Cassazione Penale, Sez. 4, 16 marzo 2020, n. 10110 - Lavori di riparazione ed ammodernamento del quadro dei servizi elettrici all'interno del ristorante non ancora terminati: morte per elettrocuzione durante la pulizia di un frigorifero
Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA Data Udienza: 13/11/2019
Fatto
La Corte d'appello di Palermo con l'impugnata sentenza, ha confermato l'affermazione di penale responsabilità di C.S. e C.A., ritenuti responsabili dal Tribunale di Agrigento, nella qualità di comproprietari e legali rappresentanti della ditta LOGICO s.n.c., in concorso e cooperazione colposa del reato di cui agli artt. 110, 113, 40, 589 commi 1 e 2 cod. pen., in danno del dipendente A.G., deceduto per elettrocuzione, essendo stato investito da una scarica elettrica, mentre su indicazione degli imputati stava pulendo un frigorifero in uso al locale adibito a ristorante gestito dalla società.
Agli stessi erano state addebitate rimarchevoli trascuratezze quanto alla sicurezza sul luogo di lavoro, alla formazione e controllo della attività dei dipendenti e, soprattutto, per aver permesso che l'esercizio si mantenesse in attività senza chiudere durante i lavori di riparazione ed ammodernamento del quadro dei servizi elettrici, nonostante le già rilevate e cospicue criticità dell'Impianto.
Avverso tale decisione ricorrono per cassazione con atto congiunto gli l'imputati, deducendo con un primo motivo mancanza di motivazione in ordine ai fatti accaduti nel pomeriggio antecedente l'infortunio mortale ed alle responsabilità dell'elettricista intervenuto a riparare l'impianto che aveva provveduto all'asportazione dell'interruttore magneto- termico differenziale (cd. salvavita).
Con un secondo motivo denunciano travisamento della prova ed in particolare delle dichiarazioni del teste A.G. , fratello della vittima, quanto alle effettive dichiarazioni dell'elettricista intervenuto per la riparazione ed al pericolo grave e immediato di rischio elettrico. Con un terzo motivo il solo C.S. lamenta, infine, inosservanza della legge penale in relazione all'art. 81 comma 1 cod. pen., per il mancato riconsocimento in suo favore del concorso formale tra il fatto oggetto della sentenza impugnata e quello oggetto della sentenza passata in giudicato in data 10 novembre 2014, con cui lo stesso era stato condannato per la violazione della normativa antinfortunistica costituente la colpa specifica del reato oggetto del presente procedimento.
I ricorsi sono manifestamente infondati.
Con il primo motivo gli imputati si limitano, infatti, a reiterare una doglianza già avanzata in sede di gravame e disattesa dalla Corte di merito con motivazione corretta in diritto ed immune da censure.
Per pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte, va ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, Infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può Ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificità che conduce, a norma dell'alt.591, comma 1, lett.c) cod.proc.pen., alla inammissibilità dell'impugnazione (ex plurimis, Sez.5, n.28011 del 15/2/2013, Rv.255568 e precedenti conformi).
Si è ancora ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, sono apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez.3, n.44882 del 18/7/2014, Rv.260608).
Nella specie la Corte territoriale ha diffusamente richiamato in sentenza la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado e - contrariamente a quanto affermato in ricorso- si è in particolare soffermata sulla posizione dell'elettrotecnico V. (anch'egli appellante) pervenendone all'assoluzione, in riforma della sentenza di prime cure, all'uopo evidenziando come quest'ultimo non avesse ancora concluso la programmata manutenzione e riparazione ed avesse fatto esplicitamente presente ai due imputati che il locale non avrebbe dovuto essere riaperto.
Con riferimento al secondo motivo di gravame, occorre ricordare che è ripetutamente affermato, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, che il vizio di travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", essere superato il limite costituito dal devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo ¡l caso - all'evidenza non ricorrente nella specie- in cui il giudice d'appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, (cfr. Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018 Ud. (dep. 05/02/2018 ) Rv. 272018; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837; Sez.4, n.19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636).
Parimenti inammissibile si appalesa l'ultimo motivo di gravame, che, anche in questo caso, difetta di specificità. Il ricorrente (il motivo come già ricordato in narrativa è proposto dal solo C.S.), infatti, non si confronta compiutamente con il contenuto della gravata sentenza che, contrariamente a quanto affermato in sede di ricorso, non si è limitata ad affermare la ritenuta preclusione per non essere stata la relativa questione posta nell'ambito del giudizio di primo grado, ma ha motivatamente escluso l'omogenea unitarietà della condotta, evidenziando come alla base dell'imputazione di cui all'odierno procedimento vi fosse l'autonoma deliberazione - indipendente dalle contestate violazioni in materia infortunistica- di non chiudere il locale e di far comunque lavorare i dipendenti.
4. A fronte di tali corrette argomentazioni, già sviluppate dal Tribunale e condivise dalla Corte di Palermo, i ricorsi appaiono pertanto privi del necessari requisiti di specificità.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria di 2.000,00 euro ciascuno in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent.n.186/2000), nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civii che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della
cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili A.G. , R.MG., A.G., A.G. , che liquida in complessivi euro quattromila, oltre spese generai al 15%, CPA e IVA
Così deciso In Roma, il 13 novembre 2019