. 758 del 1994, artt. 21 e 24 perchè il giudice ha ritenuto che l'imputato non avesse eliminato le violazioni in quanto il (OMISSIS) si era constatata la chiusura dello stabilimento mentre lo stesso l'organo di vigilanza il (OMISSIS) comunicò al M. che era stato ammesso al pagamento della sanzione in quanto il (OMISSIS) era stata constatata la eliminazione delle violazioni.

5) violazione di legge e mancata applicazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 87 in riferimento al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 109, 115, 68, 309 ed al D.P.R. n. 303 del 1956, artt. 21 e 58 nonchè al D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, artt. 10 e 89.
Osserva che il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, all'art. 186 ha abrogato il D.P.R. n. 303 del 1956, il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, ed il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, ad eccezione degli aspetti relativi alla prevenzione incendi, disponendo che le disposizioni contenute nei titoli da 2 a 6 sono considerate norme di buona tecnica o buona prassi. Le condotte di cui al capo di imputazione sono state quindi depenalizzate.

Diritto


Ritiene il Collegio che il primo motivo si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, e sia comunque infondato.
Sostiene infatti il ricorrente che egli nel febbraio 2003 avrebbe affidato il servizio di sorveglianza sanitaria ad una azienda esterna specializzata e che quindi, poichè non provvedeva direttamente al servizio di prevenzione e protezione dei rischi, non aveva obbligo di frequentare l'apposito corso di formazione.
Ora, a parte che nello stesso ricorso si parla genericamente dell'affidamento a terzi del servizio di sorveglianza sanitaria, senza fare specifico riferimento al servizio di prevenzione e protezione, sta di fatto che il giudice del merito, con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, ha accertato che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, dalla documentazione da esso prodotta non era emerso che vi fosse altro soggetto dal medesimo delegato per lo svolgimento del servizio di prevenzione e protezione dei rischi all'interno del suo laboratorio di falegnameria.
Esattamente e logicamente quindi il giudice ha ritenuto che detto servizio fosse svolto direttamente in modo autonomo dall'imputato, il quale quindi avrebbe dovuto munirsi dell'attestato di frequenza dell'apposito corso di formazione.
E' poi del tutto irrilevante, e non può certamente escludere il reato, il fatto che successivamente all'accertamento il M. abbia eventualmente acquisito l'attestato di frequenza.
Il terzo motivo - che va esaminato prima degli altri - è infondato.
E difatti è congrua ed adeguata la motivazione con la quale il giudice del merito ha ritenuto irrilevante la circostanza che eventualmente i lavoratori dipendenti non fossero addetti ai macchinari in questione.
Ha infatti correttamente osservato il giudice che le norme di sicurezza sul luogo di lavoro, essendo dirette a prevenire il pericolo di infortuni, esigono la loro rigida osservanza, di modo che non assume rilievo la verifica in concreto dei lavoratori addetti al loro funzionamento, anche perchè non poteva escludersi che le esigenze del lavoro imponessero degli avvicendamenti nella assegnazione delle mansioni e che anche i dipendenti potessero doversi servire delle macchine utilizzate abitualmente dal datore di lavoro.
Anche per quanto concerne i sistemi per la riduzione delle polveri, il giudice del merito, con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, ha rilevato che nella specie mancava un sistema di aspirazione delle polveri, mentre la dedotta esistenza di aspiratori mobili non era stata rilevata dagli ispettori ed era quindi rimasta priva di riscontro.
Il giudice ha peraltro anche osservato che, quand'anche tali aspiratori mobili fossero stati presenti, il reato sarebbe stato ugualmente configurabile, perchè la legge impone l'adozione di tutti i sistemi più utili ed efficaci per ridurre al minimo i rischi per la salute dei lavoratori, e quindi di dotare le macchine di congegni fissi per la captazione delle polveri prodotte, trattandosi di congegni regolarmente previsti per il tipo di macchine utilizzate.
Per quanto concerne la mancanza di protezioni per i macchinari e l'assunto difensivo che esse erano state smontate per la manutenzione, il giudice del merito ha osservato, anche qui con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, che gli ispettori non avevano rilevato alcuna attività di manutenzione in corso al momento del sopralluogo, attività che peraltro era stata esclusa anche da uno dei dipendenti; aggiungendo anche che la manutenzione delle macchine impone che la macchina, una volta smontata, sia immediatamente rimontata con le protezioni necessarie, di modo che la mancanza delle protezioni non poteva ritenersi in nessun caso giustificata.
Il giudice ha inoltre ritenuto, con congrua ed adeguata motivazione, infondato l'assunto difensivo secondo cui la pressa non sarebbe stata funzionante perchè danneggiata, e ciò sia perchè l'assunto era contraddetto dal fatto che la pressa si trovava all'interno del laboratorio, e quindi era naturalmente destinata all'impiego lavorativo, sia perchè era poco plausibile che una tale circostanza, ove fosse stata veritiera, non fosse stata fatta rilevare immediatamente agli ispettori al momento dell'ispezione, il che dimostra anche la ragione per la quale gli ispettori non eseguirono verifiche sulla funzionalità delle macchine.
Il secondo motivo è infondato perchè non si è verificata alcuna nullità per il fatto che l'organo di vigilanza abbia effettuato l'accertamento sull'adempimento delle prescrizioni il (OMISSIS), anzichè entro i termini fissati per l'adempimento del 27 febbraio 2004 e dell'8 giugno 2004.
Per quanto riguarda invece le censure proposte con l'ultima parte del terzo motivo e con il quarto motivo, esse sono in parte fondate, anche se ciò non incide sulla correttezza della decisione adottata dal giudice di primo grado.
Sul punto è dunque soltanto necessario procedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata nei termini che vengono di seguito indicati. Risulta infatti dalla stessa sentenza di primo grado che l'organo di vigilanza effettuò l'accertamento in ordine all'adempimento delle prescrizioni imposte in data (OMISSIS), e che in tale occasione accertò che il locale era chiuso perchè nel frattempo il M. aveva cessato definitivamente l'attività di falegnameria.
Esattamente quindi lo stesso organo di vigilanza il (OMISSIS) comunicò al M. che, a seguito del sopralluogo del (OMISSIS), era stata accertata la eliminazione delle violazioni rilevate e che quindi egli era stato ammesso al pagamento delle sanzioni amministrative, al quale poteva conseguire l'estinzione dei reati contestati.
Effettivamente, quindi, il giudice ha errato nel ritenere che le prescrizioni non fossero state adempiute perchè il laboratorio di falegnameria era stato chiuso.
Al contrario, come giustamente ritenuto dallo stesso organo di vigilanza, proprio il fatto che l'attività di falegnameria era definitivamente cessata dimostrava che in quel laboratorio era stato eliminato qualsiasi pericolo per l'incolumità dei lavoratori e che quindi le prescrizioni dirette ad assicurare la protezione di tale incolumità erano state sostanzialmente adempiute.
Ciò però non comporta automaticamente l'estinzione dei reati contestati, la quale consegue non già al solo adempimento delle prescrizioni, ma a tale adempimento seguito dal pagamento delle sanzioni amministrative fissate dall'organo di vigilanza.
Nel caso in esame l'organo di vigilanza, con la nota del (OMISSIS), aveva comunicato al M. l'adempimento delle prescrizioni e l'aveva conseguentemente ammesso al pagamento delle sanzioni amministrative.
Non risulta però, e del resto nemmeno è stato dedotto dall'imputato, che questi abbia mai pagato le suddette sanzioni amministrative.
Ugualmente, pertanto, non si è verificata l'estinzione dei reati contestati.
E' infine infondato il quinto motivo, il quale si fonda su un testo del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 corrispondente ad una bozza preliminare che era stata fatta circolare negli ambienti interessati in sede di redazione del decreto, ma che è difforme dal testo definitivo del decreto stesso quale è stato poi approvato, emanato e pubblicato.
In particolare, il ricorrente richiama un art. 186 della bozza il quale, nel disporre l'abrogazione espressa di disposizioni precedenti, prevedeva che le disposizioni del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, che non erano espressamente escluse dall'abrogazione, erano considerate norme di buona tecnica o buone prassi.
Tale espressione non è più riprodotta nel testo del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 304, entrato in vigore, il quale si limita a disporre l'abrogazione espressa, tra l'altro, del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 tuttavia le fattispecie penali per le quali l'odierno imputato è stato condannato non sono state depenalizzate o derubricate a mere norme di buona tecnica o buona prassi sanzionate solo in via amministrativa. Le condotte contestate all'imputato nel capo di imputazione e per le quali è intervenuta condanna, infatti, continuano invece a costituire reato ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 87, commi 1 e 2.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di cassazione, il 29 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2008