Cassazione Penale, Sez. 4, 22 luglio 2019, n. 32487 - Caduta di una barra di acciaio non correttamente imbracata. Omessa allegazione della delega di funzione per la distribuzione dei compiti nell'organizzazione dell'impresa
Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 20/03/2019
Fatto
1. Con sentenza del 10 maggio 2018 la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Livorno con cui G.G. è stato riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 113,590 cod. pen. e condannato alla pena ritenuta di giustizia, per avere causato, nella sua qualità datore di lavoro, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e violazione della disciplina sulla prevenzione degli infortuni su lavoro lesioni personali gravi a S.C., consistite nella frattura esposta e vasta lesione della caviglia sinistra e lesione del 2A dito della mano sinistra.
2. Il fatto, non contestato nella sua materialità, può essere così descritto: il 19 luglio 2012, presso lo stabilimento siderurgico della Lucchini s.p.a in Piombino, S.C., addetto alla macchina denominata rullatrice, necessaria per la canalizzazione di barre in acciaio, costituenti semilavorati lunghi, trovandosi in piedi dalla parte opposta al c.d piano di sbroglio a servizio della rullatrice, essendo scese sul suddetto piano due sbarre in acciaio, anziché una, così incastrando la canata di alimentazione della macchina, per liberare il piano di sbroglio, imbracava la seconda sbarra, agganciandola al carro ponte situato al di sopra della canata, per sollevarla verso l'alto con il radiocomando. All'imbracatura della barra provvedeva utilizzando una fascia di sollevamento, che precedentemente aveva assicurato ad un gancio del carroponte privo di chiusura, difformemente dalla prassi operativa che richiedeva la doppia imbracatura. Nel corso del sollevamento, a causa dell'oscillazione, il carico urtava contro il pannello di controllo del macchinario e l'imbracatura fuoriusciva dal gancio, privo di moschettone, così provocando lo scivolamento della barra che investiva S.C., che riportava gravi lesioni.
3. La sentenza di secondo grado (non diversamente da quella di prima cura), non essendo contestata la modalità di accadimento, ha ritenuto la responsabilità di G.G., in qualità di datore di lavoro in cooperazione colposa con P.A., in qualità di preposto (separatamente giudicato ex art. 444 cod. proc. pen.), rimproverando all'imputato di non avere rilevato e valutato lo specifico rischio connesso all'operazione di liberazione del piano di sbroglio, per l'ipotesi di ingombro della canala di alimentazione, non essendo la prassi operativa adottata, prevedente la doppia imbracatura della barra- ancorché recepita nel Documento di valutazione dei rischi, successivamente all'infortunio- idonea ad evitare sinistri del tipo di quello occorso, in assenza di ganci dotati di chiusura che impedisca la fuoriuscita dell'imbracatura, a seguito di oscillazione. Il recepimento nel DVR, infatti, non consente di affermare che se l'operaio avesse seguito la prassi, anziché utilizzare una sola imbracatura, l'evento si sarebbe evitato, posto che nel documento medesimo sono state introdotte anche altre precauzioni, quali l'evacuazione della zona, per effettuare l'operazione. E' stata, inoltre, esclusa l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato, essendo l'operazione stata svolta nell'ambito delle mansioni al medesimo affidate e non potendosi ritenere che il discostarsi da una prassi aziendale possa costituire elemento interruttivo del nesso di causalità, ponendosi al di fuori del rischio specifico inerente quel tipo di lavorazione.
4. Avverso la sentenza propone ricorso G.G., a mezzo del suo difensore, formulando un unico articolato motivo.
5. Con la doglianza fa valere la violazione della legge penale in relazione al disposto dell'art. 16 D.lgs. 81/2008, nonché il vizio di motivazione. Rileva che la Lucchini s.p.a. è azienda complessa all'interno della quale i compiti di prevenzione e controllo della sicurezza formano oggetto di un sistema di regolari deleghe, con conferimento di poteri anche di spesa. In particolare, nell'organigramma aziendale era l'ing. P.A., capo reparto, ad avere assunto la funzione di delegato alla gestione della sicurezza e responsabile dell'area nella quale si era verificato il sinistro, mentre al dott. GR. competeva la qualifica di responsabile delle linee di finitura, che nell'occasione rivestiva, altresì, i ruolo di capoturno. All'ing. P.A., competeva, dunque, il potere/dovere di garantire il rispetto da parte di tutto il personale delle prescrizioni relative alla sicurezza e quello di garantire ai lavoratori il rifornimento delle attrezzature e dei dispositivi di protezione necessari al corretto svolgimento delle relative mansioni. D'altro canto, l'acquisito di un semplice gancio non rientrava fra le spese per cui era necessaria l'autorizzazione del datore di lavoro, sicché in nessun caso il mancato utilizzo di siffatto elemento può essere ascritto al datore di lavoro. Osserva, inoltre, che la prassi operativa, all'epoca consolidata, è stata recepita nel D.V.R. ed approvata dalla A.S.L., senza modifiche sostanziali; che la medesima veniva trasmessa ai lavoratori tramite affiancamento; che esistevano nella filiale della Lucchini s.p.a. di Piombino tutti gli strumenti per sbloccare in sicurezza la barra di acciaio dalla canala di alimentazione, quali brache di sollevamento e carro ponte, piedi di porco e che tutti/"gli altri quattro ganci di cui era dotato il macchinario erano dotati di appositi dispositivi di sicurezza che limitavano lo sfilamento della braca; che l'inconveniente si verificava alcune volte a settimana e che la prassi operativa era sicura e riduceva al minimo i rischi, praticamente azzerandoli. Dunque, da un lato, non c'era alcun bisogno di modificare la prassi operativa, conosciuta da tutti i lavoratori e perfettamente sicura, dall'altro, il lavoratore aveva agganciato la braca all'unico gancio non munito di blocco del quale non doveva servirsi, avendo a disposizione gli altri muniti di blocco. Conseguentemente, anche non volendo considerare il comportamento del lavoratore 'abnorme', nondimeno, deve il medesimo deve essere valutato sotto il profilo dell'individuazione (definito spostamento) della posizione di garanzia in capo a chi doveva controllare che il lavoratore seguisse la prassi operativa in modo conforme a quanto previsto. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
Diritto
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile
2. Il quesito posto con il motivo invòlge due aspetti differenti, ma strettamente connessi che riguardano, da un lato, la sussistenza di deleghe utili al conferimento a soggetti diversi dal datore di lavoro, operanti nell'ambito dell'organizzazione dell'impresa, dei poteri e delle incombenze decisionali e di intervento necessarie allo svolgimento di tutte le attività che ne formano oggetto, dall'altro, l'individuazione del soggetto garante del rischio verificatosi in occasione dell'evento, nell'ambito delle organizzazioni aziendali complesse.
3. La doglianza, invero, concentra la propria attenzione sugli effetti del conferimento della delega, cosi come configurata dall'art. 16 d.lgs. 81/2008, che laddove corredata del potere di spesa indispensabile all'assolvimento degli obblighi, effettivamente ridisegna "la mappa dei poteri e delle responsabilità" all'interno dell'impresa, lasciando in capo al delegante solo l'obbligo di vigilanza sul corretto svolgimento del potere conferito al delegato.
4. La decisione impugnata, dà conto del motivo di censura con il quale l'imputato sollevava il tema del trasferimento al dirigente P.A. degli obblighi e dei poteri relativa al rispetto delle prescrizioni in materia di sicurezza all'interno dello stabilimento, così come di quelli relativi al rifornimento delle attrezzature necessarie allo svolgimento in sicurezza delle mansioni affidate ai singoli dipendenti) non affronta direttamente la questione, ma afferma che la responsabilità di P.A., in qualità di preposto, non scalfisce quella di G.G. 'operante nello specifico ambito di competenza'.
5. Ora, per affrontare il nucleo del problema relativo all'individuazione delle diverse posizioni di garanzia nell'ambito dell'amministrazione di un ente - che da un punto di vista logico, precede la questione del conferimento delle deleghe- giova richiamare testualmente le indicazioni delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri), che dopo aver ricordato che " il sistema prevenzionistico è tradizionalmente fondato su diverse figure di garanti che incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale" ne hanno distinto le figure, precisando che "La prima e fondamentale figura è quella del datore di lavoro. Si tratta del soggetto che ha la responsabilità dell'organizzazione dell'azienda o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. La definizione contenuta nel T.U. è simile a quella espressa nella normativa degli anni '90 ed a quella fatta propria dalla giurisprudenza; e sottolinea il ruolo di dominus di fatto dell'organizzazione ed il concreto esercizio di poteri decisionali e di spesa. L'ampiezza e la natura dei poteri è ora anche indirettamente definita dall'articolo 16 che, con riferimento alla delega di funzioni, si occupa del potere di organizzazione, gestione, controllo e spesa. Il dirigente costituisce il livello di responsabilità intermedio: è colui che attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa, in virtù di competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli. Il dirigente, dunque, ai sensi della normativa richiamata, nell'ambito del suo elevato ruolo nell'organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell'assicurare l'osservanza della disciplina legale nel suo complesso; e, quindi, nell'attuazione degli adempimenti che l'ordinamento demanda al datore di lavoro. Tale ruolo, naturalmente, è conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente. Ciò che rileva, quindi, non è solo e non tanto la qualifica astratta, ma anche e soprattutto la funzione assegnata e svolta.
Infine, il preposto è colui che sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l'esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico. Per ambedue le ultime figure occorre tener conto da un lato dei poteri gerarchici e funzionali che costituiscono base e limite della responsabilità; e dall'altro del ruolo di vigilanza e controllo. Si può dire, in breve, che si tratta di soggetti la cui sfera di responsabilità è conformata sui poteri di gestione e controllo di cui concretamente dispongono. Dette definizioni di carattere generale subiscono specificazioni in relazione a diversi fattori, quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell'azienda, la sua concreta organizzazione, le sue dimensioni. Ed è ben possibile che in un'organizzazione di qualche complessità vi siano diverse persone, con diverse competenze, chiamate a ricoprire i ruoli in questione. Queste considerazioni di principio evidenziano che, soprattutto in realtà complesse come quella in esame, nell'ambito dello stesso organismo può riscontrarsi la presenza di molteplici figure di garanti. Tale complessità suggerisce che l'individuazione della responsabilità penale passa non di rado attraverso una accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale ed organizzativa all'interno di ciascuna istituzione. Dunque, rilevano da un lato le categorie giuridiche, i modelli di agente, dall'altro i concreti ruoli esercitati da ciascuno."
6. Si tratta di precisazioni dalle quali non si può prescindere perché un potere di intervento relativo ad un obbligo da assolvere può essere conferito ad altri, solo laddove esso effettivamente competa al soggetto che lo delega.
7. E' chiaro che il datore di lavoro, essendo il dominus dell'organizzazione e del concreto esercizio di poteri decisionali e di spesa, ha la facoltà di delegare dette competenze, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, ma a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale e che sia espresso, effettivo e non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa, (cfr. ancora Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110801).
8. Ebbene, se queste sono le premesse, è evidente che l'imputato, che pacificamente secondo le sentenze di merito rivestiva la posizione di datore di lavoro, avesse la facoltà di delegare al dirigente P.A. -al quale, peraltro, era assegnata la qualifica di preposto- le competenze relative non solo all'adempimento delle prescrizioni per la sicurezza delle lavorazioni, ma alla predisposizione concreta dei presidi antinfortunistici, delle attrezzature e delle tutele necessarie al fine di assicurare il corretto svolgimento delle attività produttive da parte del lavoratori, conferendogli i relativi poteri di spesa.
9. Una simile delega di funzioni- per come disciplinata dall'art. 16 d.lgs. 81/2008- mantiene, invero, in capo al datore di lavoro solo l’obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, ma non comporta l'estensione di siffatto obbligo "alla concreta conformazione delle singole lavorazioni - che la legge affida al garante - concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l'obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato - al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo - e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni. (Sez. 4, n. 22837 del 21/04/2016 - dep. 31/05/2016, Visconti, Rv. 26731901).
10. E' chiaro, infatti, che il delegante non può essere chiamato a rispondere delle inadempienze del delegato circa la mancata fornitura o il mancato utilizzo di attrezzature, la cui necessità di acquisto o il cui controllo di effettivo utilizzo potrebbero non esser neppure noti al delegante, il quale potrebbe sinanco non avere le qualità tecniche per avvedersene, incombendo su di lui solo il dovere di nominare persona qualificata per professionalità ed esperienza, cui conferire i relativi poteri operativi e di spesa, e quello di un generale obbligo di vigilare sull'esecuzione dei compiti delegati.
11. Venendo al caso di specie, tuttavia, va chiarito che non può provvedersi, come pretende il ricorrente, alla valutazione della sfera delle competenze trasferite al dirigente P.A., a mezzo della delega conferitagli dal datore di lavoro, non essendo la medesima stata allegata al ricorso, ma solo richiamata dall'atto di impugnazione, come documento prodotto nel giudizio di merito, senza alcuna specificazione del suo effettivo contenuto, cui la sentenza non fa alcun cenno.
Ed invero, "In tema di motivi di ricorso per cassazione, la previsione dell'art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen., nel testo novellato ad opera dalla legge n. 46 del 2006, pone a carico del ricorrente un peculiare onere di inequivoca 'individuazione' e di specifica 'rappresentazione' degli atti processuali ritenuti rilevanti in relazione alla doglianza dedotta, onere da assolvere nelle forme di volta in volta più adeguate alla natura degli atti stessi (integrale esposizione e riproduzione nel testo del ricorso, allegazione in copia, precisa identificazione della collocazione dell'atto nel fascicolo del giudice 'et similia', ecc.). (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto tale onere non adempiuto dal ricorrente che, in relazione ad un infortunio sul lavoro, aveva dedotto il vizio motivazionale della sentenza di condanna per la omessa valutazione di una delega di funzioni conferita dal datore i lavoro ai suoi collaboratori, asserendo soitanto che tale documento era allegato agli atti del processo sin dal giudizio di primo grado). (Sez. 4, n. 3360 del 16/12/2009 - dep. 26/01/2010, Mutti, Rv. 24649901; di recente: Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017 - dep. 02/05/2017, Schioppo, Rv. 27007101).
12. Nella fattispecie in esame, dunque, in assenza dell'allegazione al ricorso della delega avente le caratteristiche formali di cui all'art. 16 d.lgs. 81/2008 - e quindi della maggiore o minore limitatezza delle competenze del dirigente in relazione agli acquisti di materiale ed attrezzature indispensabili all'adempimento dell'onere di sicurezza incombente sul datore di lavoro impedisce di tratteggiare il contenuto concreto della distribuzione dei compiti nell'organizzazione dell'impresa, al fine di verificare se, identificato il rischio concretizzatosi, in relazione al contesto lavorativo ed alla sua complessità, anche tenendo in considerazione le dimensioni dell'impianto, esso fosse interamente afferente ai compiti ed ai poteri assegnati al dirigente.
13. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile S.C. Stefano, da liquidarsi in euro 2500,00 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile S.C., che liquida in euro 2500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 20/03/2019