Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 ottobre 2018, n. 26041 - Origine professionale della neuropatia motoria multifocale


 

 

Presidente: BERRINO UMBERTO Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 17/10/2018

 

 

 

Fatto

 


1. La Corte d'appello di Perugia, con sentenza del 16 settembre 2013, ha riformato la decisione di primo grado e, per l'effetto, ha rigettato la domanda proposta da T.S. per l'accertamento dell'origine professionale della neuropatia motoria multifocale da cui era affetto e la condanna dell'INAIL al pagamento delle relative Indennità.
2. La Corte di merito riteneva non dimostrato, con certezza o adeguato grado di probabilità, il nesso causale tra l'attività lavorativa di veterinario, svolta dall'assicurato, e la malattia denunciata.
3. In particolare la Corte di merito, In adesione alle conclusioni dell'ausiliare officiato in giudizio, riteneva di non poter affermare con certezza o probabilità qualificata che la gastroenterite acuta, da cui fu colpito l'assistito, fosse stata causata da campylobacter jejuni; che, quand'anche accertata l'origine dell'affezione gastroenterica, mancava la prova che l'Infezione fosse stata contratta nell'esercizio dell'attività professionale, e non nella vita quotidiana, con l'assunzione di cibi Infetti, non avendo l'assistito riferito di alcun incidente lavorativo occasione del contagio; e che mancava la prova, Infine, che l'Infezione stesse,.avesse causato la neuropatia motoria multifocale.
4. Avverso tale sentenza ricorre T.S., con ricorso affidato a due motivi, cui resiste l'INAIL, con controricorso.
 

 

Diritto

 


5. Il ricorrente, con i motivi di ricorso, deduce violazione o falsa applicazione dell'art. 434 cod.proc.clv., nella formulazione antecedente alla riforma Introdotta con legge n. 134 del 2012, per non avere la Corte pronunciato sull'eccezione di Inammissibilità del gravame per difetto di specificità (primo motivo); violazione o falsa applicazione degli artt. 113,115,116,437 cod.proc.civ. e 2697 cod.civ., per avere la Corte di merito, al fini dell'accertamento del nesso eziologico, svolto un esame parziale delle risultanza Istruttorie, circoscritto a singoli passaggi della consulenza medico-legale, avulso dall'intero elaborato peritale e dalle altre prove ed allegazioni fornite, per avere, invece, documentalmente provato: l'abituale e quotidiana presenza presso allevamenti bovini al fine di svolgere controlli di sanità animale; l'essere stato colpito, nel gennaio 2008, da Infezione Intestinale; la diagnosi, a luglio 2008, di neuropatia motoria multifocale; l'esito positivo dell'esame del sangue, eseguito nel giugno 2009, per la ricerca degli anticorpi anti-Campylobacter jejuni IgC; il novero del Campylobacter, per l'INAIL, tra i fattori di rischio connessi allo svolgimento della professione di veterinario (secondo motivo).
6. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
7. Va ribadito, nella delibazione del primo motivo, che secondo principi consolidati di questa Corte, la denuncia di un error in iudicando, per violazione di norme di diritto sostanziale, al sensi dell'art. 360, n. 3 cod. proc. clv., o per vizi della motivazione, al sensi dell'art. 360, n. 5 cod. proc. civ., presuppone che il giudice di merito abbia preso in esame la questione prospettatagli e l'abbia risolta In modo giuridicamente non corretto; che tale censura non può, pertanto, riguardare l'omessa pronuncia del giudici del gravame In ordine ad uno del motivi dedotti nell'atto di appello, la quale postula la denuncia di un error in procedendo, al sensi dell'art. 360, n. 4 cod. proc. civ., In riferimento alla quale il giudice di legittimità può esaminare anche gli atti del giudizio di merito, essendo giudice anche del fatto, Inteso in senso processuale.
8. Se è anche vero che l'erronea Indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina, ex se, l'Inammissibilità del mezzo d'impugnazione, atteso il valore non vincolante della configurazione formale della rubrica del motivo e il contenuto della censura anche qualificatone, sotto il profilo giuridico, dell'esposizione delle ragioni di diritto del gravame (cfr., ex multis, Cass. 3 agosto 2012, n. 14026), è tuttavia necessario che sia rispettato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, che vale anche in relazione al motivi di appello rispetto al quali si denuncino errori da parte del giudice di merito (v., fra le altre, Cass., Sez.U. 24 luglio 2013, n. 17931).
9. Nella specie viene riprodotto, per sintesi, il contenuto del gravame senza allegare o richiamare, tra gli atti di merito, la sentenza gravata onde consentire alla Corte di legittimità il vaglio, in conformità alla disposizione contenuta nell'art. 434 cod.proc.civ., nel testo applicabile ratione temporis (anteriore alla novella del 2012), del sufficiente grado di specificità delle ragioni su cui si fonda l'impugnazione, nel senso che alle argomentazioni proprie della sentenza impugnata siano state contrapposte le censure mosse dall'appellante per incrinarne il fondamento logico-giuridico.
10. Tanto comporta l'inammissibilità del primo motivo.
11. Passando all'esame del secondo mezzo d'impugnazione, costituisce principio consolidato che, nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, gravante sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità; a tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all'entità ed all'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio ed anche considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall'assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia (cfr., ex plurimis, da ultimo, Cass. 10 aprile 2018, n. 8773 e i precedenti ivi richiamati).
12. Inoltre, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. 26 maggio 2006 n. 12559 e numerose successive conformi), la nozione legale di causa violenta lavorativa comprende qualsiasi 
fattore presente nell'ambiente di lavoro in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell'ambiente esterno, il quale, agendo in maniera concentrata o lenta, provochi (nel primo caso) un infortunio sul lavoro o (nel secondo) una malattia professionale.
13. La probabilità qualificata dell'eziopatogenesi professionale, va ribadito, può essere dal giudice verificata anche attraverso elementi desunti da dati epidemiologici idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale (cfr., fra le altre, Cass. 31 maggio 2017, n. 13814).
14. Tanto premesso, la Corte di merito ha dato atto che lo stesso Istituto assicuratore annovera il campylobacter tra i fattori di rischio connessi allo svolgimento della professione di veterinario e che non poteva escludersi che l'attuale ricorrente avesse contratto la campylobatteoriosi sul lavoro tuttavia, con progressiva sequenza argomentativa, corredata di ampi, puntuali e condivisi passaggi della relazione tecnica del consulente officiato in giudizio, ha rimarcato essenzialmente la dubbia origine, nella specie, dell'affezione gastroenterica acuta (alla stregua degli esami diagnostici rivelatori del solo contatto con il batterio) e l'impossibilità di statuire, con giudizio di certezza o probabilità qualificata, che la gastroenterite fosse stata causata dal campylobacter (stante l'indeterminatezza temporale della contrazione dell'enterite, non superabile con l'accertata positività agli anticorpi anti-campylobacter).
15. Muovendo dall'incerta origine temporale dell'affezione gastroenterica (anche di anni o pochi mesi prima della diagnosi di neuropatia ovvero di pochi mesi dopo la predetta diagnosi), la Corte ha anche percorso e svolto i passaggi conseguenti all'esito opposto a quello appena indicato, rimarcando che, quand'anche accertata l'origine dell'affezione gastroenterica, mancava comunque, nella specie, la prova dell'infezione contratta nell'esercizio della vita professionale, e non nella vita quotidiana, non avendo il dottore riferito di alcun incidente lavorativo nel quale il contagio sarebbe avvenuto.
16. E mancava del pari la prova, per la Corte di merito, che l'infezione avesse causato la neuropatia motoria multifocale, anche alla luce della letteratura scientifica, non concorde sull'esistenza di un nesso causale tra l'infezione da campylobacter jejuni e la patologia neurologica denunciata.
17. Peraltro la complessa ratio decidendi adottata dalla Corte di merito, non arrestatasi, come detto, alla dubbia origine dell'affezione gastroenterica e dipanata con argomenti che sfuggono alla connotazione di mere argomentazioni ad abundantiam (come tali insindacabili in sede di legittimità) non risulta neanche fatta segno di alcuna censura nella decisiva proposizione concernente la mancata prova dell'infezione contratta nell'attività professionale, e non nella vita quotidiana, per non avere il T.S. riferito alcun incidente lavorativo quale occasione del contagio.
18. Vale sottolineare che, ai sensi del novellato n. 5 dell'art. 360 cod.proc.civ., come modificato dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, costituisce motivo di ricorso per cassazione l'omesso esame d'un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (v. l'interpretazione data dalle Sezioni unite della Corte con la sentenza 7 aprile 2014, n. 8053 e numerose successive conformi) e l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
19. In sede di legittimità non è data ora (come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente del n. 5 dell'art. 360 cod.proc.civ.) la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall'apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico, ma l'attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito compete.
20. Nella specie, peraltro, le censure formulate comunque non incrinano la decisione gravata per avere la parte evocato prove documentali inerenti elementi fattuali ben tenuti presente dalla Corte di merito e costituenti il fondamento, in fatto, della decisione gravata (quali l'abituale e quotidiana presenza presso allevamenti bovini al fine di svolgere controlli di sanità animale; l'infezione intestinale del gennaio 2008; la diagnosi, a luglio 2008, di neuropatia motoria multifocale; l'esito positivo dell'esame del sangue, eseguito nel giugno 2009, per la ricerca degli anticorpi anti-Campylobacter jejuni IgC).
21. Le doglianze svolte, nei termini in cui sono state illustrate dalla parte ricorrente, mirano ad una nuova complessiva disamina delle risultanze processuali, investendo la Corte di legittimità di questioni di merito, costituenti, peraltro, mero dissenso tecnico diagnostico, il cui esame è, per definizione, escluso in questa sede e il ricorso va, quindi, rigettato.
22. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
23. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 -quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13,comma 1-quater, d.P.R.115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art.13,comma 1-bis.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 luglio 2018