Cassazione Civile, Sez. Lav., 03 giugno 2019, n. 15115 - Mesotelioma pleurico e tariffa del premio assicurativo


 

 

Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: BERRINO UMBERTO Data pubblicazione: 03/06/2019

 

 

 

Rilevato che
la società Finvetro s.p.a adì il giudice del lavoro del Tribunale di Verona esponendo che l'Inail, in conseguenza del decesso della dipendente T.L. per mesotelioma pleurico, aveva provveduto, ai sensi degli artt. 22 e 23 del D.M. 12.12.2000, ad aumentarle la tariffa del premio assicurativo, fissando il tasso medio per l'anno 2007 al 74 per mille, rispetto al 46 per mille dell'anno precedente;
tanto premesso, la società chiese che, previo accertamento della pendenza del giudizio relativo al risarcimento del danno instaurato dagli eredi della ex dipendente, fosse sospesa l'applicazione della tariffa del premio assicurativo fino all'esito di tale giudizio;
con successivo ricorso la stessa società, denominata nel frattempo Vetrerie Riunite s.p.a., espose che nelle more del primo giudizio l'Inail aveva ridotto per l'anno 2007 il tasso medio al 72 per mille e formulò le medesime conclusioni proposte col precedente ricorso;
riunite le cause, il giudice adito rigettò il ricorso dopo aver rilevato che la pendenza del giudizio per il risarcimento del danno non imponeva all'Inail di sospendere l'applicazione dell'oscillazione della tariffa, tanto che la riduzione dei tasso medio era stata da ultimo eseguita solo in applicazione delle disposizioni che prevedevano la riduzione del premio per le aziende che avevano effettuato interventi migliorativi delle condizioni di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro; in ogni caso era fatto salvo il diritto della datrice di lavoro di contestare la legittimità della precedente oscillazione in aumento ed eventualmente di chiedere la restituzione di quanto ingiustamente pagato in più, anche in ragione dell'esito del giudizio civile di risarcimento del danno;
proposta impugnazione dalle Vetrerie Riunite s.p.a., la Corte d'appello di Venezia ha respinto il gravame dopo aver osservato che il primo giudice aveva correttamente escluso l'esistenza di una disposizione che prevedesse la sospensione dell'aumento del premio per l'ipotesi in questione e che ciò che, in realtà, rilevava ai fini dell'aumento del premio era il fatto che l'Inail aveva dovuto procedere all'indennizzo per il predetto evento infortunistico; per la cassazione della sentenza ricorre la società Vetrerie Riunite s.p.a. con un motivo, illustrato da memoria, cui resiste l'Inail con controricorso; 
 

 

Considerato che
con un solo motivo la ricorrente deduce la insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c. n. 5, afferente alla avvenuta oscillazione in aumento della tariffa del premio assicurativo con un tasso medio per l'anno 2007 del 72 per mille;
assume al riguardo la ricorrente che il giudice di secondo grado non ha approfondito l'aspetto finalizzato a comprendere il nesso di causalità fra la malattia contratta dalla lavoratrice T.L. e le condizioni ambientali del luogo di lavoro delle Vetrerie Riunite, accertamento, questo, costituente anch'esso oggetto di domanda unitamente alla richiesta di sospensione dell'applicazione dell'aumento della tariffa; inoltre, il medesimo giudice non ha voluto tener conto del fatto che l'Inail non ha mai riscontrato soglie di pericolosità nelle lavorazioni presso la società Vetrerie Riunite, al punto da respingere le domande dei dipendenti di quest'ultima volte al riconoscimento del beneficio ex lege n. 257/92 collegato all'esposizione all'amianto; né la Corte di merito si era espressa in ordine al fatto che l'Inail non aveva dato prova del nesso causale esistente tra la malattia riscontrata alla lavoratrice T.L. e l'attività professionale dalla medesima svolta, per cui l'aumento dell'oscillazione della tariffa era stato attuato senza alcun riscontro valido;
il motivo, formulato esclusivamente come vizio di motivazione, si rivela inammissibile alia stregua della novellata norma processuale di cui all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.;
infatti, con la sentenza n. 8053 del 7/4/2014 delle Sezioni Unite di questa Corte, si è precisato che l'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; quindi, nel sistema l'intervento di modifica dell'art. 360 c.p.c., n. 5 comporta un'ulteriore sensibile restrizione dell'ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Invero, si è affermato (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) essersi avuta, con la riforma dell'art. 360 c.p.c., n. 5, la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile; ma è evidente che nella specie la valutazione eseguita dalla Corte di merito in ordine alla ravvisata correttezza della decisione del primo giudice, il quale aveva evidenziato che la pendenza del giudizio per il risarcimento del danno non imponeva all'Inail di sospendere l'applicazione dell'oscillazione della tariffa, non è affetta da alcuna delle anomalie sopra richiamate;
infatti, il giudice d'appello ha espresso in modo chiaro e comprensibile i motivi a sostegno del suo convincimento sulla correttezza della decisione del primo giudice il quale aveva escluso l'esistenza di una disposizione che prevedesse la sospensione dell'aumento del premio per l'ipotesi in questione e che ciò che, in realtà, rilevava ai fini dell'aumento del premio era il fatto che l'Inail aveva dovuto procedere all'indennizzo per il predetto evento infortunistico; inoltre, non ricorrevano le condizioni per disporre la sospensione del giudizio fino all'esito della causa per risarcimento dei danni promossa dagli eredi della T.L., in quanto il rapporto di pregiudizialità che imponeva la sospensione del processo richiedeva la presenza in entrambi i giudizi delle stesse parti, mentre l'Inail non era parte della causa concernente la domanda risarcitoria; egualmente non sussisteva rapporto di pregiudizialità con la causa avente ad oggetto la domanda di regresso dell'Inail, posto che era solo l'avvenuto recupero del costo dell'Infortunio da parte dell'assicuratore ad incidere riduttivamente sull'ammontare del premio assicurativo;
va, quindi, dichiarata l'inammissibilità del ricorso; le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente; ricorrono, infine, i presupposti per la condanna della ricorrente al pagamento dell'ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato di cui all'art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002;
 

 

P.Q.M.

 


La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 4200,00, di cui € 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 febbraio 2019