Responsabilità del consiglio di amministrazione - Delega inefficace - Obbligo di vigilanza sui lavoratori


 

 

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente -
Dott. PETTI Ciro - Consigliere -
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere -
Dott. GENTILE Mario - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza sul ricorso proposto da:
1. M.A., nato a (OMISSIS);
2. M.E., nata a (OMISSIS);
3. M.G., nato a (OMISSIS);


avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Como in datam 18.02.2004 con cui sono stati condannati alla pena dell'ammenda per i reati di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 4 e 41, e art. 389 lett. c) e art. 267;

Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;

Sentita nella pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott.
Alfredo Teresi;

Sentito il P.M. nella persona del P.G., Dott. Passacantando
Guglielmo, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;

Sentito il difensore dei ricorrenti, avv. Barbato Adriano, il quale
ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Fatto Diritto

Con sentenza in data 18.02.2004 il Tribunale di Como condannava M.A., M.E. e M.G. alla pena dell'ammenda, per avere, quali componenti del consiglio d'amministrazione della s.p.a. Imat Felco, omesso di munire un carrello elevatore noleggiato dalla ditta Astis dei dispositivi di sicurezza per l'arresto delle pale alle estremità della loro corsa e per avere omesso di pretendere dal lavoratore S.C. l'uso di scarpe antinfortunistiche.
Proponevano ricorso per Cassazione gli imputati denunciando violazione di legge; mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine:
- all'affermazione di responsabilità di M.E. e di M.A. perchè all'epoca dei fatti, la prima, era addetta esclusivamente all'amministrazione e, il secondo, era addetto agli acquisti e ai fornitori, e, quindi, non erano "preposti alla sicurezza". Inoltre, tutti i poteri d'ordinaria amministrazione, comprensiva della sicurezza del lavoro, erano stati conferiti a M.G. con delibera del consiglio d'amministrazione 5.11.1998;
- alla ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del reato perchè il carrello elevatore de quo era stata portato in azienda dalla ditta Astis da pochi giorni per il tempo strettamente necessario per la riparazione di altro carrello di proprietà della Imat Felco, sicchè M.E. e M.A. nulla sapevano dell'arrivo del carrello sostitutivo, nè del mancato uso delle scarpe antinfortunistiche. Inoltre, la mancanza delle piccole viti di arresto non poteva essere agevolmente notata, nè era lecito dubitare della correttezza della ditta che aveva fornito il carrello sostitutivo.
Poteva quindi, ravvisarsi un caso fortuito;
- alla configurabilità del reato nei confronti degli imputati, i quali non erano proprietari del carrello;
- in ordine all'addebito di non avere preteso che il dipendente usasse le scarpe antinfortunistiche perchè era stato provato l'acquisto di calzature antinfortunistiche; l'invio al dipendente S. di una lettera con cui si ribadiva l'obbligatorietà dell'uso delle scarpe speciali; l'effettuazione di corsi di cartellista da parte dello S., sicchè erano stati osservati tutti gli obblighi previsti dalla normativa antinfortunistica;
- alla determinazione della pena e al diniego dei benefici di legge.
Chiedevano l'annullamento della sentenza.
Diretti ed esclusivi destinatali della normativa antinfortunistica sono i dirigenti e le persone indicate nel D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 4 e 5, i quali possono delegare ad altri soggetti tecnicamente preparati i compiti loro demandati in tema di prevenzione infortuni in base ad attribuzioni effettivamente delegate e volontariamente assunte.
Se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme, per quanto attiene all'adozione degli apparati strumentali necessari a preservare l'incolumità dei lavoratori è il legale rappresentante dell'ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale la persona giuridica agisce nel campo delle relazioni intersoggetive.
Tale compito discende dalla legge e non richiede espresso conferimento e comporta, in difetto di conferimento di valida delega, responsabilità penale perchè il legale rappresentante, anche se svolge mansioni tecniche o amministrative, è pur sempre preposto alla gestione della società.
Pertanto non possono esimersi da responsabilità i ricorrenti adducendo incompetenza tecnica oppure lo svolgimento di attività meramente amministrative perchè tali condizioni impongono l'astensione dall'assumere incarichi dirigenziali oppure di conferire in modo formale ad esperti l'osservanza delle norme antinfortunistiche.
La delega comporta affidamento di attribuzioni proprie del ruolo dirigenziale a persona tecnicamente preparata e capace che l'abbia volontariamente accettato nella consapevolezza degli obblighi di cui viene a gravarsi; deve essere fornita di poteri autoritativi e decisoli pari a quelli del legale rappresentante della società ed idonei a conseguire i presidi antinfortunistici, compreso l'accesso ai mezzi finanziari (Cass. Sez. 4^ RV. 193062) ed il delegante deve, inoltre, controllare che colui al quale è stata conferita l'usi concretamente (Cass. Sez. 4^, RV. 203134).
Nel caso in esame, nulla di tutto ciò risulta perchè il consiglio di amministrazione ha conferito a M.G. tutti i poteri per l'ordinaria amministrazione e poteri di straordinaria amministrazione per diverse materie tra le quali non è compresa la prevenzione antinfortunistica.
Irrilevante è l'addotta circostanza che il carrello, di proprietà della ditta Astis, fosse pervenuto in azienda da pochi giorni, privo di viti d'arresto, in sostituzione di altro in riparazione perchè gli imputati, quali datori di lavoro, erano tenuti a verificare che il carrello elevatore fosse dotato dei dispositivi di sicurezza mentre veniva usato dai dipendenti per le incombenze aziendali con la conseguenza che la mancata verifica è addebitabile agli stessi a titolo di colpa.
Correttamente, poi, è stato rilevato che le iniziative poste in essere dagli imputati nei confronti del lavoratore, infortunato perchè privo di calzature antinfortunistiche, non avevano esaurito ogni obbligatorio intervento finalizzato alla prevenzione degli infortuni perchè l'obbligo di dotare i lavoratori di dispositivi di sicurezza individuali non viene meno con la segnalazione del pericolo, nè con l'invito al rispetto della normativa, dovendosi il datore di lavoro attivare perchè la stessa sia in concreto osservata anche applicando sanzioni disciplinari ai dipendenti riottosi.
Anche sulla determinazione della pena, prossima ai minimi edittali, ma genericamente contestata, vi è congrua motivazione, mentre non doveva essere motivato il diniego dei benefici di legge perchè non richiesti.
Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 23 febbraio 2006.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2006