Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 dicembre 2018, n. 31873 - Malattia contratta durante il tirocinio. Concetto di "lavoratore"
Rilevato che
1. la Corte d'Appello di Brescia ha respinto l'appello di V.F. avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere la condanna della Gestione Liquidatoria della USLL n. 10 di Albino al risarcimento dei danni derivati dalla malattia (TBC genito peritoneale con spondilotiscite tubercolare L3 L4) contratta durante il tirocinio svolto presso il reparto di tisiologia dell'Ospedale Bolognini di Seriate;
2. il Tribunale aveva ritenuto non fondato il ricorso in quanto la V.F., allieva della scuola per infermieri professionali di Clusone, aveva frequentato il reparto in qualità di tirocinante, sicché non sussisteva fra le parti alcun rapporto contrattuale e la responsabilità dell'azienda non poteva essere fondata sull'art. 2087 cod. civ., applicabile al solo lavoro subordinato;
3. la Corte territoriale ha confermato la pronuncia con diversa motivazione ed ha premesso che il tirocinio instaura un rapporto contrattuale trilaterale fra il soggetto promotore, il tirocinante e l'ente ospitante, che è tenuto a salvaguardare la sicurezza e la salute del tirocinante e risponde dell'eventuale inadempimento a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 1218 cod. civ.;
4. detta responsabilità, ad avviso del giudice d'appello, era stata fatta valere dalla ricorrente la quale, con un atto molto scarno in punto di diritto ma non nullo, aveva richiamato gli obblighi contrattuali gravanti sul soggetto ospitante ed il nesso causale esistente fra la frequentazione del reparto ed il contagio;
5. qualificata in detti termini l'azione proposta, la Corte territoriale ha ritenuto infondate le eccezioni di difetto di giurisdizione e di prescrizione, perché, da un lato, fra le parti non si era mai instaurato un rapporto di impiego pubblico, dall'altro, il termine decennale era stato interrotto dalla lettera raccomandata del 7 febbraio 2003, inviata per errore scusabile all'azienda ospedaliera Bolognini di Seriate, ossia al soggetto che aveva riconosciuto la sussistenza della causa di servizio;
6. la Corte bresciana, peraltro, ha escluso la colpa dell'ente ospitante ed ha evidenziato che, a fronte della generica allegazione dell'inadempimento consistito nel non avere tutelato la salute della tirocinante, l'ospedale aveva dimostrato di avere sottoposto la V.F. a vaccinazione che, come avviene nella quasi totalità dei casi, è sufficiente ad impedire qualsiasi contagio;
7. il giudice d'appello ha aggiunto che non poteva essere addebitata all'appellata la resistenza al vaccino e che l'azienda ospedaliera non era tenuta a garantire la salubrità dell'ambiente di lavoro, impossibile per la presenza di soggetti malati, bensì solo ad eseguire la profilassi idonea a scongiurare il pericolo di contagio;
8. infine la Corte territoriale ha escluso che l'ospedale fosse stato nelle condizioni di avvedersi della malattia e di sottoporre con tempestività a cure la tirocinante, perché la V.F. aveva conseguito il diploma nel settembre del 1993, quando ancora la patologia non era stata diagnosticata;
9. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso V.F. sulla base di un unico motivo, al quale hanno opposto difese la Gestione liquidatoria della ULSS n. 10 di Albino, la Società Reale Mutua di Assicurazioni e la s.p.a. Assicurazioni Generali;
10. la Gestione liquidatoria ha proposto ricorso incidentale affidato a quattro censure, al quale V.F. ha replicato con tempestivo controricorso;
11. la ricorrente incidentale e V.F. hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ..
Considerato che
1. il ricorso principale denuncia, con un unico motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 cod. civ. e addebita alla Corte territoriale di avere «travisato il concetto di causa non imputabile che sola può escludere l'obbligo risarcitorio del debitore inadempiente, con particolare riferimento alla fattispecie di responsabilità di una struttura per così dire scolastica»;
1.1. la ricorrente principale richiama la giurisprudenza di questa Corte in tema di responsabilità sanitaria e di obblighi che gravano sugli istituti scolastici per sostenere, in sintesi, che nella fattispecie, poste le caratteristiche particolarmente morbigene del luogo ove si svolgeva il tirocinio, sarebbero state necessarie cautele specifiche ed ulteriori rispetto alla semplice profilassi da effettuarsi mediante vaccino, cautele in relazione alle quali la Gestione liquidatoria non aveva assolto all'onere della prova sulla stessa gravante;
1.2. la V.F. aggiunge che la resistenza al vaccino, in quanto fenomeno non infrequente, non può essere sufficiente ad integrare la causa non imputabile di cui all'art. 1218 cod. civ.;
2. il ricorso incidentale condizionato denuncia, con il primo motivo, nullità della sentenza e del procedimento, rilevante ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, privo dei requisiti richiesti dall'art. 414 cod. proc. civ.;
2.1. la Gestione liquidatoria evidenzia che il ricorso deve contenere l'indicazione delle ragioni di diritto sulle quali si fonda la domanda, ragioni non illustrate nella fattispecie perché, come rilevato anche nella motivazione della sentenza impugnata, la V.F. non aveva neppure precisato quale fosse la natura dell'azione proposta, né aveva espressamente invocato la generale responsabilità contrattuale ex art. 1218 cod. civ.;
2.2. con il secondo motivo la ricorrente incidentale ripropone l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario e rileva, in sintesi, che i giudici di merito non potevano pronunciare, sia pure per escluderla, sulla sussistenza di un rapporto di lavoro pubblico risalente a data antecedente il 30 giugno 1998, trattandosi di decisione riservata al giudice amministrativo;
2.3. la terza censura, formulata ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., denuncia la violazione dell'art. 2943 cod. civ., innanzitutto perché la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare il fatto, decisivo per il giudizio e formante oggetto di discussione tra le parti, relativo alla individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, che andava collocato temporalmente nella prima metà dell'anno 1991, dovendo attribuirsi rilievo non alla sola conoscenza ma anche alla conoscibilità della malattia e del nesso causale, da valutarsi in relazione alle conoscenze scientifiche dell'epoca;
2.3.1.la Gestione liquidatoria evidenzia, inoltre, che in ogni caso non poteva essere riconosciuta efficacia interruttiva alla richiesta di risarcimento dei danni inviata a persona giuridica diversa, ossia all'Azienda ospedaliera Bolognini di Serate, estranea al rapporto controverso in quanto sulla base della legislazione nazionale (art. 6 l. n. 724/1994) e regionale ( l.r. Lombardia n. 31/1997 e n. 3/2001) i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali non possono gravare sulle nuove aziende ospedaliere;
2.3.2. l'errore commesso non poteva essere ritenuto scusabile, da un lato perché le disposizioni normative sopra richiamate sono chiare nell'individuazione del soggetto obbligato, dall'altro perché il riconoscimento della causa di servizio da parte dell'Azienda Ospedaliera non poteva far sorgere alcun affidamento incolpevole, quanto alla legittimazione, in relazione alla diversa azione di risarcimento del danno;
2.4. infine con il quarto motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e rileva che per il principio della soccombenza la V.F. doveva essere condannata al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito non potendo la pronuncia di compensazione essere giustificata con il richiamo alla «qualità personale delle parti» ed alla «complessità della vicenda»;
3. il ricorso principale è infondato e va rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
4. l'obbligo di sicurezza che grava sull'Imprenditore e sulle amministrazioni pubbliche è assunto non solo nei confronti dei lavoratori subordinati ma anche rispetto ad altre categorie di soggetti che, a vario titolo, si vengono a porre in relazione con i luoghi di lavoro;
4.1. la normativa antinfortunistica, infatti, tutela chiunque «svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione» (art. 2, lett. a) d.lgs. n. 81/2008 che, sebbene non applicabile alla fattispecie ratione temporis, riprende la definizione già contenuta nell'art. 3 del d.P.R. n. 547/1955 e nell'art. 3 del d.P.R. n. 303/1956);
4.2. valgono, pertanto, anche in relazione al rapporto contrattuale di tirocinio i principi, consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, che regolano la responsabilità ex artt. 1218 e 2087 cod. civ., alla stregua dei quali l'inadempimento dell'obbligo di tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore è fonte di responsabilità contrattuale e risarcitoria, che sorge qualora la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali e tecniche (cfr. fra le tante Cass. n. 749/2018; Cass. n. 15082/2014; Cass. n. 8855/2013);
4.3. è stato precisato al riguardo che detta responsabilità non ha natura oggettiva perché, sebbene la colpa si presuma ex art. 1218 cod. civ., con onere a carico del datore di lavoro di superare la presunzione, tuttavia a quest'ultimo non può essere addebitato qualsiasi evento lesivo della salute del dipendente, bensì solo quello che sia eziologicamente collegato alla regola cautelare violata, regola che deve essere specificamente volta a scongiurare il rischio di verificazione dell'evento realizzatosi (Cass. n. 749/2018);
4.4. corollario di detto principio è che la dipendenza della malattia da una causa di servizio non necessariamente implica responsabilità del datore di lavoro, perché la patologia può essere anche conseguenza della qualità intrinsecamente usurante della ordinaria prestazione lavorativa o può essere insorta per una causa non addebitabile al datore, per avere quest'ultimo adottato le misure imposte dal legislatore o suggerite dalla tecnica e dalle regole di ordinaria prudenza;
4.5. è stato precisato, infine, e deve essere qui ribadito, che l'accertamento in fatto della responsabilità, quanto alla violazione di regole cautelari ed al nesso causale con l'evento lesivo, è riservato al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se non nei limiti consentiti dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis (Cass. n. 3785/2009);
5. a detti principi di diritto si è attenuta la Corte territoriale che, dopo avere affermato che il datore di lavoro è garante della sicurezza anche rispetto ai tirocinanti, ha escluso la responsabilità della Gestione liquidatoria rilevando, sostanzialmente, che, essendo pacifica l'avvenuta somministrazione del vaccino, l'evento non poteva essere addebitato a colpa della struttura ospedaliera perché, da un lato, non poteva essere garantita l'assoluta salubrità dell'ambiente di lavoro, in considerazione dell'ineliminabile presenza nel reparto di soggetti malati, dall'altro la vaccinazione, nella normalità dei casi, impedisce il contagio e la resistenza al vaccino, seppure possibile, non poteva essere ascritta al datore;
5.1. in tal modo il giudice d'appello ha implicitamente escluso che l'evento potesse essere impedito dall'adozione di altre cautele ed ha sottolineato che la ricorrente si era limitata
alla generica affermazione che l'ospedale non avrebbe tutelato la salute della tirocinante, affermazione smentita dall'avvenuta somministrazione del vaccino;
5.2. il ricorso principale, che per lo più si risolve nella trascrizione di massime giurisprudenziali sulla responsabilità delle strutture sanitarie e sull'obbligo di vigilanza assunto nei confronti dell'allievo, pur denunciando la violazione degli artt. 1218 e 2697 cod. civ., finisce per censurare l'accertamento di merito compiuto dalla Corte territoriale, perché l'addebito inerente la mancata valorizzazione delle circostanze allegate nella consulenza tecnica di parte, non attiene all'interpretazione delle norme invocate bensì alla ricostruzione del fatto, che per le sentenze pubblicate successivamente all'entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n.134 ( pubblicata sulla G.U. n. 187 dell'11.8.2012), di conversione del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, è censurabile solo nel limiti fissati dalla nuova formulazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.;
5.3. il motivo, quindi, è validamente formulato ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. solo qualora il ricorrente indichi il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività" ( Cass. S.U. n. 8053/2014);
5.4. dette condizioni non ricorrono nella fattispecie, poiché il ricorso si risolve in un'inammissibile critica del ragionamento decisorio seguito dalla Corte territoriale quanto agli accertamenti di fatto e ne sollecita la revisione, non consentita in sede di legittimità;
6. in via conclusiva il ricorso principale deve essere rigettato, con assorbimento dell'Incidentale condizionato e con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
6.1. sussistono le condizioni di cui all'art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate per ciascun controricorrente in € 200,00 per esborsi ed C 3.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso nella Adunanza camerale del 24 settembre 2018.