Cassazione Penale, Sez. 4, 20 aprile 2020, n. 12440 - Caduta dall'alto. Appalto e totale mancanza di coordinamento e cooperazione


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 07/02/2020

 

Fatto

 

l. La Corte di Appello di Venezia con sentenza pronunciata in data 25 Ottobre 2018 confermava la decisione del Tribunale di Rovigo che aveva riconosciuto B.B., legale rappresentante della ditta EDILB. s.p.a. del reato di omicidio colposo con inosservanza della disciplina in materia di infortuni sul lavoro ai danni del lavoratore A.M. e lo aveva condannato alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione, pena condonata ai sensi dell'art. 1 L. n.241/06.
2. A B.B. veniva contestata l'inosservanza dell'art.7 del D.Lgs. 19.9.1994 n.626 perché nella sua qualità di titolare della impresa appaltatrice dei lavori ometteva di promuovere la cooperazione con la ditta subappaltatrice EDILIZA BOFRA, omettendo di collaborare con essa nella individuazione e valutazione dei rischi e nell'attuazione delle misure di prevenzione e di protezione, omettendo di verificare che la ditta sub-appaltatrice, nella esecuzione dei lavori di "oliatura del cassero", installasse ed utilizzasse adeguate opere provvisionali, quali trabattelli e cavalletti, idonee a prevenire la caduta dall'alto ed eseguire tali lavori in sicurezza.
3. Il giudice distrettuale in primo luogo escludeva di dovere procedere alla integrazione dell'istruttoria dibattimentale al fine di approfondire, su sollecitazione della difesa del ricorrente che all'uopo aveva sviluppato una indagini difensiva mediante l'assunzione di informazioni, il tema della consapevolezza da parte dell'imputato della presenza nel cantiere di operai della BOFRA che si occupavano dei lavori di carpenteria, dal momento che era stata la stessa società EDILB. s.p.a. a concedere le opere in subappalto a società (CFM) che le aveva subappaltate alla BOFRA che vi lavorava da circa quindici mesi, nella consapevolezza del OSE (B.) e delle stesse maestranze della EDILB. (P.), laddove lo stesso imputato risultava avere frequentato il cantiere almeno con cadenza mensile.
3.1 Sotto diverso profilo escludeva che il B.B., in ragione della complessità della struttura societaria, articolata in distinte unità operative e in diversificate posizioni di garanzia, con numerosissimi cantieri aperti, potesse ritenersi estraneo alla gestione del rischio connesso al coordinamento dell'attuazione delle misure di sicurezza nel cantiere in esame. A tale proposito evidenziava come nonostante l'esistenza in cantiere di alcune figure di preposto e di direttore dei lavori, faceva difetto una specifica delega di funzioni con delimitazione dell'ambito di responsabilità e indicazione dei poteri di spesa, di talché all'assunzione di fatto di tali vesti di garanzia non corrispondeva una investitura ufficiale tale da fare escludere la responsabilità dell'amministratore ricorrente, non avendo questi definito ruoli e competenze in materia di sicurezza dei suoi dipendenti pure presenti sul cantiere.
3.2 Quanto al merito della responsabilità evidenziava come il B.B. avesse omesso di verificare la idoneità tecnico organizzativa della BOFRA e di coordinare l'attività della sua impresa che di fatto gestiva il cantiere, con quella che operava in cantiere per la esecuzione di specifiche opere di carpenteria ed era chiamata a utilizzare impalcature e tavole fornite dall'appaltatrice, senza che questa avesse dismesso una ingerenza nelle suddette lavorazioni.
3.3 Escludeva infine che l'assoluzione in un separato giudizio del CSE B. potesse ridondare favorevolmente sulla posizione dell'imputato ricorrente, sia in ragione del diverso rito prescelto e della diversità del materiale probatorio acquisito, sia per il fatto che l'ambito di garanzia del coordinatore atteneva al rischio interferenziale.
4. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato prospettando due motivi di doglianza.
Con un primo motivo ha dedotto violazione di legge in relazione agli art.40, 42 e 43 cod.pen., in primo luogo per essere stata riconosciuta in capo all'imputato la posizione di garanzia in relazione all'infortunio occorso al dipendente ignorando che, anche in considerazione delle dimensioni aziendali, la verifica del rispetto della disciplina antinfortunistica era rimessa ad una serie di figure intermedie. Sotto diverso profilo rappresentava come fosse mancata un'adeguata verifica della ricorrenza di relazione causale tra le omissioni contestate all'imputato e l'evento dannoso laddove il B.B. aveva individuato e posto nel cantiere almeno tre figure tutoriali che avevano assunto di fatto la gestione del cantiere e vigilavano sulla esecuzione dei lavori e sul rispetto della disciplina antinfortunistica. Rilevava inoltre che profili interruttivi della causalità andavano altresì individuati nel comportamento abnorme della persona offesa, che si era posto a lavorare sopra il cassero omettendo di utilizzare tavole e cavalletti per eseguire gli interventi di disarmo, di talché nessun comportamento alternativo poteva ritenersi esigibile in capo al prevenuto.
4.1 Evidenziava ancora che l'assoluzione del B., direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e anche in fase di esecuzione, si poneva in insanabile contrasto con la pronuncia di responsabilità in capo al B.B. in ragione della medesimezza del rimprovero mosso per difetti di controllo in sede esecutiva.
Difettava altresì la prevedibilità in concreto dell'evento atteso che nessuno aveva informato il ricorrente dell'intervenuto sub appalto delle opere di carpenteria alla ditta BOFRA.
4.2 Con una separata articolazione si denuncia violazione di legge per mancata assunzione da parte del giudice di appello di prova decisiva, consistita nella testimonianza M., responsabile amministrativa della EDILB. e moglie dell'imputato, in ordine alla non conoscenza da parte dell'imputato del fatto che la ditta subappaltatrice (CFM) di cui l'imputato aveva il massimo affidamento, si era avvalsa di altra impresa, non specializzata, per la esecuzione delle opere di carpenteria e quindi in punto di non prevedibilità e prevenibilità dell'evento dannoso.
 

 

Diritto

 


1. Assolutamente infondato è il secondo motivo di ricorso con il quale il ricorrente chiede l'annullamento della pronuncia impugnata per mancata assunzione di prova decisiva. Invero afferma il S.C. che l'art. 603, commi primo e terzo cod. proc. pen., che stabilisce la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in grado di appello quando il giudice è impossibilitato a decidere allo stato degli atti e ritiene assolutamente necessaria la prova richiesta, interpretato alla luce dell'art. III Cost., consente al giudice - nel caso in cui la situazione processuale presenti effettivamente un significato incerto - di ammettere la prova richiesta che venga ritenuta decisiva ed indispensabile, ossia che possa apportare un contributo considerevole ed utile al processo, risolvendo i dubbi o prospettando una soluzione differente (sez.III, 7.4.2004 n.21687Modi ed altro,Rv.228920; Sez. U,17/12/2015 n.12602, Ricci, Rv. 266820). Deve pertanto ritenersi la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio di appello una evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione giudiziale di assoluta necessità conseguente all'insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti, che impone l'assunzione di ulteriori mezzi istruttori pur se le parti non abbiano provveduto a presentare la relativa istanza nel termine stabilito dall'art. 468 cod. proc. pen. (sez.II, 2.9.2013 n. 41808). In definitiva non solo il giudice di appello non era tenuto ad addivenire alla richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale sul presupposto della allegazione di una possibile fonte di nuova conoscenza, rispetto al patrimonio probatorio già presente agli atti e cristallizzato nella scelta del rito opzionato, ma al contempo il giudice di appello ha adeguatamente rappresentato la mancanza del profilo di decisività al nuovo mezzo di prova assumendone la intrinseca debolezza a fronte delle ulteriori acquisizioni (deposizione di una dipendente della EDILB. s.p.a., moglie dell'imputato) e l'inidoneità a ribaltare l'accertamento di un fatto, già ampiamente rappresentato anche sulla base di fonti documentali (contratto di sub appalto, teste P.). Da tali emergenze il giudice distrettuale traeva l'inferenza che era acquisita agli atti del giudizio la circostanza che la società subappaltatrice CFM aveva la facoltà di subappaltare i lavori affidati, che il P. (preposto della EDILB. s.p.a.) era a conoscenza del subappalto dei lavori di carpenteria alla società BO.FRA, che la BO.FRA operava nel cantiere da oltre un anno al momento del verificarsi dell'infortunio e che il ricorrente B.B. era solito presentarsi in cantiere almeno una volta al mese, così da potersi ritenere accertato che lo stesso avesse appreso personalmente, o attraverso il preposto P., che non era la ditta CFM ad occuparsi delle opere bensì di impresa in sub appalto.
2. Infondato è il primo motivo di ricorso. Nessun dubbio sussiste sul fatto che B.B. abbia rivestito al momento del fatto la qualifica formale di legale rappresentante, responsabile della gestione della società EDILB. s.p.a. e pertanto costituiva la massima espressione della rappresentanza e della operatività dell'azienda e su di esso correva l'obbligo primario di procedere alla valutazione dei rischi e di assicurare la sicurezza e l'adozione di misure di prevenzione sul luogo di lavoro (Sez.IV,1.2.2017,Ottavi, Rv. 269133; 29.1.2019, Ferrari, Rv.276335), e conseguentemente di predisporre il conseguente documento di valutazione. Quanto ai profili formali dell'assunzione della qualifica di datore di lavoro in materia di infortuni sul lavoro gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110801; SEZ. IV, 16.12.2015, Raccuglia, Rv.265947).
3. Appare evidente che manca nella specie qualsiasi elemento da cui inferire la presenza dei requisiti essenziali per consentire un trasferimento di una o più funzioni dal soggetto delegante, facendo totalmente difetto una delega formale volta a definire l'ambito circoscritto, o ben definito, delle competenze trasferite, risolvendosi in una mera allegazione difensiva il generico riferimento alla presenza sul cantiere di soggetti preposti alla vigilanza, alla direzione dei lavori e alla sicurezza; se da un lato tale allegazione difensiva può valere alla individuazione di ulteriori figure tutoriali, dall'altra non risulta idonea all'esonero di responsabilità in capo al soggetto che è gravato della gestione dell'impresa e unisce in sé i poteri di indirizzo, di spesa e di amministrazione. Semmai risulta accertato l'esercizio da parte di terzi della gestione esecutiva dell'attività aziendale ma, contrariamente a quanto rappresentato nel primo motivo di ricorso, non è affatto vero che il concreto atteggiarsi delle lavorazioni sfuggiva ai poteri di indirizzo e di coordinamento comunque riconosciuti all'amministratore ricorrente.
3.1 Invero il giudice di legittimità, pur distinguendo la posizione del preposto di fatto sul luogo di lavoro dalla delega di funzioni, ha ampiamente affermato che, pur in presenza di un esercizio di fatto di una posizione di garanzia all'interno del luogo di lavoro, sia essa determinata da un atto di ingerenza piuttosto che da una distribuzione di incarichi non formalizzati, giammai si realizza una ipotesi di esonero di responsabilità del titolare effettivo della posizione di garanzia, ma semmai si costituisce una figura alternativa di garanzia, che potrebbe essere chiamata a rispondere sulla base del principio di effettività richiamato dall'art.299 D.Lgs. n. 81/2008 (sez.IV, 28.2.2014 Consol rv. 259224, 18.12.2012 Marigioli rv 226339, 9.2.2012 Pezzo rv. 253850).
4. Quanto alle censure sviluppate sui profili soggettivi della colpa non appare invero corretto l'approccio della parte ricorrente al complesso problema della gestione del rischio connesso all'ambiente di lavoro, con particolare riferimento agli obblighi di cooperazione e coordinamento tra la ditta appaltatrice e quella subappaltatrice chiamata ad eseguire specifiche lavorazioni utilizzando peraltro strumenti di lavoro, impalcature assi, tavole e cavalletti posti a disposizione della impresa affidataria la quale di fatto aveva il controllo del cantiere anche con riferimento alle opere concesse in sub appalto, avendo essa conservato poteri di ingerenza e di gestione del luogo di lavoro. Invero con riferimento alla posizione del subappaltatore il S.C. ha affermato che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il sub committente è sollevato dai relativi obblighi solo ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello stesso nei confronti del subappaltatore (sez.IV, 5.6.2008, Riva e altro, Rv. 240314; sez.IV 20.11.2009, Fumagalli e altri, Rv.246302). 
6. Orbene pur mancando all'epoca dei fatti un obbligo specifico di formare un documento unico che garantisse la condivisione normativa tra committente e appaltatore delle misure volte a prevenire e a fronteggiare il rischio derivante dalla coesistenza o dall'alternarsi all'interno di una azienda di lavorazioni in grado di "interferire", certamente esisteva una specifica disciplina (art.7 D.L.vo 1994/626 peraltro oggetto di contestazione all'imputato) che onerava il committente di promuovere la cooperazione e il coordinamento in un ambito nevralgico e fonte di rischi.
6.1 Prevede l'art.7 I comma del testo citato (vigente alla data dell'Infortunio) che il datore di lavoro in caso di affidamento dei lavori all'interno della azienda, ovvero della unità produttiva a imprese appaltataci o a lavoratori autonomi ...b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
Trattasi invero di regola generale diretta a porre l'appaltatore o il lavoratore autonomo, le cui professionalità vengono introdotte nell'azienda ovvero nello stabilimento, a conoscenza di tutti i rischi connessi alle lavorazioni in tali ambienti, regola questa che certamente non può essere derogata dal contratto di appalto con la previsione di una inversione degli obblighi prevenzionistici in capo all'appaltatore, ovvero attraverso il mero travaso di informazioni, che si assume la ditta appaltatrice sia tenuta a partecipare alle proprie maestranze.
6.2 Che gli obblighi in capo al committente le opere non si esauriscono negli accordi contrattuali assunti con l'appaltatore lo si desume poi dal testo del secondo comma (art.7 comma II D.L.vo 626/94) il quale impone ai datori di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto nonché di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nella esecuzione dell'opera complessiva. Tale disposizione rende evidente come l'attività di consultazione, di cooperazione e di coordinamento tra datori di lavoro debba proseguire anche in corso di esecuzione del contratto di durata (appalto o somministrazione) e, sebbene non accompagnata da un documento ufficiale, deve valere a enucleare i rischi e ad elaborare strategie comuni per la loro prevenzione. Soprattutto è l'azienda committente (nella specie EDILB. s.p.a.) a dovere promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui ai secondo comma con esclusione dei rischi specifici dell'opera della ditta appaltatrice (art.7 co. III D.L.vo 626/94) e, conseguentemente ad elaborare un DUVRI che tenga conto di tali criticità.
7. Il giudice distrettuale pertanto, del tutto coerentemente con i dati testimoniali acquisiti e con gli elementi oggettivi sopra evidenziati di cui si era avvalso per ricostruire la dinamica del sinistro, ha segnalato le gravissime lacune nella promozione del coordinamento e della cooperazione con l'impresa sub appaltatrice in cui era incorsa la EDILB. in persona del suo titolare omettendo di verificare la idoneità tecnico organizzativa della BOFRA la quale ebbe a dileguarsi dal cantiere subito dopo i fatti relativi all'infortunio, non ha provveduto a coordinare l'attività della sua impresa con quella che operava nei cantiere da essa diretto, non ha individuato le figure addette a curare la sicurezza dei lavoratori omettendo qualsiasi delega in proposito, ha lasciato che i lavoratori della BOFRA operassero senza adeguate misure di protezione causando così con questi suoi comportamenti colposi la morte del lavoratore.
7.1 Neppure può essere accolta la censura che assume la inesigibilità di un comportamento alternativo in presenza di un lavoratore che abbia trascurato volontariamente di utilizzare i sistemi antinfortunistici indicati dal coordinatore per la sicurezza in sede di progettazione e di esecuzione (tavole e cavalletti a cuneo) atteso che è stato evidenziato dal S.C. che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento-morte o - lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento (la Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (vedi sez.IV, 28.4.2011 n. 23292; 5.3.2015 n.16397).
8. Parimenti destituita di fondamento è la censura che preconizza una possibile incoerenza di giudicati tra la pronuncia di condanna del B.B., suscettibile di passare in giudicato in ipotesi di rigetto dell'odierno ricorso, 
con la pronuncia assolutoria, peraltro non definitiva, di B. Gianni imputato nel medesimo procedimento ma separatamente sottoposto a giudizio. Invero sotto un primo profilo non è affatto vero, come sostenuto dalla parte ricorrente, che le due posizioni siano sovrapponibili, laddove al B., in qualità di Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione ed Esecuzione è stato contestato un difetto di coordinamento tra imprese impregnate nelle opere di realizzazione del manufatto e un difetto nella verifica del rispetto del PSC da parte delle maestranze della impresa BOFRA in relazione al rischio interferenziale, laddove i doveri di cooperazione, coordinamento ed informazione tra imprese committente ed appaltatrice di cui era onerato il B.B. attengono al diverso piano della collaborazione tra imprese che operano nello stesso cantiere e agli obblighi di informazione e di condivisione correnti in capo alla ditta affidataria delle opere, con particolare riferimento all'obbligo di rappresentare i rischi, ad essa noti, derivanti dalle lavorazioni oggetto di appalto.
8.1 Del tutto errata è poi l'argomentazione che evoca un possibile contrasto tra giudicati, tenuto conto della diversità dei riti prescelti e della diversità dei materiali probatori utilizzati per pervenire alle decisioni che si assume contrastanti. La giurisprudenza di legittimità affronta tali contrasti nell'ambito del giudizio di revisione e afferma che il giudizio di revisione è ammissibile solo quando il contrasto di giudicati si risolva non già nella contrastante valutazione giuridica della responsabilità dei coimputati del reato in relazione al medesimo fatto (sez.VI, 15.11.2016, Di Martino e altro, Rv.269232), ma nella diversità oggettiva degli elementi costitutivi del reato (sez.VI, 3.4.2014, Strappa, Rv.259804; sez.I, 14.10.2016, Mortola, Rv.269757; sez.V, 13.1.2015, PG in proc.Contu, Rv.262731), ipotesi certamente non ricorrente nella specie.
9. Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 7 Febbraio 2020