Durante i lavori affidati in appalto, una sommozzatrice, dipendente della ditta appaltatrice, che stava operando in acqua veniva investita dall’elica in moto della motonave e subiva gravi lesioni che le procuravano la morte.
Sulla base delle indagini, il G.U.P. escludeva la responsabilità della committente e del suo rappresentante legale in quanto questa aveva scelto di affidare i lavori in appalto ad un’azienda specializzata e già operativa nel settore da molti anni oltre per il fatto che dal piano di sicurezza della ditta appaltatrice risultava espressamente vietato effettuare operazioni subacquee con motori della nave appoggio in movimento o semplicemente accesi e per il fatto che la committente stessa non aveva svolto alcuna azione di ingerenza nell’attività della azienda appaltatrice e, pertanto, non poteva assumere la responsabilità per i fatti in danno dei dipendenti della stessa.
Avverso la sentenza di assoluzione della committente, ricorre il difensore delle parti civili sostenendo che il GUP non aveva considerato i rilievi di colpa specifica della committente, non avendo la stessa promosso la cooperazione ed il coordinamento tra le società operanti con reciproca interferenza.
La Corte rigetta il ricorso affermando che:
"Nel caso in cui un imprenditore, presso la sua azienda od unità produttiva, affidi dei lavori in appalto, è tenuto a promuovere la cooperazione ed il coordinamento tra le imprese, per informare i lavoratori sui rischi dell'ambiente di lavoro; nonchè al fine di prevenire ed eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
Sebbene all'adempimento di tali compiti di coordinamento siano tenuti tutti i datori di lavoro, il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7* (vigente all'epoca dei fatti) pone a carico del datore di lavoro committente, come detto, l'obbligo di "promuovere" tale attività di cooperazione e coordinamento.
Tale norma poi esclude esplicitamente che le disposizioni predette si applicano in relazione ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi."
La Corte continua affermando inoltre che "anche se il committente avesse promosso un'ulteriore attività di coordinamento e redatto un autonomo documento di valutazione dei rischi, l'evento si sarebbe egualmente verificato, in quanto il rischio concretamente realizzatosi non era prevedibile" e la non prevedibilità del rischio esclude non solo la colpa del committente, ma lo stesso rapporto di causalità tra la contestata condotta omissiva e l'evento.
E' noto che la giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito che "In tema di infortuni sul lavoro, l'ingerenza rilevante ai fini della responsabilità del committente dei lavori non s'identifica con qualsiasi atto o comportamento posto in essere da quest'ultimo ma deve considerarsi in una attività di concreta interferenza sul lavoro altrui tale da modificarne le modalità di svolgimento e da stabilire comunque con gli addetti ai lavori un rapporto idoneo ad influire sull'esecuzione degli stessi".
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente -
Dott. LICARI Carlo - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
C.E., n. a (OMISSIS);
PARTI CIVILI: L.C.E.P. e P.M., rapp.ti dall'Avv.to ALNI Gianluca;
avverso la sentenza del 8/2/2006 del G.U.P. del Tribunale di Ravenna;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. IZZO Fausto;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale, Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
sentito il difensore dell'imputato, Avv. CARBONI Giuseppe, che ha richiesto il rigetto dei ricorsi.
Si osserva:
a) la committente aveva scelto di affidare in appalto i lavori ad un'azienda specializzata nel settore ed operativa da molti anni;
b) dal piano di sicurezza della "Marine Consulting" risultava espressamente vietato effettuare operazioni subacquee con motori della nave appoggio in movimento o semplicemente acceso; nonchè era previsto di svolgere operazioni di breafing per valutare le cautele da adottare nel lavoro;
c) nel piano di sicurezza della motonave (OMISSIS), la gru non risultava azionata dal motore principale, pertanto tale rischio era ignoto sia alla "Marine Consulting", che alla committente ENI;
d) l'ENI, e per essa il C., non aveva svolto alcuna opere di ingerenza nell'attività della azienda appaltante e, pertanto, non poteva assumere la responsabilità di fatti dannosi in danno di dipendenti dell'appaltatore.
Sebbene all'adempimento di tali compiti di coordinamento siano tenuti tutti i datori di lavoro, il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 (vigente all'epoca dei fatti) pone a carico del datore di lavoro committente, come detto, l'obbligo di "promuovere" tale attività di cooperazione e coordinamento.
Tale norma poi esclude esplicitamente che le disposizioni predette si applicano in relazione ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
Questa Corte ha più volte precisato cosa debba intendersi per "rischio specifico", affermando che "L'esenzione del datore di lavoro committente, ai sensi del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 7, comma 3, seconda parte, dall'obbligo di cooperazione e di coordinamento con l'appaltatore per l'attuazione delle misure di prevenzione dei rischi di infortunio sul lavoro, quando trattasi dei "rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi", opera esclusivamente con riguardo alle precauzioni dettate da regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale - generalmente mancante in chi opera in settori diversi - nella conoscenza delle procedure da adottarsi nelle singole lavorazioni o nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine. Non può quindi considerarsi come rischio specifico, ai fini dell'applicabilità della suddetta norma, quello che debba essere fronteggiato con l'impedire lo stazionamento di persone nel raggio di azione di una macchina potenzialmente pericolosa essendo tale pericolo riconoscibile da chiunque, indipendentemente dalla sue specifiche competenze" (Cass. 4^, 31296/05, Mogliani).
La presenza della pluralità di imprese operanti imponeva al committente ( C.) la promozione del coordinamento tra le varie attività di lavoro nella prospettiva della sicurezza dei lavoratori impegnati.
Peraltro il rischio da prevenire, nel caso dell'incidente occorso, era costituito dalla possibile interferenza della attività della motonave e quella dei sommozzatori, rischio questo assolutamente prevedibile, in quanto tutti (mezzi e sommozzatori) operanti nello stesso specchio d'acqua.
Va osservato però che, all'epoca dei fatti ((OMISSIS)), la L. n. 626 del 1994, art. 7 non indicava le modalità con cui promuovere detta cooperazione; modalità descritte invece minuziosamente con la riforma della L. n. 123 del 2007 che prevede la redazione di un unico documento di valutazione dei rischi da allegare al contratto di appalto.
Per cui correttamente il giudice di merito ha ritenuto sufficiente a ritenere adempiuto allo scopo il documento contenete il manuale di sicurezza adottato dalla "Marine Consulting" in cui tra l'altro esplicitamente si vietava di effettuare operazioni subacquee con la nave appoggio in movimento o con il motore acceso; nonchè si imponeva idonea segnalazione sulle leve degli interruttori di bordo, nonchè l'effettuazione di briefing prima delle immersioni.
Il manuale conteneva inoltre una lista dei "controlli di sicurezza" i quali prevedevano, durante le immersioni, di tenere i "motori spenti e frenati"; il "timone bloccato"; di interrompere "scarichi fuoribordo" ed altro.
Ha correttamente osservato il GUP che la previsione di tali regole era idonea a garantire la sicurezza delle operazioni subacquee.
Invero con coerente e logica motivazione il giudice di merito ha rimarcato che l'armatore della nave (OMISSIS) non aveva comunicato che la gru operativa sul mezzo non era alimentata da un gruppo elettrogeno, bensì dal motore principale della motonave.
Pertanto, nè la "Marine Consulting", nè il committente ENI ((OMISSIS)), potevano prevedere il rischio determinato dalla utilizzazione della gru mentre i subacquei erano in immersione.
La non prevedibilità del rischio esclude non solo la colpa del C., ma lo stesso rapporto di causalità tra la contestata condotta omissiva e l'evento.
Invero, come è noto, l'essenza della responsabilità colposa consiste nella prevedibilità dell'evento dannoso e nella sua evitabilità attraverso il rispetto delle norme di cautela.
Ma alla colpa dell'agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello riconducibile causalmente alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare. A tal fine è necessario valutare se il rispetto della regola vietata avrebbe evitato l'evento con certezza ovvero con alto grado di probabilità.
In ciò consiste la cd. "causalità della colpa", laddove la violazione della regola cautelare determina la concretizzazione del rischio che essa mirava a prevenire. Orbene, nel caso di specie, il pieno rispetto delle regole cautelari la cui violazione è stata contestata al C. nei capi C/l (omissione della promozione della cooperazione e coordinamento tra le imprese) e C/2 (omessa redazione della valutazione di rischi), non avrebbero evitato l'evento in quanto il rischio dell'attivazione di motori della motonave con l'attivazione della gru di bordo non era prevedibile, in quanto escluso dai documenti forniti dalla (OMISSIS) in cui i motori non risultavano collegati alla gru e, pertanto, il rischio concreto della interferenza gru - motore - elica, non sarebbe stato oggetto di valutazione del rischio e di attività di coordinamento.
Ne discende da quanto detto che la motivazione della sentenza del GUP, che ha riscontrato l'assenza di colpa nella condotta del C. e l'assenza della sua efficienza causale, appare coerente e priva di vizi logici. I motivi di censura sul punto sono quindi infondati.
E' noto che la giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito che "In tema di infortuni sul lavoro, l'ingerenza rilevante ai fini della responsabilità del committente dei lavori non s'identifica con qualsiasi atto o comportamento posto in essere da quest'ultimo ma deve considerarsi in una attività di concreta interferenza sul lavoro altrui tale da modificarne le modalità di svolgimento e da stabilire comunque con gli addetti ai lavori un rapporto idoneo ad influire sull'esecuzione degli stessi" (Cass. 4^, 5069/96, Messina).
Nel caso di specie, non vi è alcuna prova di una ingerenza dell'ENI sull'attività svolta dalla azienda appaltatrice con conseguente assunzione della stessa posizione di garanzia gravante sugli esecutori dell'attività lavorativa.
Nè tale ingerenza può desumersi dalla lettera datata 30/5/2002, con la quale tale G.D. (rappresentante della AGIP - ENI) esonerava il capo squadra della "Marine Consulting" da ogni responsabilità.
Tale missiva, infatti, lungi dall'essere una forma di assunzione di una posizione di garanzia e di responsabilità in sostituzione del destinatario della lettera, costituisce una mera liberatoria per eventuali danni che il G. poteva patire in ragione della sua presenza sui luoghi di attività e sui mezzi nautici della azienda appaltatrice.
Pertanto anche tale motivo di censura è infondato.
Consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2009