Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 marzo 2019, n. 7472 - Silicosi e rendita ai superstiti


 

 

Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: GHINOY PAOLA Data pubblicazione: 15/03/2019

 

 

 

Rilevato che:
1. il Tribunale di Teramo riconosceva a M.V.S. la rendita ai superstiti a carico dell'Inail quale coniuge di E.D., deceduto il 31/7/2007 e titolare di rendita per silicosi nella misura del 44%.
2. La Corte d'appello di L'Aquila, in accoglimento del ricorso proposto dall'Inail, respingeva la domanda dell'appellata.
3. Per la cassazione della sentenza M.V.S. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, illustrati anche con memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c., cui l'Inail ha resistito con controricorso.
 

 

Considerato che:
4. come primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'articolo 132 c.p.c. II comma n. 4 e 111 della Costituzione e come secondo motivo la nullità della sentenza.
Lamenta che la Corte d'appello abbia recepito l'esito dell'accertamento peritale svolto in secondo grado, argomentando che lo stesso confermerebbe quello di prime cure, mentre i due ausiliari erano pervenuti a conclusioni diametralmente opposte, e senza confutare le argomentazioni del primo consulente.
5. Il ricorso non è fondato.
La Corte aquilana ha recepito le conclusioni del secondo c.t.u., ritenendole raggiunte all'esito dello scrupoloso esame della documentazione sanitaria allegata.
Ha riferito che l'ausiliare aveva concluso che il E.D., già affetto dal morbo di Parkinson e da pregresso ictus cerebri con decadimento cerebrale, era deceduto per shock settico, sottolineando che la tecnopatia silicotica non era stata causa determinante della morte, né aveva concorso ad accelerare il decorso fatale. In particolare, ha rilevato che vi era stata una modica compromissione funzionale fin dal momento della prima diagnosi, con scarsissima evolutività del quadro funzionale respiratorio sottolineando, anzi, che durante l'ultimo ricovero nel quale era avvenuto il decesso gli esami della funzionalità respiratoria e la radiografia del torace non avevano evidenziato alterazioni di rilievo pur in presenza di una situazione agonica. Ha aggiunto che il c.t.u., riconvocato per rispondere ai chiarimenti richiesti dal consulente di parte, aveva ulteriormente precisato che a suo avviso lo shock settico indicato nella cartella clinica era derivato da un'infezione delle vie urinarie poiché i medici, all'atto del ricovero, avevano chiesto un'urino-cultura, mentre la radiografia toracica era negativa. Con riferimento alla patologia silicotica, la Corte ha aggiunto che il consulente aveva analizzato tutti gli esami di laboratorio effettuati dal E.D., non riscontrando alcuna evoluzione della stessa, tanto che non era neppure stata prescritta un'ossigenoterapia, visto che l'ultimo certificato della Asl di Teramo prescriveva ossigeno "al bisogno".
6. A fronte di tale argomentata condivisione delle conclusioni del consulente tecnico, resa anche all'esito dei chiarimenti con cui questi aveva risposto alle critiche del c.t.p., non può ritenersi che la Corte territoriale le abbia recepite acriticamente, né che non abbia motivatamente superato le valutazioni del primo ausiliare.
7. E tanto basta, atteso che allorché il giudice di appello disponga il rinnovo della consulenza tecnica d'ufficio eseguita in prime cure, l'eventuale accoglimento della tesi del secondo ausiliare presuppone necessariamente una comparazione critica delle due relazioni e un'adesione argomentata alla seconda, che tenga conto anche delle eventuali censure di parte, ma non postula, tassativamente, un'esplicita esposizione delle deduzioni dell'uno o dell'altro, con analitica confutazione delle argomentazioni poste a base delle conclusioni del primo del due consulenti d'ufficio (v. Cass. n. 21528 del 25/10/2016).
8. Non risulta poi avere inciso sulla decisione l'affermazione secondo la quale le conclusioni del c.t.u. nominato in grado d'appello confermerebbero l'accertamento peritale svolto in primo grado, da ritenersi frutto di errore materiale.
9. Segue coerente il rigetto del ricorso con la condanna alle spese della parte soccombente, liquidate come da dispositivo.
10. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

 

P.Q.M.

 


rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Al sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza del presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22.1.2019