Cassazione Penale, Sez. 4, 19 aprile 2019, n. 17216 - Infortunio occorso all'addetto alla linea di goffratura. Prescrizione


 

Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 21/02/2019

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 10 luglio 2018 la Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Cremona con cui C.G. è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 590, primo e terzo comma cod. pen. e condannato alla pena ritenuta di giustizia, per avere causato, nella sua qualità consigliere delegato in materia di sicurezza della Steel Color s.p.a. per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e violazione della disciplina sulla prevenzione degli infortuni su lavoro -ed in particolare dell'art. 18, lett. f) d. Lgs. 81/2008, ad I.A., lesioni personali, cui seguiva una malattia della durata di 631 giorni.
2. Il fatto, non contestato nella sua materialità, può essere così descritto: Il 27 aprile 2011, verso il termine del turno di lavoro, I.A., addetto alla linea di goffratura, trovandosi con C.G., sul pulpito di comando del macchinario, dal quale si agiva per la regolazione della velocità e per la distribuzione della pressione sul rullo, si avvedeva che il medesimo procedeva in modo irregolare, producendo dei difetti sul foglio in acciaio in uscita dai rulli. Dopo avere tentato di rimediare da remoto, nel momento in cui sopraggiungeva l'impiegata E.P., che sottoponeva a C.G. della documentazione da firmare, I.A. decideva di provvedere di persona e, senza fermare la linea, entrava improvvisamente nell'area delimitata come pericolosa, scavalcando un parapetto dell'altezza di un metro. Una volta all'interno, al fine di estrarre un frustolo di plastica, causa probabile delle imperfezioni, infilava la mano destra sulla superficie del rullo in movimento e, trascinato dal movimento, ritraeva con forza la mano, subendo lo sguantamento della mano destra con trauma da schiacciamento.
3. Le sentenze di primo e secondo grado, non essendo contestata la modalità di accadimento, hanno ritenuto la responsabilità di C.G., ritenendo non idonee le procedure di sicurezza previste per la linea di goffratura che, pur 'segregata', secondo il tecnico della prevenzione A.S.L. -ovverosia protetta con barriere fisse e cancelli di accesso, bloccati nel corso della lavorazione- e quindi idonea, quanto a sicurezza, consentiva, tuttavia, l'ingresso, a mezzo dello scavalcamento del cancello interbloccato, a macchina in funzione. La Corte ha rilevato che il sistema di protezione non era conforme alle disposizioni di cui all'art. 6.1 dell'allegato V del d.lgs. 81/2008, richiamato dall'art. 70 del d.lgs., benché l'apparecchiatura fosse marcata CE, essendo comunque previsto che i sistemi di protezione debbano essere tali da non potere essere facilmente elusi, anche da lavoratori esperti ed adeguatamente informati e formati, come la persona offesa. Valutando la denunciata abnormità della condotta tenuta dalla persona offesa la sentenza di secondo grado ha ribadito che il comportamento del lavoratore, posto in essere per la fretta di terminare il lavoro, prima della fine dell'orario, avendo assunto altro impegno, non può considerarsi esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da risultare del tutto imprevedibile.
4. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, affidandolo a due motivi.
5. Con il primo fa valere, ex art. 606, primo comma, lett. e) il vizio di motivazione, sotto il profilo dell'illogicità, anche in relazione allo schema motivazionale come previsto dagli artt. 192, comma 1 e 526, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.. Osserva che il giudice di appello, dopo avere assunto le conclusioni del tecnico A.S.L., secondo le quali la linea era completamente segregata e marcata CE, quindi priva di carenze ed idonea a garantire la sicurezza, nondimeno, con motivazione gravemente contraddittoria, ha concluso in senso contrario, senza individuare un parametro di riferimento per prevedere un comportamento tanto abnorme come quello del dipendente.
6. Con il secondo motivo lamenta ex art. 606, comma 1A, lett. e) il vizio di motivazione in relazione all'abnormità della condotta del lavoratore negata dalla Corte, nonostante egli fosse stato perfettamente addestrato sugli obblighi di sicurezza relativi alle mansioni e nonostante avesse chiarito, in giudizio, di avere agito per terminare rapidamente il lavoro, allo scopo di attendere ad impegni extra lavorativi. Premesse queste che - avuto riguardo alla conformità alle regole di prevenzione infortunistica dell'organizzazione lavorativa approntata dal datore di lavoro- avrebbero dovuto condurre il giudice di appello a ritenere il comportamento tenuto dal lavoratore causa interruttiva del nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e l'evento. Ricordato che anche il Procuratore generale presso la Corte di appello aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado, in senso assolutorio, con la formula 'perché il fatto con costituisce reato', conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
7. Il reato deve essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione la data del 16 febbraio 2019, posto che la data di commissione del reato risale al 27 aprile 2011 e che il termine di prescrizione è stato sospeso per la durata di 60 giorni a far data dal 23 luglio 2015 nel corso del giudizio di primo grado e per ulteriori 112 giorni in secondo grado dal 18 maggio 2015 al 10 luglio 2018, 112 giorni.
Deve, invero, rilevarsi che, nonostante il ricorso si confronti con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata, non si sussistono le condizioni per la pronuncia dell'assoluzione dell'imputato ai sensi del secondo coma dell'art. 129 cod. proc. pen.. Va, infatti, ricordato che "In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 - dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 24427401).
8. La sentenza deve essere, dunque, annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 21/02/2019