Cassazione Civile, Sez. Lav., 21 maggio 2019, n. 13656 - Amputazione di due dita della mano destra a seguito di infortunio. Liquidazione del danno non patrimoniale


 

Presidente: DI CERBO VINCENZO Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI Data pubblicazione: 21/05/2019

 

Fatto

 


Con sentenza del 7 giugno 2014, la Corte d'appello di Venezia rigettava l'appello proposto da S.L. avverso la sentenza di primo grado, che aveva: accertato la responsabilità, al sensi dell'art. 2087 c.c., di Nord Inox s.r.l. in ordine all'infortunio sul lavoro occorso il 24 maggio 2007 al predetto, suo dipendente, cui erano state amputate le dita della mano destra (essendo egli destrimane); condannato la società datrice al risarcimento del danno non patrimoniale in suo favore, liquidato In € 340.165,00 sulla base delle tabelle milanesi senza maggiorazione a titolo di personalizzazione e ridotto degli Importi percepiti dal lavoratore per rendita Inail (determinata In € 122.245,37 a titolo di danno biologico) e di € 79.000,00 per Indennizzo assicurativo; rigettato la domanda risarcitoria per danno da riduzione della capacità lavorativa specifica e condannato la società alla rifusione delle spese di giudizio in misura di un terzo, compensati tra le parti i due terzi residui.
A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva che il lavoratore avesse allegato specifiche circostanze a giustificazione di una maggiorazione della liquidazione del danno non patrimoniale per una sua più concreta personalizzazione rispetto a quella genericamente compresa nella determinazione in via equitativa secondo il criterio delle tabelle milanesi. E neppure fatti peculiarmente indicativi di una riduzione in via prognostica della sua capacità reddituale, essendosi poi il C.t.u. limitato a valutazioni di carattere generale sul piano probabilistico.
Infine, essa riteneva congrua la parziale compensazione delle spese di lite operata dal primo giudice.
Con atto notificato il 18 agosto 2014, il lavoratore ricorreva per cassazione con nove motivi, cui la società datrice resisteva con controricorso; entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
 

 

Diritto

 


1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 1218, 1226 c.c. quale error in procedendo, per omesso specifico esame della domanda di personalizzazione del danno non patrimoniale, liquidato sulla base delle tabelle milanesi.
2. Con il secondo, egli deduce l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento agli artt. 112 c.p.c., 1228, 1226 c.c., quali gli aspetti anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva comportati dalla menomazione subita dal lavoratore non considerati dalla Corte veneziana, nel rigetto della domanda di personalizzazione del danno non patrimoniale sull'assunto dell'omessa allegazione di elementi specifici a tale titolo, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale (non ricorrenza dei presupposti per la personalizzazione), ai fini dell'ammissibilità del motivo ai sensi dell'art. 348ter c.p.c.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per omessa motivazione del rigetto della domanda di personalizzazione del danno non patrimoniale in riferimento ad ognuno dei profili (anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva) dedotti.
4. Con il quarto, egli deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 1218, 1226 c.c. quale error in procedendo, per omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria per perdita della capacità lavorativa specifica.
5. Con il quinto, il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento agli artt. 1228, 1226 c.c., quali l'adibizione del lavoratore, a seguito della grave menomazione alla mano per effetto dell'infortunio sul lavoro, a mansioni diverse, l'inidoneità allo svolgimento di mansioni dello stesso livello, la difficoltà al reperimento di un'occupazione futura, non considerati dalla Corte veneziana nel rigetto della domanda risarcitoria per riduzione della capacità lavorativa specifica sull'assunto dell'omessa allegazione di elementi specifici a tale titolo, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale (difetto di prova dal lavoratore della diminuzione del suo reddito dopo l'infortunio), ai fini dell'ammissibilità del motivo ai sensi dell'art. 348ter c.p.c. 
6. Con il sesto, egli deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per omessa motivazione del rigetto della domanda risarcitoria per danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa specifica in riferimento ad ognuno dei profili (adibizione del lavoratore, a seguito della grave menomazione alla mano per effetto dell'Infortunio sul lavoro, a mansioni diverse, l'inidoneità allo svolgimento di mansioni dello stesso livello, la difficoltà al reperimento di un'occupazione futura) dedotti.
7. Con il settimo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, 1218, 1226 c.c., per non avere la Corte territoriale liquidato in via equitativa il danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa specifica, nonostante l'accertamento di C.t.u. in misura del 48%.
8. Con l'ottavo egli deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento agli artt. 2727, 2729, 1218, 1226 c.c., quale la determinazione dalla C.t.u. del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica in misura del 48%.
9. Con il nono, il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per contraddittoria motivazione del rigetto della domanda risarcitoria per danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa specifica, avendo la Corte territoriale citato un arresto giurisprudenziale in ordine alla sua possibilità di prova in via presuntiva in base all'elevata percentuale di invalidità permanente riscontrata, poi smentito dalla negazione di un tale danno.
10. Il primo motivo, relativo a nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 1218, 1226 c.c. per omessa pronuncia sulla domanda di personalizzazione del danno non patrimoniale, è infondato.
10.1. Non sussiste un'omessa pronuncia, che ricorre quando manchi qualsiasi decisione su un capo di domanda, intendendosi per tale ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in una conclusione specifica, sulla quale debba essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. 16 maggio 2012, n. 7653; Cass. 27 novembre 2017, n. 28308). La Corte territoriale ha reso infatti la pronuncia (di rigetto per le ragioni esposte a pg. 8 della sentenza) richiesta in base all'esaminato specifico motivo di impugnazione (esposto a pg. 6 della sentenza).
11. Il secondo motivo, relativo ad omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quali gli aspetti anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva comportati dalla menomazione subita dal lavoratore in funzione di personalizzazione del danno non patrimoniale, è inammissibile.
11.1. E ciò benché non ricorra l'ipotesi (intorno alla quale è sostanzialmente costruita la censura, con riflesso sull'irrilevanza della sua formulazione) prevista dall'art. 348ter c.p.c., siccome inapplicabile ratione temporis, in quanto riguardante i giudizi di appello introdotti con atto depositato dopo il 12 settembre 2012 ex art. 54, secondo comma d.l. 83/2012 conv. con mod. in l. 134/2012: mentre quello in esame lo è stato con atto proposto il 26 luglio 2011.
11.2. Non si configura tuttavia un fatto storico di cui sia stato omesso l'esame, posto che il mezzo lamenta la mancata valutazione di elementi in funzione di una specifica personalizzazione nella liquidazione del danno non patrimoniale, che, neppure ex se ciascuno decisivo in quanto plurimi (Cass. 5 luglio 2016, n. 13676; Cass. 28 maggio 2018, n. 13625), sono stati pure valutati (come chiaramente si evince da quanto esposto a pgg. 6 e 8 della sentenza).
12. Il terzo motivo, relativo a nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per omessa motivazione del rigetto della domanda di personalizzazione del danno non patrimoniale, è infondato.
12.1. Non ricorre un'ipotesi che comporti il vizio di nullità denunciato, avendo la censura piuttosto ad oggetto la deduzione di un'omessa motivazione non più configurabile alla stregua del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.; avendo nel caso di specie la Corte pure adeguatamente argomentato.
13. Il quarto motivo, di nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria per perdita della capacità lavorativa specifica, è infondato.
13.1. Anche qui essa deve essere esclusa (Cass. 16 maggio 2012, n. 7653; Cass. 27 novembre 2017, n. 28308), avendo la Corte territoriale reso la pronuncia (di rigetto per le ragioni esposte a pg. 9 della sentenza), in base all'esaminato specifico motivo di impugnazione (illustrato al primo capoverso, prima parte di pg. 7 della sentenza).
14. Il quinto motivo, di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento agli arti. 1228, 1226 c.c., quali l'adibizione del lavoratore a mansioni diverse, l'inidoneità allo svolgimento di mansioni dello stesso livello, la difficoltà al reperimento di un'occupazione futura, non considerati dalla Corte veneziana nel rigetto della domanda, è inammissibile.
14.1. Ribadita l'inapplicabilità dell'art. 348ter c.p.c. ratione temporis, devono essere parimenti confermate le ragioni esposte in riferimento al secondo motivo, di inconfigurabilità di un fatto storico, posto che il mezzo lamenta la mancata valutazione di elementi in funzione probatoria di un danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa specifica, neppure ex se ciascuno decisivo in quanto plurimi (Cass. 5 luglio 2016, n. 13676; Cass. 28 maggio 2018, n. 13625), peraltro pure valutati (come chiaramente si evince da quanto esposto a pgg. 7 e 9 della sentenza).
15. Il sesto motivo, di nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per omessa motivazione del rigetto della domanda risarcitoria per danno da perdita di capacità lavorativa specifica, è infondato.
15.1. Non sussiste un'ipotesi comportante il vizio di nullità denunciato, quanto piuttosto la deduzione di un vizio di omessa motivazione non più configurabile alla stregua del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.; pure avendo nel caso di specie la Corte adeguatamente argomentato.
16. Il settimo motivo, di violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, 1218, 1226 c.c., per non avere la Corte territoriale liquidato in via equitativa il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica, è inammissibile.
16.1. Non si configura infatti la violazione di norme, in difetto dei requisiti propri del vizio denunciato (Cass. 31 maggio 2006, n. 12984; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 26 giugno 2013, n. 16038), in assenza altresì della deduzione di un non corretto procedimento di sussunzione, che consiste in un'erronea ricognizione, nel provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, necessariamente implicante un problema interpretativo della stessa, non mediato dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, riservata alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 12 ottobre 2017, n. 24054). Ed è proprio ciò che, al contrario, il ricorrente deduce, posto che allega elementi esterni (in particolare, la relazione di C.t.u.) a fondamento della contestazione di un accertamento in fatto, in esito ad una valutazione probatoria pure congruamente argomentata (a pg. 9 della sentenza), pertanto insindacabile in sede di legittimità.
17. L'ottavo motivo, relativo ad omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti quale la determinazione dalla C.t.u. del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica in misura del 48%, è infondato.
17.1. Ancora una volta non è stato dedotto un fatto storico, quanto piuttosto una valutazione della C.t.u., in esito alla constatazione di un fatto, peraltro pure valutato, sia pure succintamente ("Il consulente si limita a valutazioni di carattere del tutto generico sul piano probabilistico senza che alcuna considerazione scalfisca il dato pacifico circa l'attuale occupazione lavorativa e il mantenimento del livello reddituale" : così gli ultimi due alinea di pg. 9 e i primi due di pg. 10 della sentenza).
18. Infine il nono motivo, di nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. per contraddittoria motivazione del rigetto della domanda risarcitoria per la perdita di capacità lavorativa specifica, è infondato.
18.1. Non sussiste la violazione denunciata, ricorrente allorché la sentenza sia nulla per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che rendono incomprensibili le ragioni poste a base della decisione (Cass. 25 giugno 2018, n. 16611). Nel caso di specie, la Corte territoriale ha argomentato in modo non contraddittorio (tanto meno così da rendere incomprensibili le ragioni della decisione), ma coerente per il ritenuto difetto degli elementi presuntivi idonei a ravvisare la fondatezza della pretesa (a pg. 9 della sentenza).
19. Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso e la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte
rigetta il ricorso e condanna il lavoratore alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2019