SNOP
Società Nazionale Operatori della Prevenzione
Al Coordinamento Interregionale di Prevenzione
alla cortese attenzione della dott.ssa Francesca Russo
Oggetto: A proposito dell'emergenza per il Covid 19, con particolare riferimento alla prevenzione e tutela della salute dei lavoratori
Nell'attuale emergenza una buona parte della popolazione italiana risulta di lavoratori e lavoratrici, molti dei quali sono esclusi dal provvedimento "io-resto-a-casa", in quanto rimangono a sostegno dell'intera comunità (servizi essenziali, esercizi aperti, attività produttive non interrotte) e per questo devono necessariamente affrontare più direttamente condizioni di rischio. È necessario che questa parte di popolazione sia oggetto di iniziative mirate di prevenzione, a partire da quelle informative/comunicative e di assistenza, non solo a sua tutela ma anche per il ruolo che essa assume ai fini del contenimento della diffusione del virus Covid 19, mediante le azioni definite dai provvedimenti governativi.
In proposito, ci sembra utile ed urgente osservare che nell'attuale fase i provvedimenti emanati dalle Regioni non hanno finora dedicato particolare attenzione al tema della tutela della salute di quella particolare (ed ovviamente vasta) platea di cittadini che sono anche "lavoratori" e, quando parzialmente lo hanno fatto, risultano spesso disomogenei e talora addirittura confliggenti tra loro.
Le istanze emergenti in materia di tutela della salute e le proteste dei lavoratori e degli RLS sono state portate - attraverso energiche posizioni sindacali unitarie - all'attenzione del governo centrale, con la richiesta di azioni indispensabili a garanzia della prevenzione e della protezione dal rischio di esposizione al nuovo Coronavirus. Il "Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro", firmato il 14 marzo tra Governo e parti sociali, costituisce oggi un punto di riferimento di evidente importanza, sulla cui applicazione le strutture pubbliche sono chiamate a fornire il loro supporto ed a vigilare.
La stessa unitarietà e univocità che ha portato a questo Protocollo non ha purtroppo contraddistinto, nemmeno in questa fase drammatica, l'insieme delle Regioni e delle ASL e nelle iniziative territoriali di prevenzione non è stata sostanzialmente avvertita la voce degli organismi di coordinamento interregionale. A fronte del moltiplicarsi delle istanze e dei quesiti riguardanti l'organizzazione delle misure di prevenzione e protezione nelle aziende (e, in modo specifico, le attività di sorveglianza sanitaria), provvedimenti emanati da diverse Regioni e ASL stanno dando indicazioni diverse, spesso opposte (sospensione tout court, continuazione tout court), rischiando di produrre disorientamento nelle imprese e nei lavoratori. E' invece del tutto evidente che bisognerebbe evitare che da diverse istituzioni - a maggior ragione in una contingenza nazionale (e non solo) - venissero date indicazioni palesemente differenti, quando non confliggenti con altre.
Nell'ambito degli obiettivi che la nostra Associazione si pone storicamente, ci preme sottolineare l'assoluta opportunità che nella presente fase emergenziale le Regioni, anche sulla materia di questa nota, garantiscano un efficace coordinamento tra loro, evitando il più possibile l'emanazione di provvedimenti singoli non sufficientemente omogenei, al di là delle ovvie peculiarità territoriali.
Ci sembra doveroso far presenti in particolare alcune questioni, che a nostro parere dovrebbero implicare l'attivazione di un maggiore coordinamento/raccordo tra le strutture competenti delle Regioni.
In primo luogo, riteniamo sarebbe utile promuovere l'attivazione il più possibile coordinata in tutta Italia delle strutture del SSN deputate alla prevenzione (Dipartimenti di Prevenzione e Servizi agli stessi afferenti), incentrando su di loro principalmente l'azione informativa/comunicativa, anche posponendo e sacrificando temporaneamente attività quotidiane abituali oggi non urgenti, con la finalità prioritaria di contribuire a diffondere “buone pratiche comportamentali" (applicandole esse stesse in primis, a tutela dei propri operatori e a prevenzione di possibili contagi) e sensibilizzare sulla necessità di adottarle e seguirle in tutti i territori del paese.
Riteniamo che in questa fase i Servizi possano disporre di documenti utili (decaloghi, ecc.), curando che si tratti di materiali semplici, sintetici, con contenuti non confliggenti tra loro, meglio ancora se prodotti da strutture nazionali. Com'è noto, siti ufficiali delle Istituzioni centrali contengono direttive e raccomandazioni, che promuovono le misure di prevenzione e protezione, uniche efficaci per controllare e limitare la diffusione del virus: ma, per renderle effettive, è ovviamente necessaria la diffusione capillare e la ricerca della collaborazione responsabile di tutta la collettività, obiettivi che sono propri dei Dipartimenti di prevenzione.
Questa emergenza trova purtroppo le strutture del SSN deputate alla prevenzione, il DIP e i suoi Servizi, reduci da una fase di depotenziamento e di scarsa considerazione da parte di ASL e Regioni, e ciò proprio in un momento nel quale sarebbero richieste adeguate risorse e competenze, cui in questi anni non si è provveduto. Nonostante le specifiche azioni previste dagli ultimi Piani Nazionali della Prevenzione, ad esempio, non sembra che quello che è stato prodotto sia oggi spendibile o effettivamente speso in termini di preparazione di queste strutture all'attuale emergenza sanitaria.
Mancano sicuramente, in proposito, risorse e competenze (ad esempio ed in particolare nell'area comunicativa o psicologica) che oggi sarebbero utilizzabili anche sul piano dell'approccio alla popolazione di competenza (singoli individui o gruppi). È doveroso, comunque, che gli stessi DIP, in particolare attraverso i Servizi PSAL si occupino attivamente della tutela del personale operante nelle strutture ospedaliere e sanitarie in generale (specie quelle meno “in vista"), che in questa fase sono in prima linea e stanno dando un'ammirevole prova: è rilevante che vengano svolte iniziative di promozione e assistenza - ma anche di imposizione - verso i Servizi di prevenzione e protezione delle ASL, in relazione alle condizioni in cui tale personale opera, alle indicazioni fornite, alle protezioni ambientali e individuali messe a disposizione.
È evidente che i luoghi di lavoro rappresentano un ambito importante per amplificare l'attività di sensibilizzazione sui comportamenti corretti da tenere per ridurre la trasmissione del virus e il rischio di contagio, e al contempo un'area complessa a rischio concreto di ulteriore diffusione del virus.
Da parte dei Servizi dei DIP dovrebbe, quindi, essere dedicata la massima assistenza (informazioni, indicazioni operative) a tutte le imprese raggiungibili, grandi, medie, piccole e micro, sia in risposta a domande sia attraverso la diffusione attiva anche di materiali, in particolare secondo alcune linee:
- indicazioni igieniche ambientali e personali: dalla promozione del frequente ed accurato lavaggio delle mani da parte di dipendenti ma anche di esterni, alla promozione di una adeguata "igiene respiratoria" sul posto di lavoro, alla corretta pulizia ed igiene dei posti di lavoro, alle cautele nell'utilizzo in azienda di spazi ad utilizzo collettivo;
- indicazioni per il necessario aggiornamento della valutazione del rischio biologico (D.Lgsl. 81/08 art. 28 comma 1 e Titolo X, art. 266) da attuare con la massima rapidità con l'indispensabile apporto del medico competente e da aggiornare secondo l'evoluzione dell'epidemia.
Ciò naturalmente anche nei luoghi di lavoro (ovviamente la gran parte) nei quali il possibile rischio "aggiuntivo" biologico in questa fase non sia specifico dell'attività produttiva svolta (il virus responsabile dell'attuale pandemia rientra nella classe dei Coronaviridae elencata tra gli agenti biologici dell'Allegato XLVI del D.Lgs 81/08, con attuale classificazione in gruppo 2 ). Tale valutazione dovrà tenere conto dei rischi intrinseci all'attività lavorativa, delle caratteristiche dei contatti interpersonali interni e con l'esterno, della disponibilità e dell'adeguatezza delle misure e procedure di cautela adottate ed eventualmente dei dispositivi di protezione personale se ritenuti opportuni/necessari.
La competenza dei Servizi dovrebbe tra l'altro essere preziosa per definire dove e in quali occasioni le attività di lavoro e produttive siano incompatibili rispetto alle possibilità di contenimento del contagio o comportino ulteriori rischi rispetto alla diffusione dello stesso.
La consapevolezza del rischio è ben presente e desta giusta preoccupazione tra i lavoratori e le lavoratrici dei settori produttivi che non sono stati interessati dal provvedimento di sospensione dell'attività contenuto nel DPCM 11 marzo 2020. A tal proposito, in questi giorni dai posti di lavoro si stanno segnalando con forza, diffusamente sul territorio nazionale, carenze nel rispetto delle norme igienico sanitarie e di protezione, necessità di riorganizzazione di postazioni di lavoro che non consentono un sufficiente distanziamento e di implementazione di soluzioni che rendano possibile la tutela della salute per chi, affetto da patologie croniche, sia addetto a mansioni non compatibili con la modalità di lavoro agile, di applicazione di misure di conciliazione dei tempi di lavoro con le nuove esigenze poste da una diversa organizzazione dei tempi di vita. Non dimentichiamo che queste carenze di tutela si potranno tradurre in contagi e casi di malattia o morte legati al lavoro e come tali in ulteriori infortuni sul lavoro specificamente legati all'infezione da Covid 19!
I Servizi di Prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro possono e devono, pur con le ricordate carenze di personale, rappresentare un supporto valido all'individuazione di risposte adeguate nelle situazioni concrete delle imprese e dei lavoratori, fornendo indicazioni, in particolare, sulle protezioni personali (quali requisiti delle "mascherine", significato ed implicazioni del "monouso", ...) e sulle modalità di protezione verso vie di trasmissioni del virus non airborne ma tramite droplets, contatti con cute e mucose del volto.
Riteniamo che il ruolo dei Medici Competenti, in questa fase critica, debba prioritariamente essere di supporto al sistema di prevenzione aziendale, contribuendo alla valutazione aggiornata del rischio biologico, garantendo l'assistenza e informazione ai lavoratori e ai loro rappresentanti.
Riguardo, in particolare, alla sorveglianza sanitaria, a fronte dell'opportunità di sospendere/rinviare le visite periodiche sui lavoratori da più parti prospettata, il Protocollo del 14 marzo 2020 condiviso da Governo e Parti sociali si esprime invece a favore della continuazione. Deve peraltro essere chiaro che la sorveglianza sanitaria ovviamente non si identifica tout court con l'effettuazione di visite mediche; a nostro parere non dovrebbe comunque essere impedita una certa discrezionalità e una ragionevole "elasticità" del M.C. derivante dalla sua competenza e da quanto rientra nelle sue conoscenze, sulla base della valutazione del rischio, in funzione del contesto organizzativo e dalla tipologia d'impresa, e collocando naturalmente l'attività nell'ambito delle misure e indicazioni generali stabilite dai provvedimenti normativi per TUTTE le collettività. La corretta attività dei M.C., in collaborazione con le altre figure aziendali, può essere preziosa, anche avvalendosi di modalità che non prevedano necessariamente il diretto contatto interpersonale, per potenziare un ruolo di sorveglianza complessiva e di assistenza alle imprese ed ai lavoratori, contribuendo così all'applicazione diffusa dei contenuti dello stesso Protocollo ora ricordato.
In uno spirito di fattiva collaborazione, ci permettiamo di suggerire l'attivazione di una modalità di videoconferenza straordinaria e periodica, che - anche coinvolgendo il Gruppo tecnico interregionale SSL - permetta di ovviare con gli opportuni provvedimenti a quanto segnalato in questa nota, dando così al Paese un segnale utile non solo nel presente ma anche per il futuro, in un momento nel quale il problema della disomogeneità (sotto vari profili) è da più parti attenzionato e gli stessi presupposti della legge 833/78 sono soggetti a revisione critica.
16 marzo 2020
Presidenza SNOP
Il Presidente Anna Maria Di Giammarco
Fonte: diario-prevenzione.it