Cassazione Civile,  Sez. Lav., 28 settembre 2020, n. 20468 - Ipoacusia: aggravamento delle condizioni cliniche della malattia professionale. Normale senescenza o cause professionali?


 

Presidente: BERRINO UMBERTO Relatore: GARRI FABRIZIA
Data pubblicazione: 28/09/2020
 

Rilevato che

1. La Corte di appello di Catanzaro ha accolto il gravame dell'INAIL ed in riforma della sentenza di primo grado ha rigettato la domanda di G.R. diretta a far accertare l'aggravamento delle condizioni cliniche conseguenti alla malattia professionale già accertata nella misura del 18% con condanna dell'Istituto al pagamento della relativa rendita (dal giudice di primo grado accertata nella misura del 41%).
2. La Corte territoriale, in esito ad una nuova consulenza medico legale, ha accertato che l'aggravamento dell'ipoacusia era, probabilisticamente, riconducibile ad un processo di normale senescenza e non era imputabile a cause professionali cessate da lungo tempo.
3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso G.R. affidato a quattro motivi ai quali oppone difese l'INAIL con controricorso.

 

Considerato che


4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ..
5. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale sarebbe incorsa nella denunciata violazione nell'aderire alle conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico d'ufficio, intrinsecamente contraddittorie laddove accertano da un canto che l'aggravamento potrebbe essere conseguenza della malattia indennizzata e dall'altro concludono nel senso che lo stesso sia imputabile alla normale senescenza.
6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la nullità della sentenza in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ. e si evidenzia che la multifattorialità della patologia avrebbe richiesto la dimostrazione, in via di probabilità ed in relazione all'esposizione al rischio ambientale, della riconducibilità dell'aggravamento a cause extralavorative laddove invece la Corte avrebbe trascurato di considerare una certificazione, prodotta in giudizio dallo stesso Inail, dalla quale si evinceva che fin dal suo insorgere l'ipoacusia aveva un incidenza invalidante ben più grave del 18% accertato.
7. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ancora una volta, l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. per avere la Corte di merito trascurato di prendere in esame le obiezioni mosse alla consulenza con le quali si evidenziava che in nessun caso nell'arco temporale considerato, 14 anni, cause extralavorative avrebbero potuto cagionare un aggravamento della patologia- così importante.
8. Sempre con riguardo all'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ., poi, nel quarto motivo si deduce che la sentenza avrebbe trascurato di confrontare criticamente le risultanze delle due consulenze limitandosi ad aderire a quella di appello senza alcuna valutazione critica.
9. il ricorso non può essere accolto.
9.1. In via generale va rammentato che alla fattispecie in esame si applica l'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. nel testo novellato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, che, interpretato alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione, consente di denunciare in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione. Per altro verso, poi, con la novella è stato introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività". Resta fermo che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte Cass. sez. un. 07/04/2014 n. 8053).
9.2. Alla luce di questa doverosa premesso va rilevato che il primo motivo di ricorso denuncia un'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e lamenta un'acritica adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio che sarebbero intrinsecamente contraddittorie rendendo perciò incomprensibile la ratio decidendi della sentenza. Da un canto accertano che l'aggravamento potrebbe essere conseguenza della malattia indennizzata e dall'altro concludono nel senso che lo stesso sarebbe imputabile alla normale senescenza del ricorrente.
9.3. Va tuttavia rilevato che la censura non denuncia un omesso esame di un fatto decisivo nei termini sopra ricordati e si risolve in una richiesta di diversa valutazione da parte della Corte della ricostruzione tecnica dei fatti eseguita dal consulente senza che risulti evidenziata una palese devianza dalle conoscenze medico legali né denunciati omessi accertamenti strumentali indispensabili (cfr. Cass. 03/02/2012 n.1652). Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce, come detto, mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr. Cass. 22/01/2013 n. 1472 ed ivi ampi richiami di giurisprudenza)
9.4. Il secondo motivo di ricorso - con il quale si denuncia la nullità della sentenza che avrebbe trascurato di esaminare una certificazione allegata dallo stesso Inail dalla quale sarebbe risultato provato il nesso di causalità tra l'attività lavorativa svolta e l'aggravamento denunciato - è inammissibile poiché il ricorrente non riporta nel ricorso il contenuto delle certificazioni che deduce essere state ignorate precludendo così al Collegio una verifica della decisività delle stesse.
9.5. Del pari è generica la formulazione delle censure articolate ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc.civ. nel terzo e nel quarto motivo di ricorso. In disparte la circostanza che il giudice di appello ha dato ampiamente conto delle ragioni per le quali ha ritenuto di dover condividere le conclusioni del consulente nominato in appello ed ha anche spiegato perché non ha ritenuto rilevanti le osservazioni critiche dell'assicurato in ogni caso era onere del ricorrente, nel rispetto dell'art. 366 cod. proc. civ. dare specificatamente conto del contenuto delle critiche mosse alla consulenza con le note autorizzate (terzo motivo) e della consulenza di primo grado che era pervenuta a conclusioni differenti rispetto a quella di appello (quarto motivo).
10. In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il G.R. va condannato a rifondere all'Inail le spese del giudizio nella misura liquidata in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
 

P.Q.M.
 

La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 3000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma nell'Adunanza camerale del 18 dicembre 2019