Cassazione Penale, Sez. 1, 29 maggio 2019, n. 23510 - Alterazione del funzionamento del cronotachigrafo digitale


 

Presidente: CASA FILIPPO Relatore: DI GIURO GAETANO Data Udienza: 12/03/2019

 

Fatto

 

 

 

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello dell'Aquila, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Chieti, che dichiarava D. e P.P. responsabili del delitto di cui all'art. 437 cod. pen. e li condannava alla pena di anni tre di reclusione, assolvendoli dall'imputazione di cui all'art. 629 cod. pen., ha rideterminato la pena inflitta a ciascuno in quella di un anno di reclusione, escludendo l'aggravante teleologica e la continuazione.
Secondo l'ipotesi di accusa P.P. in qualità di legale rappresentante della ditta Prix s.r.l. Spedizioni e Logistica, D. P. in qualità di socio della predetta società, e T. in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della Adriatuck s.r.l., presso la cui azienda in alcuni casi si procedeva alla materiale installazione del meccanismo finalizzato all'alterazione del funzionamento del cronotachigrafo digitale, "omettevano l'applicazione di cautele destinate a prevenire infortuni sul lavoro; alteravano, Infatti, la registrazione dei dati inerenti le ore di guida, i tempi di guida oltre i limiti imposti dalla normativa vigente, ponendoli in condizione di eludere eventuali controlli della P.g.".
La Corte territoriale non ritiene rilevante, ai fini del presente giudizio, la pronuncia assolutoria del G.i.p. del Tribunale di Chieti nei confronti di A. T., giudicato separatamente, evidenziando come lo stesso sia stato assolto per non aver commesso il fatto, non già per l'insussistenza della materialità del reato contestato, e come la stessa imputazione evidenzi che la manomissione dei tachigrafi solo in parte era riferibile al supporto tecnico dell'officina riconducibile a T..
La sentenza di appello rileva come tale manomissione, consistente nell'apposizione di una calamita al tachigrafo, sia provata dalle deposizioni concordanti degli autisti dipendenti dei P., OMISSIS, e dal riscontro costituito dall'accertamento della Polizia stradale relativo al rinvenimento di un magnete su due trattori della Prix s.r.l. dei P., atto a smentire le doglianze difensive sull'asserita inaffidabilità e inattendibilità delle persone offese, che altresì riconducevano l'ordine di detta manomissione a D. P. (I.) ovvero ad entrambi i fratelli P. (S.).
La Corte territoriale concorda con il primo Giudice nell'escludere, in sintonia con la costante giurisprudenza di legittimità, che con riguardo alla condotta in esame la disposizione di cui all'art. .179 codice della strada sia in rapporto di specialità con quella ex art. 437 cod. pen., e nel ritenere, invece, gli elementi oggettivo e soggettivo della fattispecie da tale ultima disposizione contemplata.
Passando al trattamento sanzionatorio, la Corte di appello ritiene che non vi siano margini per il riconoscimento delle attenuanti generiche, sia perche l'incensuratezza, del solo P.P., non è ex se ragione idonea per concederle, sia perché il pericolo cui sono stati esposti gli autisti dipendenti dei P., in relazione alle commesse manomissioni, non è stato trascurabile, né per la loro incolumità né per quella altrui.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione P. e D. P., tramite lo stesso difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, anche come travisamento della prova decisiva, a) in generale, B) in relazione all'art. 437 cod. pen., c) in relazione al divieto di motivazione per relationem e d) in relazione all'art. 62 bis cod. pen..
Ci si duole che la Corte a qua abbia richiamato la motivazione della decisione impugnata dandola per trascritta, senza, quindi, confrontarsi con le censure e le richieste di cui all'appello, quali: - il rilievo che la gestione della Prix s.r.l. era stata svolta prevalentemente dal padre, al quale i figli, dopo il decesso, erano subentrati per un brevissimo lasso di tempo; - la circostanza che all'esito della perquisizione di detta società venne rinvenuta solo una calamita apposta su un unico mezzo su un totale di 25 trattori stradali; - la richiesta di rinnovazione dell'Istruttoria dibattimentale per l'acquisizione della sentenza di assoluzione del G.i.p. di Chieti e quindi di una prova decisiva.
La difesa lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di considerare, nonostante le sollecitazioni difensive sul punto, la questione dell'inattendibilità delle dichiarazioni dei testi in quanto parti civili, portatrici di uno specifico interesse economico e comunque affette da una palese animosità e desiderio di vendetta nei confronti dei datori di lavoro (I.:"se loro mi rubano a me io rubo a loro"; S.: "..io non lo nego se non mi dai quello che mi spetta io ti faccio chiudere...").
Il difensore osserva come sia mancata un'indagine su chi nello specifico all'interno dell'azienda fosse effettivamente preposto alla verifica della sicurezza sul lavoro. Circostanza rilevante per la natura di reato proprio di quello ascritto, che può essere commesso solo da colui sul quale ricade effettivamente l'obbligo di collocare le opere di prevenzione; e quindi senza dubbio dal datore di lavoro, ma mai dal semplice socio.
La difesa, richiamando l'art. 9 della legge 24 novembre 1981 n. 689, insiste, inoltre, sulla natura di norma speciale dell'art. 179, comma 2, Cod. della strada e sull'applicazione esclusiva nel caso in esame, nel quale oggetto di manomissione e alterazione è il cronotachigrafo, di detta norma, che prevede la sola sanzione amministrativa.
Infine, il difensore lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, escluse tout court dalla Corte aquilana, mediante l'adozione di mere formule generiche e impersonali.
I ricorrenti chiedono, alla luce dei sopraindicati motivi, l'annullamento della sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 


1. I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
Invero, diversamente da quanto lamentato dalla difesa, la sentenza impugnata non si limita ad una motivazione per relationem, ma si sofferma su tutte le deduzioni difensive in questa sede riproposte.
In primo luogo, come riportato in punto di fatto, la stessa argomenta sul coinvolgimento di entrambi i P. figli (pertanto non estranei alla vicenda delittuosa che secondo la difesa sarebbe riconducibile solo al padre) nell'alterazione del funzionamento dei cronotachigrafi digitali, deducendolo dalle deposizioni dei testimoni summenzionati, di cui F. e S. neppure costituiti parti civili e quindi neppure portatori di interessi economici, come lamentato dalla difesa, e dal riscontro, a riprova dell'affidabilità e dell'attendibilità delle persone offese, offerto dal controllo della Polizia stradale (come specificato dalla sentenza di primo grado, il verbalizzante sentito in dibattimento non riferisce soltanto in relazione a tale controllo e al rinvenimento di una delle caiamite in questione all'interno di un veicolo dei P., ma anche in relazione ad altro controllo effettuato in passato su un autocarro di proprietà della Prix, che aveva dato esito positivo proprio per la manomissione del cronotachigrafo). Ed è evidente come alla luce di tali argomentazioni, sulla riconducibilità agli stessi P., a prescindere dai loro ruoli nella società Prix, della alterazione dei cronotachigrafi da loro quantomeno disposta, perda rilievo il riferimento difensivo alla necessità della verifica del preposto alla sicurezza sul lavoro nella suddetta società e al fatto che l'obbligo di collocare le opere di prevenzione non ricada mai sul semplice socio (come appunto D. P., indicato però come artefice della manomissione da ben due testimoni).
In secondo luogo la Corte territoriale si pronuncia anche sulla richiesta di rinnovazione istruttoria, laddove spiega, nei termini sopra riportati, la non decisività dell'acquisizione della sentenza assolutoria emessa nei confronti di T..
In terzo luogo la Corte territoriale correttamente esclude che nella condotta dei P. possa essere ravvisata, come da richiesta difensiva, la sola fattispecie amministrativa di cui all'art. 179 cod. della strada. Al riguardo va evidenziato che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - si vedano Sez. 1, n. 47211 del 25/05/2016 - dep. 09/11/2016, P.M. in proc. Vercesi, Rv. 268892, e la più recente Sez. 1, n. 2200 del 12/09/2017 - dep. 19/01/2018, P.M. in proc. Gailini, Rv. 272364, richiamate dalla stessa sentenza impugnata - integra l'illecito penale di cui all'art. 437 cod. pen. la condotta del datore di lavoro dell’autista del mezzo che realizza o impone la manomissione degli strumenti di controllo atti a prevenire infortuni sul lavoro, a differenza della condotta del conducente del mezzo che circola con il cronotachigrafo manomesso o alterato, che è soggetto alla sola sanzione amministrativa prevista dall'art. 179 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, sussistendo nei suoi confronti rapporto di specialità tra detto illecito e il reato di cui all'art. 437 cod. pen., che va, invece, escluso per colui che impone ai conducenti degli automezzi di utilizzare accorgimenti per eludere la corretta registrazione dei dati dei cronotachigrafi istallati sui medesimi.
Inammissibili, infine, in quanto manifestamente infondate, aspecifiche e non consentite, alla luce delle argomentazioni sopra riportate, scevre da vizi logici e giuridici e ben lontane dal tradursi in mere formule generiche e impersonali, sono le doglianze relative al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Al riguardo va osservato che la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l'onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l'esame di tutti i parametri fissati dall'art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione ovvero la valorizzazione di elementi che si
assume essere stati indebitamente pretermessi nell'apprezzamento del giudice impugnato.
2. Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna di D. e P.P. al pagamento delle spese processuali.

 

P. Q. M.

 




Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2019.