Cassazione Penale, Sez. 4, 06 giugno 2020, n. 17122 - Cedimento della pavimentazione di appoggio durante i lavori di costruzione di un polo ospedaliero. Reato estinto per prescrizione
- Cantiere Temporaneo e Mobile
- Coordinatore per l'Esecuzione
- Dirigente e Preposto
- Macchina ed Attrezzatura di Lavoro
- Rischio da Interferenza
Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: ESPOSITO ALDO Data Udienza: 06/02/2020
Fatto
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale di Ferrara del 7 luglio 2015, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, ha rideterminato in mesi tre di reclusione la pena inflitta a M.G. e ha confermato la pena di mesi due di reclusione nei confronti di G.G., in relazione al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen. (per avere, in cooperazione colposa tra loro, il M.G. quale direttore tecnico della società "Consorzio Cona", il V. quale direttore tecnico di cantiere della società "Consorzio Cona", e il G.G. quale tecnico di cantiere della Siram s.p.a., per colpa generica e specifica - violazione dell'art. 81 D. Lgs. n. 81 del 2008 - consentendo, tollerando e comunque non impedendo, all'interno del cantiere del nuovo ospedale Sant'Anna di Cona, che si lavorasse con mezzi pesanti in una zona avente parte della movimentazione non idonea a sopportare la massa, in particolare che non fosse evidenziata la caratteristica "non carrabile" della zona stessa, cagionato il 18 marzo 2011 al lavoratore I.V., dipendente della ditta "DS.", nel corso dei lavori suddetti, lesioni personali gravi giacché lo stesso, mentre stava effettuando lavori ad altezza di circa cinque metri con l'utilizzo di un ponte mobile sviluppabile, a causa di un cedimento della pavimentazione di appoggio che faceva sprofondare e ribaltare il ponte sul quale si trovava, cadeva a terra).
Le opere erano finalizzate alla costruzione di un polo ospedaliero e il cantiere dove si era verificato il fatto era di notevoli dimensioni. La committente era l'Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara; la concessionaria era la Prog. Este s.p.a.; l'affidatario, cioè il soggetto al quale la concessionaria Prog. Este s.p.a. aveva affidato l'integrale esecuzione del contratto, era il Consorzio Cona.
Al Consorzio Cona competevano la gestione complessiva del cantiere, la logistica e la viabilità; esso aveva affidato le opere da realizzare a società consorziate, tra le quali la Siram s.p.a., incaricata di realizzare gli impianti meccanici, a sua volta subappaltatrice di tali lavori ad altre società tra le quali la Thermotec, della quale faceva parte la DS. s.a.s..
La mattina del 18 marzo 2011, l'I.V. lavorava presso il blocco 39, ma saliva con la macchina su un tratto non carrabile, ovvero su piastre in calcestruzzo poste a copertura di una fossa, che risultava accessibile anche alle macchine, non essendo stata segnalata la sua non carrabilità. Alcune piastre collassavano sotto il peso della macchina e la piattaforma si ribaltava, sicché il lavoratore rovinava a terra, procurandosi lesioni.
Il Tribunale riteneva la manovra realizzata dal lavoratore non abnorme e ha ricondotto il sinistro alla mancanza assoluta di segnali o di indicazioni in ordine alla non carrabilità della pavimentazione in un tratto di lastricato in cui la macchina poteva accedere, non essendovi transenne, cordoli o altre limitazioni, in violazione dell'art. 108 D. lgs. n. 81 del 2008.
La situazione illecita era imputata ad una non compiuta gestione dei rischi correlati alle interferenze tra i lavori delle diverse ditte coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
Le ditte affidatarie concordavano - come consacrato dal Piano di Sicurezza e di Coordinamento elaborato dall'ing. S. - di comunicare ciascuna di esse al CSE i lavori che avrebbero effettuato la settimana successiva, in modo da svolgere l'attività di controllo e di sorveglianza. Il Piano Operativo di Sicurezza (POS) della Siram prevedeva che il tecnico di cantiere (ing. G.G.) dovesse coordinare i propri fornitori e subappaltatori (come previsto dai documenti per la sicurezza) e vigilare sull'applicazione delle misure di prevenzione e protezione. Secondo quanto riferito dal S., il G.G. effettuava le comunicazioni settimanali dei lavori che dovevano eseguire le ditte, anche se talvolta il CSE ne doveva sollecitare l'invio.
Dopo il 4 marzo 2011 non era giunta nessuna ulteriore comunicazione, per cui il 10 marzo il CSE inviava al M.G. e al V. una e-mail con cui ribadiva la necessità della comunicazione almeno settimanale delle imprese presenti sul cantiere. Il 18 marzo 2011 si verificava l'infortunio e solo il 23 marzo 2011 il G.G. aveva consegnato al CSE il rapporto sui lavori, programmato dalla Siram dal 13 marzo al 18 marzo 2011: in particolare, era indicata per la subappaltatrice Thermotec (DS. s.a.s.) la realizzazione delle coibentazioni con l'utilizzo di una piattaforma mobile.
Il Tribunale riconosceva la responsabilità dei seguenti tre soggetti: il G.G., il V. e il M.G..
In base alle previsioni del PSC e del POS, il G.G., quale tecnico di cantiere, rivestiva una posizione di garanzia verso i dipendenti delle ditte subappaltatrici ed era venuto meno ai doveri di coordinamento e di comunicazione.
Il G.G. sosteneva di aver appreso della presenza in cantiere dei coibentatori Thermotec solo per il 17 marzo e di essere all'oscuro dell'utilizzo della piattaforma mobile, ma il Tribunale riteneva non credibile tale versione, non essendovi motivo per la DS. s.a.s. di comunicare la propria presenza in cantiere per gli altri giorni di quella settimana; era illogico che la suddetta società lavorasse in cantiere il solo giorno festivo settimanale: dunque la segnalazione del lavoro svolto per il 17 marzo, indirizzata solo al Consorzio, consisteva unicamente in un'informativa straordinaria volta a segnalare la presenza di lavoratori in cantiere in un giorno di vacanza. Anche le comunicazioni relative alla settimana fino al 4 marzo prevedevano l'utilizzo, da parte della Thermotec, di una piattaforma mobile, per cui non era credibile che il G.G. non conoscesse tale circostanza proprio per la settimana dell'infortunio.
Il G.G. aveva messo in dubbio la sussistenza del nesso di causalità, sostenendo che anche in caso di invio del programma dei lavori all'ing. S., questi non avrebbe provveduto e l'infortunio si sarebbe verificato ugualmente. Il Tribunale, tuttavia, considerava una mera illazione la supposta inerzia del CSE, tesi comunque non giuridicamente corretta in base alla previsione dell'art. 41 cod. pen.: non poteva essere invocata l'esclusione del nesso causale in ragione dell'ipotetico comportamento colposo di soggetti tenuti ad intervenire successivamente (e non intervenuti per l'omissione dell'imputato).
Il Tribunale poi riteneva provata la responsabilità del M.G. e del V. che, in ragione delle deleghe conferite dal Consorzio Cona, rivestivano una posizione di garanzia rispetto alla sicurezza di tutti i lavoratori delle ditte affidatarie dei lavori: in particolare, gravavano sugli stessi gli obblighi connessi alla sicurezza della viabilità ed i compiti di coordinamento volti ad eliminare i rischi da interferenze.
La comunicazione al Consorzio, da parte del G.G., della programmazione dei lavori per il solo 17 marzo, e non di quella settimanale, non poteva portare ad escludere la responsabilità degli imputati, consapevoli dell'omissione, perdurante da almeno due settimane, peraltro rimproverati dal S.: essi avrebbero dovuto esercitare i poteri di intervento loro conferiti dal Consorzio Cona con le deleghe, onde garantire la sicurezza dei lavoratori con prescrizioni, ordini di servizio, ecc..
Non poteva escludersi il nesso causale sulla base di un comportamento colposo dell'I.V., il quale non poteva rendersi conto della specificità dell'uso del macchinario e dei rischi connessi; inoltre, il DS. aveva consentito o tollerato che il lavoratore accedesse ad un'area pericolosa, mentre quale subappaltatore avrebbe dovuto coordinarsi con le altre imprese presenti nel medesimo ambiente ed informarsi dei rischi di interferenze.
2. Nell'ambito del giudizio di appello la posizione del V. è stata separata per un difetto di notifica; il giudizio è proseguito nei confronti del DS., del M.G. e del G.G..
La Corte territoriale ha integralmente richiamato la motivazione della sentenza di primo grado, ritenendo compiutamente esposte e congruamente valutate le risultanze dell'istruttoria dibattimentale.
Il G.G., in qualità di tecnico di cantiere della Siram, rivestiva una posizione di garanzia. Il PSC e il POS della Siram prevedevano l'esistenza di doveri di coordinamento e di comunicazione nei confronti dei dipendenti delle ditte subappaltatrici, quali la Thermotec e la DS. s.a.s., come previsto dall'art. 97, comma 3, in relazione all'art. 95, comma 1, lett. h), D. Ivo n. 81 del 2008.
Il G.G. informava per conto della Siram e delle sue subappaltatrici il Coordinatore per la Sicurezza (CSE) ing. S. e ing. V. per il Consorzio Cena, settimanalmente, dei lavori che ciascuna impresa avrebbe compiuto la settimana successiva per le necessarie attività di coordinamento. Il G.G. aveva trasmesso al V. e all'ing. S. l'elenco delle lavorazioni (coibentazioni) che sarebbero state svolte anche dalla Thermotec dal 10 gennaio 2011 fino al 4 marzo 2011 e dell'uso di una piattaforma mobile con ponte su ruote, con verifica preventiva dell'area di lavoro ed utilizzazione di idonei DPI (dispositivi protezioni individuali).
L'infortunio era stato causato da non regolate interferenze tra le lavorazioni edili e meccaniche poste in essere dalle diverse imprese. L'I.V. doveva procedere alla coibentazione di tubature, situate a diversi metri di altezza, mediante l'uso di piattaforma mobile, in un'area, dove erano in corso lavori di realizzazione della copertura in calcestruzzo di una fossa destinata a costituire marciapiede per il transito dei soli pedoni.
In virtù degli obblighi di coordinamento, l'ing. G.G. avrebbe dovuto comunicare al S. e al V. i lavori svolti da ciascuna impresa, affinché il CSE potesse procedere alla propria attività di controllo, impartendo prescrizioni, adottando misure, ecc.. La tardiva comunicazione del 18 marzo 2011 dimostrava la precedente omissione in capo al G.G..
Il G.G. sosteneva che a tale data era ignaro dell'esecuzione di lavori di coibentazione nel blocco 39 da parte della DS.. La tesi difensiva, tuttavia, era smentita dalla considerazione che la mancata comunicazione, da parte del G.G., delle lavorazioni da svolgere nella settimana dal 14 al 18 marzo 2011 non era l'unica omissione ravvisabile a suo carico.
Con una e-mail del 10 marzo 2011, inviata al M.G. e al V., l'ing. S. ribadiva la necessità della comunicazione almeno settimanale delle imprese previste in cantiere e richiedeva la documentazione del coordinamento tra gli affidatari del Consorzio e le imprese esecutrici in ordine allo svolgimento dei lavori.
L'omissione del G.G. riguardava anche la settimana precedente, tanto che il S. il 10 marzo sollecitava sia il M.G. sia il V. a rimediare. La comunicazione del 10 marzo 2011 era redatta su un foglio del tutto diverso dai moduli relativi alle informative usualmente trasmesse via mail e pertanto risultava evidente che si trattava solo della comunicazione relativa ai dipendenti che avrebbero lavorato il 17 marzo.
La tesi difensiva secondo cui anche in caso di tempestiva trasmissione l'evento non sarebbe stato impedito perché il CSE non aveva mai promosso le necessarie verifiche e riunioni di coordinamento non era condivisibile. Quando il S. comprendeva di non aver ricevuto il programma di lavoro della Siram, lo sollecitava tempestivamente il 10 marzo.
Il G.G., peraltro, era tenuto a verificare ex art. 97, comma 3, D. lgs. n. 81 del 2008, eventuali carenze del PSC e dei singoli POS e l'invio dei rapportini settimanali. Il M.G. e il V. nonostante i richiami del CSE, non chiamavano il G.G. ad assolvere alle comunicazioni a lui richieste. La manovra dell'operaio non era anomala: egli si era trovato a dover operare con la piattaforma mobile e la zona in cui era salito non era segnalata come di portata inadeguata.
In ragione della non occasionalità della condotta e dell'entità solo parziale del ri sarcimento dei danni doveva escludersi l'idoneità della sola sanzione pecuniaria ad ottenere adeguati effetti di emenda.
Per quanto attiene al M.G., la difesa sosteneva la insussistenza di una posizione di garanzia in relazione alla costruzione del polo ospedaliero.
Al Consorzio Cona erano stati attribuiti obblighi in materia di prevenzione degli infortuni, da lui delegati al M.G. e al V. (vedi punto 9.2 del contratto di affidamento dei lavori). Il Consorzio Cona operava quale gestore delle attività del gruppo e la responsabilità, in relazione al rischio di interferenze tra le lavorazioni delle varie imprese, lo riguardava.
Con verbale n. 1 del 2008 del Consiglio Direttivo del Consorzio Cona, erano delegate funzioni in materia di sicurezza al M.G. e al V..
Il 10 marzo 2011, il S. sollecitava al M.G. e al V. la trasmissione della comunicazione settimanale e chiedeva la documentazione del coordinamento tra gli affidatari del Consorzio Cona e le varie imprese esecutrici. Il M.G. e il V. non intervenivano e non sollecitavano i due predetti a provvedere, nonostante il perentorio richiamo del S..
Il rischio di interferenze che cagionava l'infortunio era connesso alla viabilità di cantiere e non alla circolazione. Gli spostamenti che un mezzo addetto alle lavorazioni deve e può effettuare riguarda la viabilità di cantiere ovvero la logistica generale: si trattava di un problema di coordinamento tra le attività delle imprese.
In precedenza la Siram aveva redatto comunicazioni puntuali e complete, che, se puntualmente intervenute, avrebbero evitato il rischio di interferenza quale quello che aveva dato origine all'infortunio.
Il grado di colpa, la non occasionalità dell'omissione e l'assenza di un parziale risarcimento del danno rendevano inidonea la sola pena pecuniaria a soddisfare le esigenze di emenda.
3. Il M.G., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tredici motivi di impugnazione.
3.1. Violazione delle norme sulla viabilità di cantiere e vizio di motivazione.
Si deduce che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto non condivisibili le argomentazioni svolte nell'atto di appello, relative all'insussistenza dell'obbligo, avuto riguardo all'area interessata dall'infortunio sul lavoro, di apporre segnaletica di sicurezza o altre segnalazioni (punto 1.4. dell'Allegato XVIII, correlabile all'art. 108 D. lgs. n. 81 del 2008) e di rendere sicuro il movimento e il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
3.2. Vizio di motivazione in ordine alla mancata differenziazione delle posizioni degli ing. V. e M.G..
Si osserva che non poteva essere attribuita una posizione di garanzia per la sicurezza dei lavoratori indifferentemente a tutte le ditte affidatarie dei lavori. Il Consorzio Cona era esonerato dagli obblighi di cooperazione e coordinamento limitatamente ai rischi specifici propri dell'attività di Siram, non anche dalla gestione delle interferenze, che per legge incombe su committenti, appaltatori e subappaltatori. Sarebbe stato necessario considerare il contenuto dei contratti di affidamento e il contenuto delle deleghe di funzione.
3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla selezione dei garanti.
Si rileva che la Siram, quale impresa affidataria per la realizzazione di opere impiantistiche, si relazionava direttamente col CSE ma l'organizzazione del cantiere aveva determinato una situazione di effettiva pluralità di imprese affidatarie; tanto è vero che anche il rapporto per la settimana dal 14 al 18 marzo 2011 era stato consegnato in via postuma a mani dal G.G. al CSE e non al Consorzio Cona. La Siram, come il Consorzio Cona, rivestiva la qualità di impresa affidataria.
3.4. Violazione di legge tra causalità della condotta e prevedibilità oggettivo-soggettiva.
Si ritiene quanto segue: a) l'addebito al M.G. era stato di tipo direttamente ed esclusivamente omissivo; b) le decisioni di merito non hanno affrontato i profili oggettivi riguardanti la concreta prevedibilità ed evitabilità dell'evento; c) la regola del ragionevole dubbio non è stata applicata all'accertamento positivo di una causalità basata solo su parametri probabilistici di prognosi non confinanti con la certezza.
3.5. Omesso accertamento della causalità della condotta omissiva.
Si deduce che il Tribunale aveva addebitato al M.G. solo la mancata attivazione in rapporto alla richiesta di informazioni e dei rapporti di lavoro settimanali, mentre la Corte di appello ha formulato un giudizio probabilistico ex ante, anziché di convincimento dotato di alto grado di razionalità e probabilità logica, confinante con la certezza, ed ex post. La Corte di appello non ha proceduto ad una verifica causale controfattuale piena, ma probabilistica in senso stretto.
3.6. Assenza di causalità omissiva.
Si osserva che emergeva la prova positiva dell'assenza di un elemento costitutivo della causalità della condotta omissiva, vale a dire la probabilità di impedire l'evento sorretta da un alto grado di credibilità razionale.
3.7. Causalità della condotta e causalità della colpa.
Si rileva che, trattandosi di ipotesi di condotta omissiva la motivazione del giudice non era corretta, non essendo sufficiente una significativa ed importante evitabilità.
3.8. Omessa valutazione della prevedibilità e dell'evitabilità in concreto dell'evento.
Si ritiene che, come emergeva dagli accertamenti della prima sentenza richiamata dalla Corte territoriale, l'evento non fosse oggettivamente prevedibile ed evitabile.
3.9. Il caso analizzato dalla sentenza della Sez. 4, n. 18515 del 05/05/2014.
Si deduce che il M.G. non poteva prevedere siffatta tipologia di evento. Nella fattispecie di cui alla sentenza n. 18515 del 2014 il CSE era stato assolto, in quanto non era stato messo in condizioni di valutare il rischio interferenziale e, quindi, di prevedere l'evento lesivo. Anche in caso di inosservanza di cautele scritte, la violazione deve avvenire in modo che risulti concretamente prevedibile l'evento.
3.10. Imprevedibilità e non prevenibilità soggettive dell'evento concreto sulla stessa utilità della cautela omessa.
Si osserva che l'intervento del mezzo anomalo non risultava prevedibile in base ai rapporti. La Siram avrebbe dovuto rinviare l'intervento per regolarizzare l'entrata e l'uso di quel mezzo oppure, una volta deciso di svolgerlo, doveva effettuarlo in modo occulto e di fatto. Il V. si sarebbe attivato se la Siram avesse inviato un rapporto completo di indicazioni relative alla piattaforma autosollevante presso il marciapiede in fase di ultimazione. Neanche col rapportino del 16 marzo 2011 la Siram aveva evidenziato la necessità di operare in quei luoghi e con quella piattaforma: i rapportini riguardavano sempre una piattaforma mobile e non una PLE di 17 tonnellate.
3.11. Colpa e prevedibilità soggettiva.
Si rileva che il profilo di prevedibilità soggettiva si innesta su quello delle specificità dei rischi realizzatisi. Una colpa a monte può rendere imputabili eventi prevedibili, ma non quelli imprevedibili; a meno che la colpa non consista nell'aver reso imprevedibili o incontrollabili gli eventi stessi: cioè nell'aver attivato fattori a quel punto non più dominabili. La sentenza impugnata appariva del tutto carente sul punto della colpa soggettiva. Era tutto appiattito in un giudizio spersonalizzato-oggettivante che accomunava la posizione del direttore tecnico del cantiere (ing. V., stralciato) a quella ben diversa del direttore tecnico del consorzio (ing. M.G.).
3.12. Violazione della regola processuale dell'oltre ogni ragionevole dubbio.
Si osserva che sussisteva un dubbio strutturale in tema di prova della causalità omissiva.
3.13. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata con cessione del beneficio della sostituzione della pena detentiva ex art. 53 I. n. 689 del 1981.
Si deduce che, secondo la Corte di appello il gravame concerneva la scelta del tipo di pena irrogata dal giudice di primo grado per il reato in contestazione nell'ambito del regime di alternatività previsto sul piano edittale, mentre il relativo motivo di impugnazione atteneva alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria della specie corrispondente.
3.14. Nella memoria difensiva del 6 febbraio 2020 la difesa del M.G. insiste per l'emissione di una pronuncia assolutoria nel merito, ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen..
4. G.G., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
Si deduce preliminarmente che l'appalto in esame era estremamente articolato e complesso tanto che, nelle fasi di sua maggiore intensità, era arrivato a vedere la presenza contemporanea di oltre 120 imprese appaltatrici e sub-appaltatrici.
L'ente concedente era l'Azienda Ospedaliera Arcispedale S. Anna; la concessionaria, cioè la società di progetto ex art. 37 quinquies L. n. 109 del 1994, era la Prog. Este s.p.a.; l'affidatario, cioè il soggetto al quale la concessionaria Prog. Este s.p.a. aveva affidato l'integrale esecuzione del contratto, era il Consorzio Cona.
Il Consorzio Cona, quindi, era tenuto ad occuparsi dell'integrale realizzazione di tutte le opere edili ed impiantistiche di costruzione del nuovo nosocomio di Ferrara ed era investito di una posizione di garanzia in ordine alla tutela dell'incolumità di tutto il personale impiegato nella realizzazione di tutti i lavori.
I garanti della sicurezza all'interno del cantiere erano il M.G., direttore tecnico del Consorzio Cona, il V., direttore tecnico del cantiere, il geom. Asperges, Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP), l'ing. S. (designato da AOU Ferrara quale Coordinatore per l'esecuzione (CSE), l'ing. B., responsabile dei lavori e l'ing. M., Direttore dei lavori, soggetti rimasti inspiegabilmente estranei al processo.
Il Consorzio Cona aveva distribuito tra le varie consorziate, tra le quali principalmente CMB, l'esecuzione delle opere edili ed aveva affidato alla Siram la realizzazione degli impianti meccanici. La Siram si era avvalsa a sua volta di imprese terze subappaltatrici (Pederzani Impianti s.r.l., ATI Thermotec e l'ATI Thermotec alla quale apparteneva la DS. s.a.s.). In sostanza, nel cantiere il personale dipendente della Siram non era mai stato presente. L'assunto della difesa del M.G. e del V., secondo cui la Siram era affidataria dei lavori per gli impianti meccanici al pari del Consorzio Cona, era infondato.
Travisandosi il ruolo del G.G., mero tecnico di cantiere, gli erano attribuiti obblighi e correlative responsabilità proprie di fondamentali figure operative tipizzate dalla normativa in tema di sicurezza nei cantieri di lavoro, quali quelle del datore di lavoro, della committente e dell'appaltatrice e del CSE.
Sul piano della causalità, la pretesa azione impeditiva (ossia l'omessa comunicazione delle lavorazioni settimanali) sarebbe stata del tutto inutile e superflua, vertendosi in un contesto di illegalità e noncuranza, nel quale le violazioni alla normativa sulla sicurezza ascrivibili al CSE, al Consorzio Cona e al datore di lavoro dell'infortunato erano plurime.
Pertanto, anche in caso di comunicazione relativa alle lavorazioni che la DS. avrebbe eseguito il 18 marzo 2011, gli obbligati Consorzio Cona e CSE non avrebbero posto in essere sopralluoghi e non avrebbero adottato appropriate misure di sicurezza. L'infortunio, quindi, si sarebbe ugualmente verificato, perché i responsabili della sicurezza del cantiere M.G. e V. e il CSE sarebbero rimasti inerti.
L'anomala procedura di gestione della sicurezza era funzionale a riversare - per l'eventualità di infortuni - su altri soggetti responsabilità, dovute a gravi disfunzioni nella pianificazione della sicurezza del cantiere, nell'attività di cooperazione e coordinamento nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione e nella segnalazione di rischi per l'incolumità dei lavoratori derivanti dalla limitata capacità di portata del lastrone prefabbricato.
In ordine al profilo soggettivo, il G.G. non era investito di deleghe in materia di sicurezza e si limitava a trasmettere al duo CSE/Consorzio Cona i fantomatici elenchi delle lavorazioni settimanali dei subappaltatori della Siram, predisposti da altri o da lui stesso sulla base di informazioni fornitegli dai colleghi e superiori della Siram. Non si occupava del coordinamento tra la Siram e i subappaltatori.
4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli artt. 2087 cod. civ., 97, comma 3, lett. a), 95, comma 1, lett. h), e 2, 16, 17, 18 e 299 D. Ivo n. 81 del 2008.
Si osserva che il G.G. aveva sempre trasmesso al CSE e ai responsabili della sicurezza M.G. e V. ciò che gli era comunicato da coloro i quali per conto della Siram e delle subappaltatrici di quest'ultima erano tenuti ad effettuare le comunicazioni delle lavorazioni settimanali al CSE e ai responsabili della sicurezza. La mancata comunicazione dipendeva dalla circostanza che le subappaltatrici della Siram non gli avevano comunicato nulla. Non poteva esigersi che il G.G. si attivasse, sollecitando le ditte subappaltatrici inadempienti ad effettuare le comunicazioni settimanali. Erroneamente il G.G. è stato investito della posizione di garanzia di datore di lavoro ai fini prevenzionistici dell'impresa affidataria, al quale competevano gli obblighi di coordinamento organizzativo di cui all'art. 97, comma 3, D. lgs. n. 81 del 2008.
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 43 cod. pen..
Si rileva che l'omessa comunicazione al V. e al S. delle attività affidate all'I.V. non poteva essere imputate soggettivamente al G.G. sulla base delle seguenti considerazioni: a) il G.G. aveva sempre informato il CSE e il Consorzio Cona delle lavorazioni settimanali; b) il 16 marzo 2011, in base a quanto comunicatogli dal datore di lavoro dell'I.V., cioè dal DS., il G.G. aveva avvertito il Consorzio Cona della presenza in cantiere della DS. s.a.s. per il successivo 17 marzo 2011; c) il G.G. non sapeva che la DS. si sarebbe recata in cantiere il 18 marzo 2011 per i lavori di coibentazione del blocco 39; d) il G.G. non era al corrente dell'impiego del PLE, in quanto la DS. era solita svolgere tale attività mediante trabattelli o piattaforme mobili.
4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento agli artt. 40 ss. cod. pen. e 81 D. Ivo n. 81 del 2008.
Si ritiene che la sentenza appariva illegittima nella parte in cui rilevante l'omessa comunicazione da parte del G.G. delle attività di coibentazione che la ditta DS. s.a.s. avrebbe dovuto eseguire il 18 marzo 2011 è stata ritenuta causalmente.
La pretesa azione impeditiva dell'evento sarebbe stata comunque inutile. Il CSE non aveva mai adempiuto ai fondamentali obblighi di coordinamento ex art. 92, comma 1, lett. c), D. lgs. n. 81 del 2008. Il CSE non aveva mai promosso riunioni di coordinamento, non conosceva il POS della DS. e non vigilava sulle lavorazioni con cadenza settimanale. La prassi degli incontri settimanali tra il CSE e le imprese esecutrici non risultava comprovata. Il CSE non conosceva le caratteristiche costruttive e la capacità di portata della copertura prefabbricata del fosso tombato del blocco
39. Il PSC era inadeguato a prevenire pericoli del tipo di quello che aveva causato il sinistro.
Diritto
1. La sentenza deve essere annullata senza rinvio per estinzione del reato dovuta a prescrizione, maturata in data 2 ottobre 2018, nelle more del giudizio di legittimità, tenuto conto della data del fatto (18 marzo 2011) e di quaranta giorni di sospensione della stessa, dell'assenza di fattori sospensivi della prescrizione e del titolo di reato, in relazione al combinato disposto di cui agli artt. 157 e 161 cod. pen..
Le doglianze sopra esposte non possono essere considerate prima facie infondate e si appalesano, quindi, di spessore tale da escludere la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione. Risulta, quindi, correttamente instaurato il rapporto processuale, poiché il ricorso non è inammissibile (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531).
Com'è noto, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emer gano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
Dovendosi escludere l'inammissibilità del ricorso, la causa estintiva della prescrizione può essere rilevata, anche perché non emerge la prova evidente dell'innocenza dell'imputato che imporrebbe, ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., un proscioglimento nel merito.
Tale evenienza non ricorre alla luce degli stessi motivì di ricorso e della motivazione rinvenibile nel provvedimento impugnato, col quale è stata ricostruita la posizione di garanzia riconosciuta in capo agli imputati e ritenuta la violazione delle regole di cautela contestate.
4. Ne discende conclusivamente che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per l'intervenuta prescrizione del reato contestato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2020.