Cassazione Civile, Sez. Lav., 22 agosto 2018, n. 20933 - Maggiorazione della rendita per malattia professionale


Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 22/08/2018

 

Rilevato che
1. con sentenza in data 28 dicembre 2012 la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dall'attuale ricorrente per il riconoscimento del diritto alla maggiorazione della rendita per malattie professionali in misura del 29 per cento in godimento, per ipoacusia (dal 12 marzo 1983) e silicosi (dal 19 giugno 1985), con il riconoscimento della maggiore rendita nella misura del 36 per cento dalla domanda di revisione (28 maggio 2001);
2. avverso tale sentenza ricorre B.U., con due motivi, cui resiste, con controricorso, l'INAIL;
 

 

Considerato che
3. la parte ricorrente, denunciando, con i motivi di ricorso, omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 1,3,4,66,74,83, 137 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 nonché degli artt.3,32,38 Cost., assume l'erronea insussistenza del nesso eziologico affermata dall'ausiliare officiato in giudizio e lamenta che la Corte di merito non abbia considerato la sua domanda del 28 maggio 2001 come domanda nuova e non abbia dato atto che la lavorazione in ambiente morbigeno si era svolta oltre il quindicennio e che il maggior grado di inabilità dipendeva dalla protrazione dell'esposizione al rischio patogeno con la conseguenza di trovarsi in presenza di una nuova malattia seppure della stessa natura della prima;
4. ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
5. il primo motivo è inammissibile perché non collocabile nel paradigma del nuovo testo dell'art. 360, secondo comma, n. 5, cod. proc. civ., come sostituito dall'art. 54, comma 1, lett. b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, il quale prevede che la sentenza può essere impugnata per cassazione «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» (sul quale v. Cass., Sez.U, 7 aprile 2014, n. 8053 e numerose successive conformi);
6. inoltre, le Sezioni unite della Corte hanno anche precisato che l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
7. ne consegue che in sede di legittimità non è data ora (come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente del n. 5 dell'art. 360 cod.proc.civ.) la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall'apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico, ma la stessa attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito compete;
8. anche il secondo motivo, con il quale si deduce una violazione di legge, incentrato sulla connotazione, ad avviso del ricorrente, della domanda di revisione come domanda nuova, tende ad un riesame di fatto, inammissibile in questa sede di legittimità, della nuova malattia, seppure della stessa natura della prima, dipendente dalla protrazione dell'esposizione a rischio patogeno fino ad epoca (novembre 2011) successiva a quella indicata dall'ausiliare officiato in giudizio in riferimento all'asserita cessazione dell'attività di minatore (dal 2008);
9. neanche risulta dimostrato che la questione della protrazione dell'esposizione a rischio patogeno sia stata dibattuta nelle precedenti fasi sicché, implicando una modificazione dei termini in fatto della controversia, costituisce novità, non concernente i soli profili di diritto, e come tale improponibile in sede di legittimità;
10. le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, non sussistendo le condizioni previste dall'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per l'esonero dal pagamento delle spese; 
11. sussistono le condizioni di applicabilità del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi dell'art.13,comma 1-quater, d.P.R.115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art.13,comma 1-bis.
Così deciso nella Adunanza camerale del 19 aprile 2018