Cassazione Penale, Sez. 3, 09 gennaio 2019, n. 726 - Omessa esibizione della documentazione richiesta dagli Ispettori del lavoro
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA Relatore: MACRI' UBALDA Data Udienza: 10/10/2018
Fatto
1. Con sentenza in data 21.11.2016 il Tribunale di Chieti ha condannato P.S. alle pene di legge per la contravvenzione di cui all'art. 4, comma 7, L. n. 628/1961, perché, nella qualità di titolare dell'omonima ditta e di datore di lavoro, si era rifiutata di fornire le informazioni legalmente richieste dai funzionari del Servizio ispezione del lavoro di Chieti, non esibendo la documentazione specificamente indicata nel capo d'imputazione, in Chieti il 7.8.2014
2. Con il primo motivo di ricorso, l'imputata deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all'art. 4, comma 7, L. 628/1961, perché l'inadempimento alla richiesta di documentazione non integrava il reato ascrittole, che puniva invece la mancata trasmissione di informazioni o la trasmissione di notizie incomplete o false. Assume la violazione degli art. 23 e 25 Cost. e precisa che giammai avrebbe potuto ottemperare all'ordine siccome la ditta era cessata nel 2002.
Con il secondo motivo, denuncia la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli art. 131-bis, 133, 99 e 62-bis cod. pen., perché i precedenti penali erano risalenti, non le era stata mai contestata la recidiva, la mancata partecipazione al processo non poteva costituire fonte di convincimento negativo. Lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e l'omessa motivazione sul trattamento sanzionatorio.
Diritto
3. Il ricorso è nel complesso da rigettare.
L'art. 4, comma 7, L. 22.7.1961, n. 628 punisce chiunque, legalmente richiesto dall'Ispettorato del lavoro di fornire notizie, non le fornisca o le dia scientemente errate o incomplete.
La ricorrente richiama a suo favore una sentenza di questa Sezione, la n. 1447/13, Sciarpelletti, Rv 254266, che fa differenza tra notizie e documentazione, ritenendo che l'omessa trasmissione di questa, laddove non a disposizione della Pubblica amministrazione, integrerebbe non già il reato ascritto, piuttosto, in presenza delle altre condizioni di legge, il più grave reato di cui all'art. 157 d. Lgs. 81/2008.
Nella specie, il Giudice ha accertato che, a seguito di una segnalazione della Polizia stradale di Matera, gli Ispettori del lavoro si erano recati presso la sede dell'impresa individuale della P.S. per chiedere i cronotachigrafi del camion di sua proprietà ma guidato da G.M. e fermato dalla Polizia stradale,-nonché il contratto di lavoro stipulato con il predetto G.M.. Avendo trovato chiusa la sede, gli Ispettori avevano formulato la richiesta per iscritto con due raccomandate con ricevute di ritorno. Al mancato riscontro, era seguita la contestazione del reato.
Ritiene il Collegio che la motivazione della sentenza impugnata sia adeguata e che il motivo di ricorso non colga nel segno. E di fatti, non v'è qui una sostanziale differenza tra documenti ed informazioni, perché è evidente che gli Ispettori volessero legittimamente controllare il rapporto di lavoro dell'autista del camion e la sua attività, donde la necessità di acquisire dei documenti che non erano nella disponibilità della Pubblica amministrazione, ma della parte personalmente.
La sentenza di questa Sezione citata dalla ricorrente aveva deciso il diverso caso in cui l'imputato aveva puntualmente fornito le informazioni richieste dall'Ispettorato, ma non aveva poi trasmesso il certificato d'iscrizione alla Camera di commercio ed il DURC, donde la necessità della differenza tra l'adempimento dell'obbligo informativo e la trasmissione della documentazione. Tuttavia, pur con il distinguo indicato, non s'era discostata dai precedenti n. 6644/12, Di Stefano, Rv 252336, che aveva ritenuto il reato in un caso di omessa risposta alla richiesta di notizie sui lavoratori dipendenti e sull'avvenuto versamento della differenza retributiva e contributiva sulle competenze contrattuali e della documentazione comprovante detto versamento, perché la Pubblica amministrazione non aveva la possibilità di acquisire in altro modo i dati e n. 7107/07, Debernardis, Rv 236083, che aveva ritenuto il reato in un caso di omessa risposta alla richiesta di notizie riguardanti la verifica della posizione del titolare della ditta.
Che il reato sia integrato anche laddove le informazioni richieste ed omesse siano contenute in documenti non consegnati, nonostante la specifica richiesta, è stato di recente ribadito da questa Sezione con sentenza n. 35170/17, Morresi, Rv 270691, ove si trovano ampi riferimenti ai precedenti giurisprudenziali, la quale ha evidenziato che una diversa interpretazione sarebbe irragionevole ed illogica, facendo dipendere la sanzione penale dal fatto che le notizie siano o meno incorporate in un documento, il che contrasterebbe con l'ampia dizione del legislatore che non ammette interpretazioni mutilanti o parziali.
La circostanza che l'impresa fosse cessata è fatto non apprezzabile in questa sede, né la ricorrente ha dedotto di averlo rappresentato al Giudice che non ne avrebbe tenuto conto; peraltro, è fatto del tutto irrilevante;non precludendo al soggetto richiesto delle informazioni di rispondere, oltre che stravagante, siccome l'indagine era nata proprio a seguito del controllo dell'autista del camion intestato all'impresa individuale.
Il secondo motivo è manifestamente infondato, poiché il Giudice ha motivatamente escluso la possibilità di applicare l'art. 131-bis cod. pen., stante l'abitualità del comportamento desunta da un precedente della stessa indole, ed ha giustificato il diniego delle attenuanti generiche ed il trattamento sanzionatorio, per il disinteresse mostrato dalla donna nel processo.
Osserva il Collegio che il fatto che non sia stata contestata la recidiva non comporta che il Giudice non possa apprezzare i precedenti penali ai fini del diniego della causa di non punibilità, mentre quanto alle attenuanti generiche, la ricorrente non ha dedotto specifici elementi a suo favore, limitandosi a confutare la motivazione contenuta nella sentenza impugnata. Infine, quanto più in generale all'entità della pena comminata, va considerato che è stata irrogata una pena pecuniaria in luogo di quella detentiva, sicché, anche sotto tale profilo, il motivo si appalesa generico.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Cosi deciso il 10 ottobre 2018