Cassazione Penale, Sez. 4, 10 ottobre 2019, n. 41673 - Caduta dall'alto del cameraman addetto alle video riprese di una manifestazione sportiva. Prescrizione


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 02/10/2019

 

 

 

FattoDiritto

 

 

 

1. Con sentenza del 20 settembre 2018 la Corte di Appello di Bologna ha parzialmente riformato -concedendo la sospensione condizionale della pena inflitta- la sentenza del Tribunale di Bologna con la quale I.T. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590 cod. pen. per avere, in data 19 marzo 2011, nella sua qualità di datore di lavoro di F.R., cameraman addetto alle video riprese di una manifestazione sportiva automobilistica, cagionato al medesimo lesioni gravi consistite nella lussazione della spalla sinistra e frattura dell'empiatto tibiale esterno sinistro, con colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia, nonché nella violazione di disposizioni sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, non predisponendo un idoneo sistema di accesso al piano impalcato della torretta, adibita a luogo di lavoro temporaneo ed un robusto parapetto che garantisse il rischio di caduta dall'alto, secondo quanto previsto dal punto 2.1.5 dell'allegato XVIII al d.lgs. 81/2008, cosi che il lavoratore, salito arrampicandosi sull'impalcato, al fine di effettuare le riprese, precipitava dall'altezza di m. 2,60.
2. Il fatto, per come accertato dalle sentenze di primo e secondo grado, può essere descritto come segue: il dipendente F.R. nell'atto di portarsi in cima alla torretta in alluminio, sull'impalcato, ove era posizionata la telecamera, al fine di effettuare delle riprese, saliva arrampicandosi agli elementi verticali, disposti a spalliera sul lato esterno della torretta e, giunto quasi alla sommità, appoggiava un piede, per alzarsi in piedi, sull'ultima traversa, che si sganciava, provocando la caduta dall'alto del lavoratore.


3. Avverso la sentenza della Corte d'appello propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, formulando tre motivi di ricorso.
4. Con il primo si duole del vizio di motivazione, sotto il profilo dell'assoluta carenza, per non essersi la Corte territoriale pronunciata sui motivi di gravame proposti, con cui si contestava l'abnormità della condotta del lavoratore che, in spregio delle prescrizioni imposte in particolare dell'art. 138, comma 4 del d.lgs. 81/2008, saliva sui ponteggi lungo i montanti, senza neppure preoccuparsi di avvertire il datore di lavoro che la scala di accesso, certamente utilizzata per portare su la telecamera, non era più sul posto. Osserva che, solo omettendo considerazione dei motivi proposti, la Corte è giunta ad affermare che il lavoratore fu 'costretto' ad operare in quel modo. Invero, la gara da riprendere era prevista per il giorno successivo al sinistro e non vi era alcuna urgenza di effettuare controlli e prove di trasmissione, sicché la mera ripetizione da parte del giudice di appello del contenuto della sentenza del giudice di primo grado non può che integrare grave vizio della motivazione.
5. Con il secondo motivo fa valere la violazione di norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale con riferimento all'art. 20 d.lgs. 81/2008, nonché il vizio di motivazione. Assume che la sentenza impugnata, nel confermare la responsabilità dell'imputato, ha mancato di rispondere alla sollecitazione introdotta con il motivo di appello, con il quale sottolineava la grave condotta tenuta dal lavoratore che, in violazione dell'art. 20 d.lgs. 81/2008 non aveva provveduto a segnalare immediatamente al datore di lavoro (al dirigente o al preposto) l'assenza o l'inadeguatezza di strutture e dispositivi, nonché di esaminare il comportamento del lavoratore alla luce degli obblighi su di lui incombenti, tenendo conto del fatto che il medesimo non aveva alcuna ragione, il giorno dell'infortunio, di salire sulla torretta, essendo la telecamera già stata posizionata e non essendovi alcuna operazione urgente da svolgere, sicché la sua condotta deve essere considerata del tutto abnorme, e posta in essere al di fuori dei compiti attribuitigli.
6. Con il terzo motivo lamenta la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena inflitta ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Rileva che il diniego è stato motivato facendo riferimento a precedenti penali molto risalenti e senza affrontare l'esame degli elementi positivi sottoposti con l'atto di appello, sui quali la Corte non si è pronunciata. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
7. La sentenza va annullata senza rinvio essendosi il reato estinto per prescrizione alla data del 19 novembre 2018, dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado, in assenza dei presupposti di applicazione dell'art. 129, comma 2 cod. proc. pen., dell'evidenza di cause di assoluzione o di proscioglimento.
Sotto il profilo dell'ammissibilità del ricorso è sufficiente osservare che le questioni poste con i motivi non sono manifestamente infondate, essendo inerenti anche alla valutazione dell'efficienza causale dell'inadempimento degli obblighi incombenti sul lavoratore ex art. 20 d.lgs. 81/2008, qualora trasmodante nell'assoluta eccezionalità, nonché alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l'indicazione da parte dell'imputato di elementi favorevoli, del tutto pretermessi dalla Corte territoriale 
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 2/10/ 2019