Cassazione Penale, Sez. 4, 02 novembre 2018, n. 49882 - Infortunio mortale con un macchinario privo dei requisiti di sicurezza. Nessun comportamento abnorme del lavoratore
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 11/10/2018
Fatto
1. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la sentenza di condanna del Tribunale di Torre Annunziata, resa in data 13.02.2014, nei confronti di V.A., in relazione al reato di omicidio colposo indicato in rubrica e, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo condannava alla pena di anni uno di reclusione (pena sospesa e non menzione), oltre al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili da liquidarsi in separato giudizio, assegnando però una provvisionale, provvisoriamente esecutiva, di euro 30.000,00.
V.A., nella sua qualità di titolare della ditta DAVIA s.r.l. operante nel settore delle conserve alimentari e di datore di lavoro di D'A.F., è stato ritenuto responsabile della morte del predetto dipendente, il quale era adibito a mansioni di impiego del c.d. pallettizzatore magnetico e che decedeva immediatamente a seguito dello shock traumatico conseguente al grave trauma cranico chiuso, con frattura della base cranica causata da un mezzo contundente con azione dall'alto verso il basso. In particolare veniva contestato al V.A. di aver omesso, per colpa da imprudenza negligenza e imperizia e violazione delle norme relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro (arti. 37 e 73 commal lett.a), art.71 comma 4 lett.a) punto 1 e art. 64 comma 1 indicati nell'allegato IV al punto 1.4.9 D.lgs 81/08), di fornire la formazione e l'addestramento al lavoratore per l'utilizzo del macchinario in questione; di aver omesso di installare alla macchina suindicata i dispositivi di sicurezza in particolare i ripari protettivi fissi, i ripari apribili protettivi, i dispositivi extracorsa, i sensori di sicurezza, i carter su tutte le trasmissioni, una barriera di sicurezza, la segnalazione luminosa, la segnalazione acustica; nonché di adottare sul luogo di lavoro gli accorgimenti opportuni ad eliminare zone con buche e sporgenze pericolose attinenti la pavimentazione sita nella parte posteriore al pallettizzatore meccanico suddetto. Il fatto avveniva in Gragnano il 22.09.2009.
La Corte di merito confermava la ricostruzione della dinamica dei fatti e l'affermazione di responsabilità penale argomentata dal primo giudice, osservando che era risultato accertato che il macchinario era privo di sistemi di sicurezza, quali barriere stabili o cancelletti, che avrebbero potuto impedire manovre imprudenti da parte del lavoratore o comunque pericolose da questi intraprese; non risultava nessun attestato comprovante la specifica formazione del lavoratore nell'utilizzo della macchina; il D'A.F. si era spostato dalla zona del pannello di comando per portarsi nella zona posteriore del macchinario con ogni probabilità per raddrizzare alcuni barattoli mal posizionati nella pila in formazione e quindi evitare il blocco del sistema, manovra pericolosa, non preclusa proprio dall'assenza dei suddetti sistemi di sicurezza, durante la quale era stato attinto dal braccio della pallettizzatrice in fase di discesa alla spalla sinistra, quindi era caduto a terra battendo la testa sul piano rigido e non livellato del pavimento; ne era scaturito un trauma cranico che lo conduceva a morte. La Corte territoriale richiamava nelle argomentazioni e nella ricostruzione effettuata le testimonianze e i rilievi fotografici del personale della P.G intervenuto sul posto e dell' Ispettore del servizio prevenzione infortuni della ASL Na 3 (fol 5 e 6 sentenza primo grado e fol 6 e ss sentenza impugnata), oltre le dichiarazioni dei lavoratori della ditta.
Il Collegio escludeva, che la condotta del lavoratore, sia pure imprudente, potesse essere qualificata come abnorme.
2. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione V.A., a mezzo del difensore.
L'esponente denuncia la violazione di legge e vizio oltre che contraddittorietà della motivazione e mancata assunzione di prove decisive.
Il deducente osserva in primo luogo che ai sensi dell'art. 41 cpv cod.pen il datore di lavoro è esonerato da responsabilità quando il comportamento del lavoratore è eccezionale abnorme esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute.
Il ricorrente deduce il vizio motivazionale in quanto non risulta provato il motivo che avrebbe indotto la vittima a introdursi nella parte posteriore del macchinario; i giudici hanno solo ipotizzato e immaginato che alcune scatole di pomodoro erano cadute e che il dipendente aveva avuto il comportamento imprudente per raddrizzarle mentre il macchinario era in movimento; afferma che la mancanza di tracce ematiche presenti sul braccio meccanico del macchinario e il fatto che i barattoli sono stati trovati a posto smentisce la ricostruzione dei fatti operata dai giudici del merito e consente di escludere che l'incidente sia avvenuto per l'impatto tra la macchina e l'uomo. Il ricorrente considera che la colpa dell'imputato deve essere esclusa in base al principio di affidamento secondo cui ogni consociato può confidare nel rispetto delle regole precauzionali da parte dei terzi e che l'azione doverosa contestata al datore di lavoro non avrebbe potuto evitare l'evento che fu determinato solo per la scorretta condotta del lavoratore. Deduce la difesa che in realtà solo un malore può spiegare l'evento e quindi la caduta dopo aver strisciato con la spalla sinistra lungo il telaio verticale del macchinario così battendo la testa a terra sulla piastra bullonata e di acciaio. La ricostruzione controfattuale è stata negata con una motivazione apparente che manca della trama argomentativa sia in ordine agli elementi di fatto che alla concatenazione logica.
Diritto
1. Il ricorso è infondato.
Giova ricordare che questa Suprema Corte ha chiarito che il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (tra le altre Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1995, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, Rv. 201177; Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, Rv. 244181).
Deve poi considerarsi che la Corte regolatrice ha da tempo chiarito che non è consentito alle parti dedurre censure che riguardano la selezione delle prove effettuata da parte del giudice di merito. A tale approdo, si perviene considerando che, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, Sentenza n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 21/12/1993, dep. 1994, Rv. 196955). Come già sopra si è considerato, secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, l'art. 606 cod. proc. pen. non consente alla Corte di Cassazione una diversa "lettura" dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. E questa interpretazione non risulta superata in ragione delle modifiche apportate all'art. 606, comma primo lett. e) cod. proc. pen. ad opera della Legge n. 46 del 2006; ciò in quanto la selezione delle prove resta attribuita in via esclusiva al giudice del merito e permane il divieto di accesso agli atti istruttori, quale conseguenza dei limiti posti all'ambito di cognizione della Corte di Cassazione. Ebbene, si deve in questa sede ribadire l'insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per condivise ragioni, in base al quale si è rilevato che nessuna prova, in realtà, ha un significato isolato, slegato dal contesto in cui è inserita; che occorre necessariamente procedere ad una valutazione complessiva di tutto il materiale probatorio disponibile; che il significato delle prove lo deve stabilire il giudice del merito e che il giudice di legittimità non può ad esso sostituirsi sulla base della lettura necessariamente parziale suggeritagli dal ricorso per cassazione (Sez. 5, Sentenza n. 16959 del 12/04/2006, Rv. 233464).
1.1 Delineato nei superiori termini l'orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva che il ricorrente invoca, in realtà, sostanzialmente una riconsiderazione alternativa del compendio probatorio, con riguardo alla ricostruzione della dinamica del fatto ed alla affermazione di penale responsabilità. Tanto si osserva, con specifico riferimento al luogo in cui il corpo fu ritrovato (risultante dai testi, compagni di lavoro, dai rilievi della polizia giudiziaria e dal rinvenimento delle macchie di sangue a terra), non in prossimità del quadro di comando del macchinario, dove si sarebbe dovuto accasciare ove vi fosse stato un malore,( fol 6 ), ma nella parte posteriore dell'apparato meccanico, ad un paio di metri dalla postazione, in corrispondenza di una piastra metallica dalla quale fuoriuscivano bulloni che furono poi la causa delle lesioni al capo (fol 8 ); proprio in corrispondenza del luogo in cui è precipitato a terra la Corte territoriale, con motivazione logica e coerente, evidenzia che l'organo in movimento, a forma di L, che operava dall'altro verso il basso per sistemare i barattoli, ragionevolmente impattò con la spalla della vittima ( fol 9 ) che si era infilata nella parte posteriore della macchina per sistemare alcuni contenitori che si erano mal posizionati e che avrebbero creato l'intasamento del macchinario.
Sul punto, la Corte territoriale ha sviluppato un percorso motivazionale immune da aporie di ordine logico e saldamente ancorato all'acquisito compendio probatorio, evidenziando inoltre che l'assoluta mancanza di sistemi di sicurezza (cancello montato o altri mezzi di rilevazione acustica o di blocco per impedire l'accesso a quella parte del macchinario mentre era in movimento), fol 6 sentenza di primo grado e fol 9 sentenza impugnata, ha sicuramente contribuito quale concausa determinante al verificarsi dell'evento.
1.2 Muovendo da tali rilievi, la Corte territoriale ha quindi escluso il carattere abnorme della condotta, certamente imprudente, posta in essere dal lavoratore. Preme allora evidenziare che il richiamato percorso argomentativo si colloca nell'alveo dell'insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità. Invero, la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Segnatamente, si è chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento; che, nella materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili - come avvenuto nel caso di specie - della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. 2000, Rv. 215686). E la Suprema Corte ha chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109). Tanto più che nel caso di specie la Corte territoriale ha evidenziato che il rischio si era già concretamente manifestato in altri casi e che era prassi che lavoratori, quando la macchina non accatastava i barattoli in ordine, per fare in fretta ed evitare l'intasamento, si recavano a raddrizzarli, mentre il braccio era in movimento , (fol 8 e 9); ciò sostiene la Corte territoriale conferma che il pericolo di essere attinti dal braccio meccanico della allettatrice, nel caso in cui l'intervento di recupero dei barattoli fuori posto non fosse stato fatto con molta celerità, era concreto, si era già manifestato ed era reso possibile proprio dall'assenza delle misure di sicurezza descritte in premessa.
2. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio di legittimità dalle parti civili Omissis che liquida in complessivi euro 3.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso l'11.10.2018